Pubblicato da il Quotidiano del sud – L’Altravoce dell’Italia – 05/09/2024
Intervista a Jonathan Winer, ex inviato Usa in Libia
Jonathan Winer, ex inviato speciale degli Stati Uniti per la Libia ed ex vice assistente del Segretario di Stato per l’applicazione della legge internazionale, ora ricercatore non residente presso il Middle East Institute di Washington, è preoccupato per il silenzio internazionale sulla crisi della Banca centrale della Libia (Bcl). In un’intervista esclusiva con “Agenzia Nova”, Winer sottolinea che “se la Bcl smettesse di funzionare a causa di una disputa sul suo controllo, l’impatto sui libici sarebbe immediato e sempre più grave”, dato che molte delle necessità quotidiane dipendono dalle importazioni pagate con lettere di credito in valuta estera, utilizzate per acquistare beni stranieri come cibo, olio da cucina e carburante raffinato.
Lo scorso 18 agosto, il Consiglio presidenziale con sede a Tripoli ha tentato di sostituire il potente governatore della Banca centrale libica, Al Saddiq al Kabir, in carica dal 2011. Tuttavia, Al Kabir e l’amministrazione libica basata a est si rifiutano di riconoscere la legittimità del nuovo Consiglio. La crisi ha innescato un blocco della produzione di petrolio in Libia di quasi il 70 per cento e rischia compromettere la capacità del Paese di effettuare transazioni finanziarie internazionali.
Secondo Winer, la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente se la Banca centrale venisse sfruttata da individui che la usano per favorire i propri alleati politici e danneggiare gli avversari. “Per la comunità internazionale, un crollo dell’economia libica rappresenta solo cattive notizie”, aggiunge, sottolineando come la crisi della Banca centrale abbia già causato un aumento del costo del petrolio sui mercati internazionali, a seguito della sospensione della produzione petrolifera da parte di vari gruppi libici.
“Le cattive notizie includono una maggiore instabilità, un ulteriore rafforzamento delle milizie criminali e il rischio che il conflitto armato possa attrarre attori internazionali. Sono cattive notizie soprattutto per i libici comuni”, continua. Secondo l’ex inviato Usa, gli sforzi diplomatici per stabilizzare la Libia sono spesso più efficaci quando vengono condotti in modo discreto, attraverso contatti diretti con le parti libiche coinvolte, piuttosto che attraverso dichiarazioni pubbliche. Winer suggerisce che questo tipo di diplomazia sia in corso da parte di paesi occidentali come Usa, Francia, Italia e Regno Unito, nonché dall’Ue e da diplomazie regionali, inclusi Egitto e Turchia.
Winer afferma che gli Usa “hanno sostenuto al 100 per cento la posizione delle Nazioni Unite, secondo cui le modifiche alla Banca centrale non devono avvenire tramite decisioni unilaterali da parte di attori libici individuali”. L’ex diplomatico statunitense ribadisce a “Nova” che qualsiasi tentativo di presa di potere unilaterale è destabilizzante e che le modifiche devono essere prese attraverso il consenso. “Sono dieci anni che ai libici non viene data l’opportunità di votare e scegliere i propri leader politici”, ricorda Winer, sottolineando come la mancanza di legittimità delle attuali istituzioni di governo sia una delle principali cause della fragilità del Paese.
Se fosse ancora al Dipartimento di Stato, Winer lavorerebbe per garantire un consenso multilaterale su un percorso per le elezioni, una politica che è stata a lungo il fondamento dell’approccio degli Stati Uniti verso la Libia. Seppur in modo sfumato, Winer suggerisce di sanzionare chi ostacola il processo politico: “Considererei l’uso di strumenti di regolamentazione o di applicazione delle norme contro coloro che ostacolano il progresso verso la possibilità per i libici di scegliere i propri leader. Cercherei soluzioni che possano rappresentare vantaggi inclusivi per tutti e che possano aiutare a unire i libici in uno sforzo comune per il progresso”.
Alla domanda se la crisi attuale e le divisioni in Libia siano reversibili, Winer afferma che “spetta in ultima istanza ai libici trovare una via per costruire un governo inclusivo ed efficace”. L’ex inviato Usa spiega che le risorse naturali del Paese offrono una possibilità reale per realizzare questo obiettivo, attraverso una distribuzione equa della ricchezza su tutta la società, a livello nazionale, locale e individuale. “Se tutti avranno una partecipazione nell’economia e nella società, la Libia potrà avere successo come nazione”, conclude, suggerendo che l’impegno internazionale dovrebbe concentrarsi sull’aiutare i libici a raggiungere questo successo, con benefici non solo per loro, ma per l’intera regione.
Infine, Winer esclude qualsiasi coinvolgimento cinese nella crisi attuale, nonostante alcune speculazioni in merito. “Non ho visto alcuna prova di un coinvolgimento cinese nella crisi”, dichiara, sottolineando che la situazione deriva piuttosto da conflitti di interesse interni tra i libici, piuttosto che dall’azione di attori stranieri specifici.