Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 20/03/2024
La siccità degli ultimi anni, ha favorito la diffusione nel Paese nordafricano di agenti patogeni altamente dannosi
L’Italia potrebbe giocare un ruolo da protagonista nello sviluppo del settore agricolo della Tunisia, dove gli effetti dei cambiamenti climatici hanno conseguenze nefaste sulle colture: basti pensare alla prolungata siccità degli ultimi anni, che ha favorito la diffusione nel Paese nordafricano di agenti patogeni altamente dannosi per la salute delle piante. In questo quadro, la Tunisia deve far fronte alla carenza di risorse idriche per l’irrigazione dei terreni (circa 3 milioni di ettari statali sono inutilizzati o sfruttati in maniera insufficiente) e alla mancanza delle tecnologie adeguate, come gli impianti di desalinizzazione per il trattamento dell’acqua a elevata salinità, che richiedono un’enorme quantità di elettricità, di cui il Paese nordafricano attualmente non dispone nonostante il potenziale derivante dalle fonti di energia rinnovabile.
A questo riguardo, assume un profilo strategico la realizzazione del progetto infrastrutturale Elmed, approvato nei mesi scorsi dalla Commissione europea e promosso dalla società italiana Terna – operatrice delle reti di trasmissione dell’energia elettrica – con l’omologa tunisina Steg, che prevede la costruzione di un cavo sottomarino di oltre 200 chilometri in corrente continua, con una potenza di 600 megawatt, tra la Sicilia e l’area settentrionale di Capo Bon: l’elettrodotto sottomarino, in questo caso, potrebbe essere usato per esportare in Tunisia l’energia richiesta per alimentare un impianto di desalinizzazione tecnologicamente avanzato.
E’ un ribaltamento di prospettiva: il cavo non verrebbe usato per importare energia pulita dalla Tunisia all’Italia, che al momento il Paese nordafricano non produce, ma per aiutare i dirimpettai nordafricani a coltivare le proprie terre. Perché una volta avviata desalinizzazione, la Tunisia potrebbe avere disposizione le risorse idriche necessarie per la coltivazione delle culture di cui ha più bisogno, a partire dal grano.
La guerra in Ucraina, infatti, ha evidenziato un grave deficit alimentare a cui la Tunisia potrebbe sopperire, almeno in parte, con la bonifica di terre inutilizzate. Ma per farlo serve acqua. Per avere acqua servono know how ed energia. E in questo Italia potrebbe fornire un importante contributo.
Come hanno sottolineato ad “Agenzia Nova” il direttore commerciale di Basalti Orvieto, Giuliano Ragnoni, e l’esperto agronomo Fabio Primavera – che si sono recati in visita in Tunisia per una serie di incontri e consultazioni con enti e istituzioni scientifiche – il sostegno dell’Italia all’agricoltura tunisina “richiede sforzi collettivi”.
Secondo Ragnoni, è fondamentale il ruolo dei privati nei programmi di cooperazione internazionale, previsto già dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Lo dimostrano gli “ottimi risultati” raggiunti da vari programmi realizzati in collaborazione con l’Agenzia italiana di cooperazione allo sviluppo (Aics), come ha osservato il direttore commerciale di Basalti Orvieto, evidenziando che il coinvolgimento di enti privati consente di dare seguito a partnership durature che proseguono oltre la fine dei progetti, permettendo uno scambio costante di buone pratiche e conoscenze a beneficio di tutte le parti.
Per esempio, ha spiegato Ragnoni, “Basalti Orvieto ha sviluppato un accordo di cooperazione con la Scuola superiore di agricoltura di Mograne, controllata dai ministeri tunisini dell’Agricoltura e dell’Istruzione superiore e della Ricerca scientifica, in coordinamento con l’Istituzione della ricerca e studi superiori agricoli (Iresa), per approfondire la questione relativa alla Farina di Basalto”. “Si tratta di una soluzione naturale per un’agricoltura sana e biologica, con zero residui, derivante dalla micronizzazione meccanica del basalto”, ha spiegato il direttore commerciale di Basalti Orvieto a margine degli incontri che ha tenuto al ministero dell’Agricoltura della Tunisia. Fabio Primavera, agronomo con anni di esperienza presso il ministero dell’Agricoltura italiano, ha da parte sua evidenziato che la sperimentazione della Farina di Basalto nel Paese nordafricano “ha dimostrato le proprietà antisetticide del composto”. “Giovani ricercatori tunisini hanno rilevato che l’utilizzo della Farina di Basalto nella coltivazione di pomodori e peperoni garantisce una migliore produzione, in assenza di patogeni dannosi per le piante. Ma la vera scoperta è stata la germinazione di semi in condizioni di alta salinità”, ha spiegato Primavera.
Tra i pilastri della ricerca scientifica nel settore dell’agricoltura in Tunisia figura quindi la difesa dei raccolti dagli agenti patogeni, con l’obiettivo di preservare al contempo l’ecosistema naturale e l’equilibrio nutrizionale del suolo, che la Farina di Basalto è in grado di garantire.
In questo contesto, Ragnoni ha evidenziato che “la grande distribuzione mondiale richiede trattamenti che garantiscano residui di fitofarmaci o molecole tossiche pari o più vicine allo zero, senza compromettere la qualità del prodotto finale”. I nuovi progetti di ricerca in Tunisia riguardano in particolare i fichi d’India, che rappresentano la principale fonte di sostentamento per intere comunità nel centro sud del Paese nordafricano.
Alcuni studi scientifici realizzati finora nel Paese nordafricano hanno inoltre confermato anche la particolare efficacia del trattamento fogliare per l’olivo, in quanto la struttura del basalto facilita il rilascio di macro e micro elementi minerali, affiancando all’azione di protezione quella nutrizionale durante tutte le fasi vegetative della pianta. Sia Ragnoni che Primavera hanno concordato sul fatto di aver trovato in Tunisia “un ambiente favorevole” per la ricerca. “Non siamo venuti in Tunisia come venditori o colonizzatori – ha detto il direttore commerciale di Basalti Orvieto – ma come partner di ricerca e sviluppo”.