Non si fermano le atrocità, nuovo massacro di civili nello Stato di Gezira

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 07/06/2024.

È di almeno 100 morti e sembra destinato ad aumentare ancora il bilancio del cruento attacco effettuato contro gli abitanti del villaggio di Was Al Noora, situato nello Stato sudanese centrale di Gezira. Attribuito alle Forze di supporto rapido (Rsf), le milizie guidate dal generale Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo, l’attacco rischia di diventare l’ennesimo massacro di un conflitto che ha provocato ormai 10 milioni di sfollati interni e spinto oltre 2 milioni di altri a cercare rifugio nei Paesi vicini. L’attacco è stato confermato da diverse fonti. I comitati civici sudanesi hanno lanciato l’allerta poche ore dopo l’aggressione, avvenuta all’alba del 5 giugno, diffondendo alcuni video nei quali si vedono diversi cadaveri in una piazza del villaggio. Successivamente il Consiglio sovrano di transizione – la giunta al potere guidata dal generale e capo delle Forze armate sudanesi (Saf) Abdel Fattah al Burhan – ha condannato l’attacco, esortando la comunità internazionale a fare altrettanto e a perseguire i responsabili degli “atroci crimini” commessi contro civili. Anche il Partito del Congresso sudanese (Scp) ha condannato l’accaduto, e chiesto di indagare sui fatti. Da parte loro, le Rsf hanno dichiarato che le sue forze hanno attaccato tre campi militari nell’area occidentale, meridionale e settentrionale di Wad Al-Noora. Questi campi includono postazioni delle Saf, dei servizi di intelligence sudanesi e un battaglione affiliato a gruppi islamici noto come Zubair bin Al Awwam.

Secondo la ricostruzione pubblicata dal sito di informazione in arabo “Sudaray”, le milizie di Dagalo hanno attaccato il villaggio due volte, uccidendo anche donne e bambini. Nella prima incursione, le Rsf hanno fatto uso di artiglieria pesante e bombardato l’area prima di essere disperse dall’intervento dell’Aeronautica sudanese. Tuttavia, le Rsf hanno riorganizzato le loro fila raccogliendo diversi veicoli sottratti al nemico nel primo attacco, e si sono ripresentate alla periferia di Al Noora, assediandola e riuscendo a penetrare nel villaggio attraverso l’ospedale. A quel punto i miliziani hanno saccheggiato e ucciso numerosi civili e nessun rinforzo delle Forze armate è arrivato in aiuto dei civili. Secondo il sito di informazione sudanese “Nabd Sudan”, fra le persone uccise ci sarebbe anche un giornalista dell’agenzia di stampa “Suna”, Makkawi Muhammad Ahmed. Nelle stesse ore le associazioni di categoria hanno denunciato l’assassinio di un altro reporter, il giornalista Muawiya Abdel Razzaq, assassinato insieme a tre membri della sua famiglia nella loro casa a Khartum Bahri, sobborgo situato a nord della capitale. Dall’inizio della guerra, numerosi giornalisti sono stati oggetto di violenze o attacchi dalle parti in conflitto: il sindacato dei giornalisti sudanesi ha registrato 393 violazioni dirette contro reporter e organi di informazione, per lo più avvenute mentre esercitavano il loro lavoro o per motivazioni ad esso collegate.

Sebbene ripetute violazioni ed abusi siano attribuibili ad entrambe le parti in conflitto, le denunce riguardano soprattutto le Rsf. Queste includono al loro interno diversi membri delle ex milizie Janjaweed, la temibile unità dei “demoni a cavallo” istituita dall’ex presidente Omar al Bashir e guidata dallo stesso Dagalo, che con al Burhan ha preso il potere nel 2019 dopo la deposizione di Bashir, prima di dichiarargli guerra nell’aprile 2023. Nel quadro di un conflitto che si è progressivamente spostato da Khartum verso il Darfur – teatro da oltre 20 anni di una sanguinosa guerra civile mai veramente conclusa – la crisi umanitaria è ormai fuori controllo. L’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) ha nel frattempo pubblicato una drammatica istantanea degli ormai 10 milioni di sfollati interni, la maggior parte dei quali sono giovani minorenni che in diversi casi erano già stati costretti a lasciare la loro casa prima di questa guerra.

Secondo il Displacement Tracking Matrix, il sito di monitoraggio creato dall’Oim per raccogliere i dati sul numero di sfollati interni ed esterni delle località in conflitto nel mondo, in Sudan oltre 9.957.655 persone sono sfollate ma rimaste all’interno del Paese, cercando riparo in 183 località dei 18 Stati sudanesi. Secondo quanto riferito, oltre la metà (56 per cento) degli sfollati interni sono ragazzi di età inferiore ai 18 anni. Oim stima inoltre che quasi un abitante su tre – il 26 per cento – delle persone che erano già sfollate prima del conflitto in corso da aprile del 2023 siano state costrette a farlo nuovamente. Le persone sono fuggite e continuano a farlo soprattutto dagli Stati della capitale Khartum (36 per cento), del Darfur meridionale (21 per cento) e del Darfur settentrionale (12 per cento). Gli Stati sudanesi che accolgono oggi il maggior numero di sfollati interni sono il Darfur meridionale (18 per cento), il Darfur settentrionale (13 per cento) e il Darfur centrale (9 per cento).