Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 10/05/2024
A Il Cairo, in Egitto, 48 gruppi politici e movimenti civili hanno sottoscritto il documento
Mercoledì 8 maggio a Il Cairo, in Egitto, 48 gruppi politici e movimenti civili sudanesi hanno firmato la “Carta del Sudan”, un documento che ambisce a stabilire i termini del periodo di transizione in corso nel Paese e ad avviare un dialogo intra-sudanese per determinare la forma e il sistema di governo da adottare una volta concluso il conflitto civile in corso nel Paese da ormai più di un anno. La coalizione, che afferma di sostenere le Forze armate sudanesi (Saf) guidate dal generale Abdel Fattah al Burhan, aspira a formare un nuovo governo provvisorio, stabilire un periodo di transizione di tre anni, a convocare una conferenza costituzionale e preparare le elezioni generali da tenere una volta conclusa la guerra.
Secondo quanto riferito dal quotidiano panarabo “Asharq al Awsat”, la Carta vede le firme del Blocco del movimento nazionale di Tijani Sisi, del Congresso popolare guidato da Al Amin Mahmoud, oltre che dell’Alleanza della linea nazionale (Skip), del Consenso nazionale guidato da Mubarak al Fadil al Taradi, del Partito sudanese Baath guidato da Muhammad Wadaa, del Meccanismo nazionale per sostenere la transizione democratica civile e fermare la guerra e del Fronte nazionale guidato da Nazir Muhammad al Amin Turk. Tra i firmatari spiccano anche figure quali Jaafar al Mirghani, vice capo del Partito unionista democratico e leader delle Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc), vale a dire l’ombrello di partiti e organizzazioni non governative le cui proteste portarono nel 2019 alla destituzione del presidente di lunga data Omar al Bashir.
Tra i firmatari figurano anche alcuni influenti leader ribelli del Darfur come Minni Minnawi, capo del Movimento di liberazione del Sudan (Slm), e di Gibril Ibrahim, capo del Movimento giustizia e uguaglianza (Jem), che la scorsa estate hanno abbandonato la neutralità e preso dichiaratamente posizione nel conflitto contro le Forze di supporto rapido (Rsf) del generale Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo. La Carta vede anche l’adesione del capo del Partito nazionalista islamico Umma, Mubarak al Fadil al Mahdi, e di diversi leader sufi, delle amministrazioni locali e del Consiglio delle chiese. Alla firma ha assistito l’ambasciatore russo a Il Cairo, Georgj Borisenko. Il documento, intitolato “La visione del quadro d’intesa per la gestione del periodo transitorio di fondazione”, delinea diversi obiettivi chiave: risolvere la crisi politica e porre fine alla guerra in corso, stabilire un ulteriore periodo di transizione per governare il Paese e intraprendere riforme per ricostruire l’apparato statale e garantire la sicurezza e la stabilità durante tutta la transizione verso un governo civile democratico.
La Carta sottolinea la volontà di perseguire questi obiettivi attraverso il consenso e un dialogo intra-sudanese inclusivo. Secondo il capo dell’ufficio politico del partito Alleanza democratica per la giustizia sociale, Mubarak Ardoul, il documento siglato nella capitale egiziana “sarà l’inizio di una nuova fase dello Stato sudanese”. Fonti citate dall’agenzia di stampa “Mena” hanno spiegato che l’obiettivo è “porre fine alla guerra, ancorando i pilastri di una pace giusta, globale e sostenibile”, nonché “rispettare una visione quadro che rappresenti una base di partenza per risolvere la crisi e concordare un periodo transitorio per governare il Paese”. I firmatari dichiarano di volere “l’unità del Sudan e l’indipendenza delle sue decisioni” e che “le Forze armate (guidate dal generale e presidente di transizione Abdel Fattah al Burhan) sono l’istituzione legittima responsabile del mantenimento della sicurezza e della difesa nel Paese”.
Nel documento, inoltre, si richiedono meccanismi regionali e internazionali per mantenere l’imparzialità nei confronti di tutte le parti coinvolte. Uno degli obiettivi cruciali del periodo di transizione è di affrontare le radici della crisi del Sudan in una Conferenza costituzionale, osservano i firmatari, precisando che la conferenza servirà a discutere questioni relative al sistema e alla forma di governo, all’identità, al contratto sociale e al raggiungimento di un consenso su una costituzione permanente da approvare attraverso un referendum popolare. Una proposta chiave della Carta è quella di formare una specie di “governo tecnico”, apartitico, ed un nuovo Consiglio sovrano per il periodo transitorio, composto da sette membri militari e civili. Si richiede inoltre la creazione di un comitato di 11 “stimate personalità nazionali” per nominare tre candidati alla carica di primo ministro, selezione che spetterà poi al Consiglio sovrano.
Infine, la Carta propone che un comitato di 15 membri tra i partecipanti al dialogo nomini i membri del Consiglio legislativo di transizione, che sarà composto da 300 rappresentanti delle forze politiche e civili, dell’amministrazione civile, del clero, delle donne e dei giovani. Il documento sostiene infine l’organizzazione di forum consultivi utili a creare fiducia e consenso tra le parti, concordando il luogo e l’agenda del dialogo e garantendo una pari rappresentanza. Il dialogo, facilitato da un comitato nazionale concordato da tutte le parti, viene visto come un’autorità fondamentale per stabilire accordi costituzionali per la gestione del periodo di transizione verso un governo civile democratico dopo il conflitto. La Carta suggerisce che il periodo transitorio sia disciplinato dal Documento costituzionale del 2019, modificato sulla base della nuova situazione politica, o da un nuovo documento concordato attraverso il dialogo. Questo periodo durerà tre anni, al termine del quale si terranno le elezioni generali.