Biden, sulla strada della rielezione l’ombra delle tensioni internazionali

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 07/02/2024

A NOVE MESI DAL VOTO IL PRESIDENTE RISCHIA DI TROVARSI SCHIACCIATO TRA DUE FRONTI

La rappresaglia lanciata il 2 febbraio dagli Usa contro le milizie filo-iraniane in Medio Oriente, dopo la morte di tre militari a seguito di un attacco di droni contro la base Usa Tower 22, in Giordania, ha complicato ulteriormente la campagna elettorale del presidente Joe Biden, che a nove mesi dalle urne rischia di trovarsi schiacciato tra due fronti. Con una situazione complessa sul piano domestico e internazionale, l’amministra – zione del presidente è impegnata su diversi fronti: dalle trattative al Congresso per trovare l’intesa sull’immigrazione e mettere in sicurezza il confine con il Messico, da cui dipende anche il futuro dell’assistenza militare all’Ucraina; fino alle altissime tensioni in Medio Oriente, derivanti dalla guerra a Gaza e dai continui attacchi delle milizie yemenite filo-iraniane Houthi contro le navi militari e commerciali nel Mar Rosso.

I FRONTI APERTI IN CASA E ALL’ESTERO

A questa si aggiunge il rischio di una escalation regionale del conflitto in tra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas, acuito dai ripetuti scontri al confine settentrionale tra le Forze di difesa israeliane (Idf) e il partito sciita libanese filo-iraniano Hezbollah. Il contesto regionale esplosivo ha portato il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, a partire per il suo quinto viaggio in Medio Oriente dallo scorso 7 ottobre. Il capo della diplomazia statunitense è arrivato ieri a Riad, e ha anche in programma tappe in Egitto, Qatar, Israele e Cisgiordania. Gli Stati Uniti, già impegnati nel contrasto ai gruppi sostenuti dall’Iran in Iraq e in Siria, sono impegnati in una difficile mediazione per concordare una tregua nella Striscia di Gaza e garantire il rilascio degli ostaggi che sono ancora nelle mani di Hamas. Sul tavolo c’è ancora la proposta elaborata il mese scorso a Parigi dai mediatori Usa, egiziani, israeliani e qatarioti, che prevederebbe una tregua iniziale di sei settimane e la liberazione degli ostaggi nella Striscia di Gaza, in cambio della scarcerazione di un numero importante (ma ancora ignoto) di detenuti palestinesi. L’adozione dell’accordo, mentre nei giorni scorsi i rappresentanti di Hamas si sono recati in Egitto per discuterne i termini, rappresenterebbe un primo passo importante per iniziare ad appianare le tensioni regionali. La risoluzione del conflitto, inoltre, consentirebbe agli Stati Uniti di sciogliere un nodo politico che ha messo l’amministrazione Biden al centro di aspre critiche, sul piano sia domestico che internazionale, per il sostegno alle operazioni militari israeliane che hanno causato la morte di oltre 27mila persone nella Striscia. Se da un lato Biden non si può permettere di schierarsi contro Israele, la posizione della Casa Bianca è sempre più difficile, schiacciata tra gli impegni verso un alleato cruciale e le crescenti pressioni a livello parlamentare e popolare. Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha accusato Biden di «collaborare con gli antisemiti» e di «legittimare gli attacchi contro i coloni israeliani». La situazione è poi aggravata dalla escalation nella lotta contro le milizie filo-iraniane in Iraq e in Siria: la morte di tre militari in Giordania ha costretto gli Usa a lanciare decine di attacchi aerei contro vari obiettivi nei due Paesi, ai quali è seguito un nuovo giro di raid contro le postazioni militari degli Houthi in Yemen, insieme alle forze della coalizione internazionale per la libertà di navigazione nel Mar Rosso. Washington ha già fatto sapere che la rappresaglia non è finita, ma la risposta per ora non ha scoraggiato le milizie, che hanno continuato a lanciare missili contro basi militari Usa nella regione.

LE PROSPETTIVE ELETTORALI

Per Biden, forte di una vittoria scontata alle primarie in Carolina del Sud e che due giorni fa è andato in Nevada in vista delle primarie dove lo aspetta una strada già spianata, il contesto internazionale rappresenta un rischio importante in un nuovo, ancora ipotetico, scontro contro il suo predecessore Trump. Il presidente deve trovare il modo di navigare tra i progressisti che chiedono un cessate il fuoco a Gaza, tra i parlamentari ispanici che si oppongono al rafforzamento della legge sull’immigrazione previsto dall’accordo bipartisan raggiunto al Senato per le frontiere, e i repubblicani che, oltre a lavorare a una procedura di impeachment nei suoi confronti, hanno anche anticipato il fallimento di un’intesa per sbloccare nuovi fondi per l’assistenza militare a Kiev. A questo si aggiunge, infine, un elettorato sempre più sensibile alla situazione in Medio Oriente