Le Rsf reclutano armi e uomini dalla vicina Repubblica Centrafricana

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’ Italia – 18/06/2024

SUDAN: ECCO IL RAPPORTO DELL’ONU

Le Forze di supporto rapido (Rsf), impegnate in Sudan nel conflitto contro l’esercito, stanno utilizzando la regione di Am Dafok, al confine con la Repubblica Centrafricana, come linea di rifornimento chiave e come centro di reclutamento di nuovi combattenti per le loro milizie. È quanto afferma un rapporto di esperti delle Nazioni Unite. Am Dafok – una città strategicamente situata al confine tra la Repubblica Centrafricana e il Sudan nel Darfur meridionale – è stata conquistata dalle Rsf alla metà di giugno del 2023. Il rapporto è stato redatto dal gruppo di esperti Onu sulla Repubblica Centrafricana, incaricato di monitorare le sanzioni imposte al Paese, ed evidenzia il reclutamento di combattenti con sede nella Repubblica Centrafricana da parte delle Rsf, facendo uso di gruppi come il Fronte popolare per la rinascita dell’Africa centrale (Fprc), formazione ribelle centrafricana che controlla alcune aree del nord del Paese.

Queste, riferiscono gli esperti delle Nazioni Unite, partecipano attivamente al conflitto sudanese. In particolare, il rapporto evidenza figure chiave come Habib Hareka, un membro di spicco delle Rsf identificato come uno dei responsabili delle attività transfrontaliere della milizia guidata dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, facilitando il reclutamento e lo spostamento di combattenti tra la Repubblica Centrafricana e il Sudan. Oltre ad Am Dafok, il rapporto identifica inoltre la località di Sam Ouandja, il sito minerario di Ndah e la prefettura di Haute-Kotto come aree di reclutamento primarie, con i combattenti che vengono in seguito inviati a Nyala, nel Darfur meridionale. Secondo gli esperti, il conflitto in Sudan ha causato un afflusso di gruppi armati nella prefettura di Vakaga, in particolare intorno ad Am Dafok, che è vitale per le forniture e il reclutamento delle Rsf. Nonostante la presenza di importanti gruppi ribelli come l’Unione per la pace nella Repubblica Centrafricana (Upc) e il Fprc, non ci sono state lotte intestine grazie ad una “politica senza danni” e ad una collaborazione opportunistica che potrebbe rafforzare il loro potere, peggiorare la sicurezza regionale e minacciare il governo centrafricano, sostengono gli esperti.

Il rapporto evidenza quindi la rete “di lunga data” che le Rsf hanno instaurato con i gruppi ribelli della Repubblica Centrafricana, grazie alla quale le milizie di Dagalo possono “muoversi facilmente tra i due Paesi e reclutare uomini tra le file degli stessi gruppi armati centrafricani. “È stato riferito che gruppi armati di opposizione della Repubblica Centrafricana hanno reclutato attivamente e inviato membri dei propri gruppi a combattere in Sudan sotto il comando delle Rsf”, sostengono gli esperti, affermando che questo è un fatto reso evidente già dall’agosto 2023. I gruppi armati centrafricani – prosegue il rapporto – “sono ancora in grado di attraversare a piacimento il Sudan e la Repubblica Centrafricana e di utilizzare il territorio sudanese per lanciare attacchi”. Gli esperti hanno quindi invitato le autorità di Bangui a “contrastare l’aumento del traffico di armi dai Paesi vicini, soprattutto in considerazione dell’attuale situazione di conflitto in Sudan”, e hanno chiesto ai leader di combattere “l’infiltrazione di combattenti stranieri nella Repubblica Centrafricana, che rappresenta una significativa minaccia a lungo termine per la regione”.

Le dinamiche che emergono dal rapporto rappresentano una sfida ulteriore per le Forze armate nazionali della Repubblica Centrafricana (Faca), poiché le Rsf di Dagalo affermano contemporaneamente di sostenere il governo di Bangui contro l’insurrezione dei ribelli del sud-est (ottenendo in cambio il controllo di diversi siti noti per l’estrazione artigianale di diamanti) e, allo stesso tempo, di collaborare con i gruppi armati nel nord del Paese, proprio per garantirsi un corridoio di reclutamento di combattenti da impiegare nel conflitto contro le Forze armate sudanesi (Saf) del generale Abdel- Fattah al Burhan. Quel che emerge dal rapporto evidenza dunque una sorta di “doppio gioco” da parte di Dagalo, che notoriamente è sostenuto dal gruppo paramilitare russo Wagner, ora ribattezzato Africa Corps e alle dirette dipendenze del ministero della Difesa di Mosca dopo la morte del suo fondatore Evgenij Prigozhin.

Almeno dal 2017, infatti, Dagalo utilizza i suoi uomini per sfruttare una delle miniere d’oro più redditizie del Sudan, quella di Jebel Amer, nel Nord Darfur. Suo fratello Abdul Rahim, numero due delle Rsf, dirige inoltre la società Al Junaid (o Al Gunade), coinvolta nell’estrazione e nel commercio dell’oro in Sudan. È in questo business che si intrecciano gli interessi di Dagalo e dell’ex Wagner, che negli anni si è assicurata il diritto di estrarre oro sudanese ed esportarlo in Russia. L’ingerenza della Russia nell’oro del Sudan è iniziata nel 2014, dopo il varo delle sanzioni occidentali contro Mosca in risposta all’invasione della Crimea. Le spedizioni di oro si sono rivelate un modo efficace per accumulare e trasferire ricchezza, rafforzando le casse statali russe ed eludendo i sistemi di monitoraggio finanziario internazionale.

Almeno dal 2017, tuttavia, i combattenti e gli istruttori dell’ex gruppo Wagner lavorano a stretto contatto anche con la Repubblica Centrafricana e con il governo filorusso del presidente Faustin-Archange Touadera, con l’obiettivo – anche in questo caso – d’impadronirsi di aree ricche di minerali preziosi che potrebbero essere esportati attraverso il Sudan. Secondo il sito web “The Africa Report”, sarebbero più di mille gli “addestratori militari” presenti attualmente nella Repubblica Centrafricana. Secondo gli esperti Onu, inoltre, gli ex Wagner avrebbero utilizzato due aerei di modello sovietico per prendere il controllo dell’est ricco di risorse della Repubblica Centrafricana, utilizzando come tramite la società Kratol Aviation, che ha trasferito la proprietà a una società della Repubblica Centrafricana chiamata Mining Industries, che a sua volta l’ha trasferita al governo di Bangui. Gli aerei sono stati successivamente utilizzati dall’esercito centrafricano e dai russi per sostenere le operazioni contro i ribelli.