ANKARA BLOCCA GLI SCAMBI COMMERCIALI CON ISRAELE

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 04/05/2024

Il leader del movimento islamista, Haniyeh, dopo il colloquio con Erdogan sarebbe rimasto in Turchia, prima di fare ritorno in Qatar, Paese accomunato dalla Turchia dalla Fratellanza musulmana

Entrano in una nuova fase le misure restrittive della Turchia volte a danneggiare l’economia di Israele, dopo che nella giornata di ieri il ministero del Commercio turco ha annunciato la decisione di sospendere totalmente l’export e l’import con lo Stato ebraico, in risposta alle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza. Se all’inizio dello scorso aprile la Turchia aveva stabilito lo stop delle esportazioni di 54 tipologie di beni verso Israele – tra cui cemento, acciaio, alluminio e attrezzature in ferro – con il nuovo provvedimento le restrizioni vanno adesso a inglobare tutti gli scambi commerciali tra Ankara e Tel Aviv. Attraverso una nota, il ministero del Commercio della Turchia ha precisato che la drastica misura resterà in vigore “fino a quando Israele non dichiarerà un cessate il fuoco immediato a Gaza e consentirà un flusso adeguato e ininterrotto degli aiuti umanitari” per la popolazione palestinese.

Secondo il dicastero turco, il governo israeliano guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu “continua il suo atteggiamento aggressivo, mentre la tragedia in Palestina si aggrava”. “È iniziata la seconda fase delle misure adottate a livello statale. Le esportazioni e importazioni relative a Israele sono state interrotte, coprendo tutti i prodotti. La Turchia attuerà in modo rigoroso e deciso queste nuove misure”, ha spiegato il ministero del Commercio.“ Israele ha ucciso senza pietà tra 40 mila e 45 mila palestinesi finora. Come musulmani, non possiamo rimanere indifferenti a questo. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare”, ha detto da parte sua il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. La Turchia, fin dai primi momenti del conflitto nella Striscia di Gaza tra le Forze di difesa di Israele e il movimento islamista Hamas – iniziato il 7 ottobre 2023 -, ha dimostrato di essere uno dei maggiori sostenitori della causa palestinese, inviando nella regione migliaia di tonnellate di aiuti umanitari, ospitando feriti nei propri ospedali e condannando ripetutamente le azioni dello Stato ebraico.

La decisione turca di interrompere totalmente l’export e l’import con Israele ha provocato da una parte l’elogio di Hamas, che secondo l’emittente panaraba di proprietà saudita “Al Arabiya” ha definito la misura “corag – giosa e favorevole per tutti i palestinesi”, e ha scatenato dall’altra una reazione immediata del ministero degli Esteri israeliano, Israel Katz. Erdogan “si sta comportando come un dittatore, ignorando gli interessi del popolo e degli uomini d’affari turchi, nonché gli accordi commerciali internazionali”, ha scritto Katz su X. “Erdogan sta rompendo gli accordi bloccando i porti per le importazioni e le esportazioni israeliane”, ha aggiunto il ministro israeliano, precisando di aver “dato mandato” alla direzione generale del suo dicastero di “lavorare immediatamente con tutte le parti coinvolte del governo per creare alternative al commercio con la Turchia, concentrandosi sulla produzione locale e sulle importazioni da altri Paesi”. “Israele emergerà con un’economia forte e audace. Noi vinciamo e loro perdono”, ha concluso Katz.

Come sottolinea il quotidiano israeliano “Times of Israel”, Ankara e Tel Aviv hanno accordi di libero scambio dalla metà degli anni Novanta. Lo scorso anno, il volume degli scambi commerciali ha raggiunto i 6,8 miliardi di dollari, anche se Erdogan ha parlato oggi di un volume di 9,5 miliardi di dollari. Secondo i dati del ministero del Commercio turco, tra l’inizio della guerra nella Striscia di Gaza e il mese di marzo il volume del commercio bilaterale è diminuito di circa il 33 per cento. Tuttavia, i dati pubblicati dall’Associazione degli esportatori turchi (Tim) mostrano che le esportazioni dalla Turchia verso Israele sono riprese ad aumentare ogni mese dall’inizio del 2024. Le relazioni commerciali con Israele hanno trovato spazio in particolare durante la campagna per le elezioni amministrative turche del 31 marzo scorso, che hanno sancito una pesante sconfitta per il partito politico di Erdogan, Giustizia e sviluppo (Akp), che non è riuscito a riconquistare le principali città del Paese – Istanbul e Ankara su tutte – a fronte dell’affermazione del Partito popolare repubblicano (Chp), di stampo nazionalista.

A far perdere consensi a Erdogan è stata la politica economica intrapresa dal suo governo, sullo sfondo di un’inflazione galoppante e della perdita generale del potere d’acquisto, ma anche il fatto che, secondo alcuni partiti dell’opposizione e una parte della base stessa dell’Akp, il capo dello Stato sia stato “inefficace” nel far sentire la sua voce contro Israele. In particolare, al presidente turco è stato imputato di non aver inflitto sanzioni economiche contro lo Stato ebraico. Al contrario, in numerose occasioni, durante la campagna elettorale, il Chp aveva chiesto la sospensione totale degli scambi commerciali con lo Stato ebraico. In questo senso, dal punto di vista della politica interna, la decisione annunciata ieri dal ministero del Commercio turco di bloccare totalmente l’export e l’import con Israele potrebbe essere anche interpretata come un tentativo di Erdogan e del suo governo di riconquistare parte dei consensi persi alle urne. Ciò che è certo è che continuerà il sostegno del presidente turco alla causa palestinese, nonché ad Hamas.

In vista delle elezioni amministrative di marzo, in un discorso pubblico tenuto a Istanbul il presidente turco aveva ribadito il suo “fermo appoggio” ai leader del movimento islamista, oltre che la condanna alle operazioni militari di Israele nella Striscia di Gaza. “Nessuno può indurci a descrivere Hamas come un’organizzazione terroristica. La Turchia è un Paese che parla apertamente di tutto con i leader di Hamas, e li sostiene fermamente”, aveva affermato il capo dello Stato. A questo riguardo, non è da trascurare la valenza simbolica dell’incontro a porte chiuse che Erdogan ha avuto a Istanbul lo scorso 20 aprile con il capo dell’ufficio politico del movimento islamista, Ismail Haniyeh.

Secondo quanto riporta la stampa turca, il leader di Hamas dopo il colloquio sarebbe rimasto a lungo in Turchia, prima di fare ritorno in Qatar (Paese accomunato dalla Turchia dalla Fratellanza musulmana). Nelle ultime settimane sono trapelate indiscrezioni sulla stampa araba e internazionale in merito alla presunta volontà del movimento islamista di voler spostare il proprio quartier generale in un altro Paese, nonostante ripetute smentite di Hamas. Fonti vicine al gruppo islamista, citate dalla stampa turca, hanno affermato che il motivo per cui Haniyeh è rimasto a Istanbul è per discutere del ruolo che Ankara potrà avere nei colloqui di pace e post guerra nella Striscia di Gaza.