Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 11/01/2023
Le proteste al complesso gasiero di Mellitah – l’unico snodo per l’esportazione del gas libico verso l’Italia attraverso il gasdottoGreenstream – riportano l’attenzione sulla fragile stabilità del Paese
Le proteste davanti al complesso gasiero di Mellitah – l’unico snodo per l’esporta – zione del gas libico verso l’Italia attraverso il gasdotto Greenstream – riportano l’attenzione sulla fragile stabilità della Libia e sulle divisioni interne. Il contesto internazionale attuale, contraddistinto dal perdurare del conflitto in Ucraina e dalle tensioni in Medio Oriente, ha portato la Comunità internazionale a dedicare meno spazio al Paese nordafricano, dove molteplici attori hanno interessi, talvolta divergenti, non aiutando a superare le spaccature interne. La potenziale crisi energetica che potrebbe innescarsi con la chiusura degli impianti di Sharara – già avvenuta – e Mellitah sembra essere un tentativo di uno o di più attori per sbloccare la situazione di stallo.
Secondo le autorità dell’est della Libia, ma non solo, uno dei responsabili della stasi attuale è il primo ministro del Governo di unità nazionale (Gun), Abdulhamid Dabaiba, il cui mandato è scaduto il 24 dicembre 2021, incaricato di traghettare il Paese verso le elezioni. Tuttavia, il mancato raggiungimento di questo obiettivo lo rende inviso ad alcuni, che, attraverso la leva delle forniture energetiche, potrebbero avere interesse a fargli perdere credibilità. L’ultima delle minacce di interruzione delle forniture di gas riguarda il complesso di Mellitah, a ovest di Tripoli, dove i dimostranti del movimento “Sradicare la corruzione” hanno ribadito al Governo di unità nazionale (Gun, con sede a Tripoli) l’ultimatum che scadrà venerdì 12 gennaio per attuare le loro richieste, minacciando di chiudere il complesso gasiero, l’unico snodo per l’esportazione del gas libico verso l’Italia attraverso il gasdotto Greenstream, se non verranno soddisfatte.
La richiesta è arrivata martedì, 9 gennaio, durante una manifestazione in cui i partecipanti hanno invocato il licenziamento del presidente della National Oil Corporation (Noc), Farhat Bengdara, ritenuto responsabile della conclusione di accordi che danneggiano l’interesse pubblico. Vale la pena sottolineare che tra i manifestanti del movimento “Sradicare la corruzione” compare anche Shaaban Hadiya, originario di Zawiya, a ovest di Tripoli, che per un certo periodo di tempo ha vissuto in Turchia. Hadiya, noto anche come Abu Obeida, nel 2014 ha preso parte all’operazione Fajr Libya (Alba della Libia) e per questa ragione è stato associato agli islamisti di Ansar al Shari’a. Si segnala, inoltre, che Abu Obeida la scorsa estate ha avuto ampio spazio sui media legati al generale Khalifa Haftar. Al di là delle connessioni passate di Abu Obeida, uno dei membri del movimento “Sradicare la corruzione” ha dichiarato ad “Agenzia Nova” che “si tratta di un movimento locale, non legato a forze esterne e il suo unico obiettivo è concludere accordi preservando l’interesse dei libici”.
La protesta si inserisce nel contesto delle polemiche scoppiate in Libia sui negoziati con un consorzio guidato da Eni con la francese Total, l’emiratina Adnoc e la turca Tpao per lo sviluppo del giacimento onshore di Hamada, a est di Ghadames. L’accordo – portato avanti dalla Noc e che dovrebbe essere firmato a fine gennaio – è stato criticato da istituzioni come il ministero del Petrolio, la Camera dei rappresentanti e l’Alto Consiglio di Stato perché considerato svantaggioso per la parte libica e non conforme alle leggi libiche. Da parte sua, il Governo libico di unità nazionale (Gun) guidato dal primo ministro Abdulhamid Dabaiba, in una riunione allargata del Consiglio supremo per gli affari dell’energia e dell’acqua, ha affermato che saranno prese in considerazione tutte le osservazioni tecniche, ma ha detto che la Libia deve “aumentare la produzione di petrolio e gas” sviluppando “nuove scoperte” con “investimenti esteri e interni”, nel pieno rispetto “dei diritti dello Stato libico”.
La Libia può esportare in Italia fino 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno tramite la condotta che collega la Sicilia ai giacimenti gasiferi del Paese nordafricano, ma nel 2022 la produzione libica di gas naturale è diminuita dell’8 per cento. Secondo l’Audit Bureau libico, la quantità totale esportata lo scorso anno in Italia tramite il gasdotto Greenstream non ha superato i 2,48 miliardi di metri cubi, pari al 10 per cento della produzione totale lorda stimata di 24,40 miliardi di metri cubi: un risultato modesto rispetto alle potenzialità, dovuto principalmente al progressivo depauperamento dei giacimenti esistenti, carenze infrastrutturali libiche e gas flaring (la combustione dispendiosa del gas che si sprigiona spontaneamente nella fase di estrazione, un fenomeno altamente inquinante, diffuso soprattutto nell’est della Libia).
Domenica 7 gennaio la Noc ha dichiarato lo stato di forza maggiore – cioè l’impossibilità di consegnare i carichi di greggio ai clienti – nel giacimento di Sharara, il più grande della Libia con un output di circa 270 mila barili di greggio al giorno, da parte del Fezzan Gathering, collettivo composto da notabili del Fezzan (la regione meridionale libica) sostenuto dalle forze del generale libico Khalifa Haftar. La chiusura del giacimento, avvenuta il 3 gennaio, ha causato la cessazione delle forniture di greggio al porto di Zawiya, ha evidenziato la Noc in una nota, sottolineando che “le trattative sono attualmente in corso nel tentativo di riprendere la produzione il prima possibile”. Intanto resta aperto (almeno per ora) El Feel (Elephant), giacimento situato nel bacino di Murzuq e operato da Eni, nonostante lo stato di forza maggiore imposto al vicino giacimento di Sharara.
Alcuni osservatori hanno erroneamente riferito della chiusura di El Feel, le cui linee di trasporto del petrolio verso nord passano attraverso Sharara. Ma il sito petrolifero (che estrae, a regime, circa 70 mila barili della qualità Bu Attifel, povera di zolfo e molto facile da raffinare) continua ad essere aperto, stando a quanto appreso da “Agenzia Nova” da fonti presenti sul posto. La produzione di greggio della Libia, pari a circa 1,2 milioni di barili al giorno, equivale a circa l’1 per cento della domanda globale di petrolio. Il paese ha prodotto 1,19 milioni di barili al giorno a novembre, secondo le stime dell’agenzia specializzata “Argus Media”.
La Libia ha chiuso il 2023 con esportazioni petrolifere in aumento dell’8 per cento a dicembre, raggiungendo quota 1,05 milioni di barili al giorno. I carichi verso i mercati principali del Mediterraneo e dell’Europa nord-occidentale della Libia sono aumentati del 2 per cento rispetto a novembre, raggiungendo gli 829 mila barili al giorno del mese scorso, sostenuti da un aumento delle esportazioni verso Italia e Spagna. Sono aumentate anche le esportazioni verso l’Asia-Pacifico, mentre sono diminuite le spedizioni transatlantiche.