Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 04/07/2024
LIBIA La compagnia petrolifera Noc nega ogni coinvolgimento
La National Oil Corporation (Noc), l’ente petrolifero statale della Libia, ha negato ogni coinvolgimento nel sequestro di due droni ad uso bellico camuffati da turbine eoliche a Gioia Tauro, in Italia, in sei container provenienti dalla Cina e destinati in Libia. In una nota pubblicata l’altro ieri, la Noc ha spiegato di aver avviato un’indagine in risposta all’articolo pubblicato dalla testata britannica “The Sunday Times” il 10 giugno 2024, che fa riferimento a una fonte anonima riguardante il presunto coinvolgimento della Noc nell’approvvigionamento delle attrezzature militari sequestrate in Italia. La compagnia ha ribadito che tutte le sue operazioni, condotte insieme ai suoi partner delle compagnie petrolifere globali, sono sottoposte a rigorosi controlli e verifiche da parte di organismi di monitoraggio. La Noc ha espresso “sorpresa e indignazione” per le distorsioni del proprio lavoro, della reputazione e del nome nei media, negando categoricamente le accuse. L’ente petrolifero ha affermato che “si riserva il diritto di rispondere e di intraprendere le azioni legali necessarie sia all’interno che all’esterno della Libia contro i media locali e internazionali che diffondono notizie basate su fonti sconosciute”. Infine, la Noc “resta impegnata a mantenere la trasparenza e l’integrità nelle sue operazioni, garantendo il rispetto delle leggi e delle normative vigenti”. Intanto, i finanzieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno portato a compimento una articolata indagine che ha consentito il sequestro di vari componenti per l’assemblaggio di due droni ad uso bellico.
In tale contesto, sono stati individuati ed intercettati nello scalo portuale di Gioia Tauro sei container provenienti dalla Cina e destinati in Libia, sulla scorta della disamina delle rotte marittime di interesse e sulla base di anomalie nella documentazione doganale a corredo. Tali container avrebbero dovuto trasportare componenti per l’assemblaggio di generatori eolici di energia elettrica. Dopo aver effettuato la scansione radiogena con apparecchiatura in uso alla locale Agenzia delle Dogane e Monopoli, son stati eseguiti i successivi approfondimenti da parte degli investigatori del Gruppo della Guardia di Finanza di Gioia Tauro, consentendo di accertare che, pur avendo fattezze costruttive similari a parti componenti di turbine eoliche (Wind Power Equipment Accessories), i beni trasportati presentavano elementi e particolari costruttivi tali da far ritenere che potessero essere fusoliere ed ali di apparecchi idonei al volo quali, appunto, droni ad uso bellico.
Tali componenti erano celati tra alcuni carichi di copertura in materiale composito replicanti pale eoliche, con lo scopo di dissimulare i controlli posti in essere. I velivoli a guida autonoma (Uav) assemblati hanno una stazza pari a oltre 3 tonnellate per una lunghezza di oltre 10 metri ed una apertura alare di circa 20 metri. Alla luce dei fatti constatati – allo stato del procedimento ed impregiudicata ogni diversa successiva valutazione nel merito – è stato disposto il sequestro in relazione all’ipotesi di traffico internazionale di armi verso un Paese – quale la Libia – soggetto ad embargo sulla base delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e regolamenti nazionali e comunitari. Secondo quanto anticipato dal “Corriere della Sera”, lo scorso martedì 18 giugno, le forze dell’ordine dell’Italia hanno sequestrato a Gioia Tauro, su richiesta degli Stati Uniti, un’ingente quantità di armi del valore di svariati milioni di dollari a bordo della portacontainer Msc Arin partita da Yantian, un distretto portuale di Shenzhen, nella Cina meridionale, con destinazione finale proprio Bengasi o Tobruk.
La nave mercantile aveva fatto tappa a Singapore, circumnavigato il Capo di Buona Speranza, e fatto scalo a Valencia e a Barcellona. Solo una volta giunta in Calabria, ricostruisce il “Corriere”, le autorità Usa avrebbero deciso di far sequestrare il carico di armi e avrebbero chiesto agli alleati italiani di intervenire. Da mesi il porto libico di Tobruk riceve rifornimenti militari dalla Russia tramite il porto siriano di Tartus: parte di queste attrezzature militari sarebbero destinate al leader delle Forze di supporto rapido del Sudan (Rsf), Mohammed Hamdan Dagalo (detto Hemetti). Recentemente, peraltro, il rappresentante del Sudan presso le Nazioni Unite, Al Harith Idris, ha apertamente accusato il comandante in capo dell’Esercito nazionale libico (Enl) con sede a Bengasi, Khalifa Haftar, di alimentare il conflitto in Sudan. Accuse prontamente respinte dal cosiddetto Governo di stabilità nazionale (Gsn) del premier libico designato Osama Hammad, l’esecutivo al potere della Libia orientale, sostenuto dalla Camera dei rappresentanti.