Pubblicato da – Il Quotidiano del sud – L’Altravoce dell’Italia – 06/09/2024
Le controversie costituzionali mettono in crisi la corsa per la presidenza. Il favorito resta Saied
La campagna elettorale per le elezioni presidenziali in Tunisia inizierà il 14 settembre, ma il clima politico è già teso. Il presidente uscente, Kais Saied, che corre per un secondo mandato, ha dichiarato che “le elezioni non sono una guerra, ma un appuntamento rinnovato in momenti specifici in conformità con la Costituzione”. Tuttavia, l’attuale situazione sembra contraddire le sue parole perché l’appuntamento elettorale si sta trasformando in un conflitto di dichiarazioni e conferenze stampa. Le polemiche sono iniziate ancor prima che l’Alta autorità indipendente per le elezioni (Isie) pubblicasse la lista definitiva dei candidati. La disputa verte su chi abbia l’ultima parola tra il tribunale amministrativo, incaricato di esaminare i ricorsi dei candidati esclusi, e la stessa Isie. Da un lato, alcuni sostengono che le sentenze accolte in appello dovrebbero garantire la partecipazione dei candidati; dall’altro, c’è chi ritiene che spetti alla Isie, tenuto conto delle indicazioni della magistratura, determinare la loro eleggibilità.
La controversia sarebbe potuta essere evitata se fosse stata istituita una Corte costituzionale, prevista dalla Costituzione tunisina del 2014, ma mai creata a causa delle divisioni politiche. La Carta fondamentale tunisina del 2014 prevede che la Corte si pronunci sulla costituzionalità di leggi, riforme e trattati, e gestisca conflitti tra le principali istituzioni dello Stato. Tuttavia, a quasi dieci anni dalla sua proclamazione, la Corte non è ancora stata istituita. Inoltre, la Costituzione attribuiva alla Corte costituzionale altre prerogative, come dichiarare la vacanza provvisoria o definitiva della presidenza della Repubblica o pronunciarsi sui conflitti di giurisdizione tra il capo dello Stato e il primo ministro. Lo stesso presidente eletto dovrebbe prestare giuramento di fronte alla Corte costituzionale qualora fosse impossibile farlo davanti alle due camere parlamentari riunite.
Farouk Bouaskar, presidente dell’Isie, ha spiegato in una conferenza stampa a Monastir che la principale novità delle elezioni presidenziali del 2024 rispetto al passato è il cambiamento del quadro costituzionale e giuridico. L’ente elettorale, infatti, opera ora secondo la Costituzione del 25 luglio 2022, avendo definito tutte le disposizioni necessarie in materia di finanziamenti e attività elettorali. Tra rumors, critiche, e comunicati a sostegno di questo o l’altro ente, Isie ha annunciato lunedì che solo tre candidati sono stati considerati idonei: Kais Saied, presidente uscente che corre per un secondo mandato, Zuhair Maghzaoui, ex parlamentare e segretario generale del Movimento popolare, e Ayachi Zammel, ingegnere chimico e fondatore del movimento Azimoun. Poco dopo l’annuncio sui media tunisini sono circolate voci circa l’apertura di un’inchiesta nei confronti di Maghzaoui, mentre Zammel è stato arrestato martedì mattina all’alba dagli agenti della Guardia nazionale sulla base di undici denunce presentate da normali cittadini che lo accusano di aver falsificato le loro firme, depositandole all’autorità elettorale tra le 10 mila raccomandazioni popolari richieste per potersi candidare.
L’Isie ha respinto altre candidature, tra cui quelle dell’islamista Abdellatif Mekki, dell’ex ministro della Salute Mondher Zenaidi e del politico di centro-sinistra Imed Daimi, nonostante le sentenze del tribunale amministrativo avessero annullato l’esclusione dei loro dossier. Secondo l’Isie, tali sentenze non prevedevano esplicitamente l’inclusione dei candidati nella lista definitiva, ma erano condizionate a ulteriori verifiche. Nel frattempo, il presidente Saied ha dichiarato che “le elezioni sono un affare interno, senza interferenze straniere”, criticando coloro che ricevono sostegno esterno. La lotta ai finanziamenti esteri è stata una costante del primo mandato di Saied, con diversi arresti tra i membri del partiti islamisti Ennahda e di Al Karama. Ieri, inoltre, è stato pubblicato un decreto che stabilisce che il finanziamento delle campagne elettorali sarà esclusivamente tramite autofinanziamento e finanziamenti privati.
Intanto tra i tunisini sembra esserci un certo disinteresse, come se il risultato fosse già scontato. Con tre candidati – di cui uno in carcere e uno che potrebbe essere indagato, sebbene per ora Maghzaoui non sia stato ufficialmente convenuto dalle autorità giudiziarie – Saied potrebbe essere il solo a condurre la campagna elettorale in libertà. A intensificare ulteriormente le tensioni, nelle ultime ore è emersa la notizia della rimozione dalle edicole tunisine del quotidiano francofono “Jeune Afrique”. “A 14 anni dalla caduta dell’ex presidente, il nostro numero di settembre non è stato autorizzato alla vendita in Tunisia a causa di un’inchiesta sul presidente Kais Saied, candidato alla rielezione il 6 ottobre”, si legge in un editoriale firmato da Marwen ben Yahmed, pubblicato online sul sito dello storico mensile dedicato all’Africa e al Maghreb. Il numero 3140, vietato in Tunisia, presenta in copertina Saied con il titolo “L’iperpresidente”. Ben Yahmed offre quella che definisce “una valutazione obiettiva, documentata e precisa del mandato e dello stile di governo di colui che cercherà la propria rielezione il 6 ottobre, in un’elezione dove non c’è un vero concorrente alla partenza”. L’opinione pubblica tunisina appare divisa: da un lato c’è chi ritiene la libertà di espressione un diritto inalienabile; dall’altro, chi vede nella stabilità dello Stato e nella pace sociale dei valori supremi da difendere, considerando alcuni editoriali come esempi di “disinformazione”.