Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 06/08/2024
Non si è fatta attendere la reazione della giunta al potere in Mali dopo la dura sconfitta patita delle sue forze armate a Tinzaouten, nel nord del Paese, con l’uccisione di decine di militari maliani e di mercenari russi appartenenti all’ex gruppo Wagner.
Il governo di transizione guidato dal colonnello Assimi Goita, con un comunicato ha, infatti, annuncia la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Ucraina dopo che nei giorni scorsi portavoce della Direzione principale dell’intelligence (Hur) ucraina, Andriy Yusov, aveva ammesso il coinvolgimento di Kiev nell’imboscata effettuata da ribelli tuareg che fra il 25 ed il 27 luglio ha provocato la morte di 131 uomini, di cui 47 soldati governativi maliani e 84 mercenari russi. La giunta si è quindi detta “profondamente stupita” delle parole di Yusov. “Queste affermazioni, di estrema gravità, mostrano un chiaro sostegno da parte del governo ucraino al terrorismo in Africa, nel Sahel e più precisamente in Mali”, si legge nella nota, nella quale Bamako afferma di aderire “totalmente” alle “accuse formulate dalla Russia” sulla “natura neonazista e scellerata” delle autorità ucraine. La giunta militare annuncia per questo la rottura delle relazioni diplomatiche con effetto immediato, la consultazione di autorità giudiziarie per “l’apologia del terrorismo” perpetrata da Kiev con i suoi contenuti e video, e l’appello internazionale a non sostenere Kiev. “Il Mali considera il sostegno a Kiev come un sostegno al terrorismo internazionale”, recita la dichiarazione. La presa di posizione giunge dopo che, nei giorni scorsi, il portavoce dell’intelligence ucraina aveva ammesso che i ribelli tuareg hanno ricevuto le “informazioni necessarie ad effettuare un attacco di successo contro i criminali di guerra russi, e non solo quelle”. Yusov ha fatto sapere che sarebbero in seguito stati diffusi “ulteriori dettagli” sull’operazione.
Video dell’operazione sono stati fatti circolare dall’esercito ucraino e ripresi da alcune rappresentanze di Kiev: è il caso dell’ambasciata ucraina in Senegal, la cui posizione ha suscitato la piccata reazione del Burkina Faso – Paese che, come il Mali, è retto da una giunta militare filo-russa – e un formale richiamo da parte del governo senegalese nei confronti dell’ambasciatore ucraino a Dakar, Yuriy Pivovarov. Il ministero degli Esteri del Senegal non ha esitato a convocare il diplomatico dopo la pubblicazione sulla pagina Facebook della sua ambasciata di un video di propaganda dell’Esercito ucraino, accompagnato da un commento in cui lo stesso Pivovarov offre “un sostegno inequivocabile e incondizionato” all’attacco sferrato nel nord del Mali da ribelli tuareg contro le Forze armate del Mali (Fama). Il Senegal, che ha una “posizione di neutralità costruttiva nel conflitto russo-ucraino”, “non può tollerare alcun tentativo di trasferire nel suo territorio la propaganda mediatica in corso in questo conflitto”, spiega il ministero di Dakar. Il Senegal, inoltre, ribadisce la condanna del terrorismo in tutte le sue forme e dell’attacco commesso da gruppi terroristici sul suolo maliano e rinnova la sua solidarietà al governo e al popolo del Mali.
A complicare la dinamica dell’attacco e a spiegare le rimostranze internazionali contro Kiev c’è la partecipazione negli attacchi di ribelli tuareg vicini al Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim), formazione affiliata ad al Qaeda che negli ultimi anni ha conquistato importanti porzioni di territorio nella regione del Sahel, contrapponendosi alle milizie dello Stato islamico. Gli scontri sono iniziati già lo scorso 20 luglio nella regione maliana di Tinzaouaten, al confine settentrionale con l’Algeria, e hanno coinvolto da un lato le Forze armate maliane (Fama), supportate dagli ex Wagner, dall’altro i tuareg e i gruppi jihadisti del Jnim. La vittoria è stata rivendicata con foto e video dal Quadro Strategico per la difesa del popolo dell’Azawad (Csp-Dpa), un’alleanza di combattenti separatisti prevalentemente tuareg che rivendica l’autonomia regionale sotto l’antico nome dell’Azawad (il nome con cui i gruppi tuareg chiamano la regione settentrionale del Mali). La zona del Mali settentrionale, al confine con l’Algeria, è teatro d’intensi combattimenti da settimane . Prima della battaglia di Tinzaouaten, l’esercito di Bamako aveva annunciato di aver preso il controllo della città di Inafarak, ad appena dieci chilometri dalla frontiera. Un comunicato delle Forze armate maliane (Fama) definisce la città come un “importantissimo crocevia commerciale”, oggetto di “traffici” e utilizzato dalla “coalizione mafiosa di gruppi armati, autori di abusi e racket contro le popolazioni pacifiche”, con riferimento ai jihadisti dello Jnim e ai ribelli tuareg della coalizione Csp-Dpa, firmatari dell’accordo di pace del 2015 in seguito rotto da Bamako. Lo scorso novembre l’esercito maliano e i suoi alleati russi guidati dal gruppo Wagner avevano respinto i ribelli del Csp dalla loro roccaforte di Kidal. Il loro arrivo, otto mesi dopo, a Inafarak – situata a più di 120 chilometri a nord di Tessalit, al confine con l’Algeria – aveva costituito una certa dimostrazione di forza e un duro colpo per i ribelli, i cui combattenti si sono in gran parte ritirati verso il confine algerino. La disfatta a Tinzaouaten sembra ora poter segnare un’inversione di tendenza nell’evoluzione del conflitto.