Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 10/09/2024
Visita a Riad, Il Cairo e Ankara dell’inviato speciale Tom Perriello
L’inviato speciale degli Stati Uniti per il Sudan, Tom Perriello, è partito domenica per un tour che lo porterà in Arabia Saudita, Egitto e Turchia, nel quadro degli sforzi in corso per mettere fine al conflitto in corso dall’aprile 2023. La missione, fa sapere Washington, mira a coordinare i molteplici tentativi in atto ed in particolare quelli dell’iniziativa “Allineati per promuovere il salvataggio di vite umane e la pace in Sudan” (Alps), recentemente promossa da Washington con la partecipazione di Svizzera, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Unione africana e Nazioni Unite. Le priorità diplomatiche dell’azione multilaterale, precisa una nota del dipartimento di Stato, continuano a includere il coordinamento degli sforzi per sollecitare le Forze armate sudanesi (Saf) e le Forze di supporto rapido (Rsf) ad ampliare l’accesso umanitario in Sudan e garantire la protezione dei civili, in conformità con il diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, il rispetto degli impegni presi nel ciclo negoziale di Gedda, in Arabia Saudita. Obiettivo principale, viene ribadito, è quello di arrivare ad una cessazione delle ostilità. Nel corso della sua visita a Riad, Il Cairo ed Ankara, Perriello incontrerà i rifugiati sudanesi e i leader civili regionali, nonché i principali funzionari governativi e i partner multilaterali della Lega araba e dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad).
Il viaggio di Perriello avviene nel quadro dei rinnovati sforzi di mediazione che l’amministrazione Biden ha avviato sul finire dell’estate per risolvere il conflitto sudanese, che secondo le stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhchr) ha provocato ormai oltre 20 mila morti. Dopo il fallimento dei colloqui convocati a Ginevra ad agosto, boicottati dalle parti in conflitto, e dalla loro violazione palese degli impegni assunti nella precedente Dichiarazione di Gedda, gli Stati Uniti tentano nuovamente di smuovere le acque, anche senza le parti in conflitto. Ad appoggiare la mediazione statunitense è, questa volta, in particolare il mondo arabo. In un comunicato, la Lega musulmana mondiale ha elogiato “gli sforzi instancabili” messi in atto dai membri del gruppo Allineati per promuovere il salvataggio di vite umane e la pace in Sudan (Alps) – che opera sulla base della Dichiarazione di Gedda e con il patrocinio dell’Arabia Saudita – per raggiungere un cessate il fuoco permanente. Il segretario generale Mohammad bin Abdulkarim al Issa, che è anche presidente dell’Organizzazione degli studiosi musulmani, ha sottolineato l’urgente necessità che le parti sudanesi rispondano all’appello del gruppo per l’apertura di ulteriori valichi di frontiera, ricordando che oltre 25 milioni di persone stanno affrontando l’impatto di una grave carestia.
Nel tentativo di rafforzare la risposta all’emergenza, il governo egiziano ha annunciato ieri l’intenzione di inviare convogli medici in Sudan per alleviare la situazione umanitaria e sanitaria provocata dalla guerra civile,mamolto rimane da fare soprattutto per quanto riguarda il blocco dei convogli umanitari al confine con il Ciad e la protezione dei civili. Le Forze di supporto rapido (Rsf) del generale Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo hanno di recente accusato l’esercito sudanese di reclutare mercenari dalla Libia e di farli entrare in Sudan dal Ciad, aggravando ulteriormente i rischi per la sicurezza degli abitanti. Le violazioni e gli abusi commessi da entrambe le parti sono stati stati oggetto di un nuovo rapporto dell’Unhchr, secondo cui questi atti potrebbero configurare crimini di guerra. Nel rapporto, l’agenzia Onu chiede di imporre un embargo sulle armi e di ordinare un’estensione della giurisdizione della Corte penale internazionale (Cpi), oltre che l’invio di una forza di pace in Sudan per proteggere i civili. Richieste prontamente respinte dalla giunta del generale Abdel Fattah al Burhan, al potere a Khartum, che ha definito il rapporto come “atto politico ed illegale”, parte di un più ampio sforzo di “note forze internazionali ostili al Sudan” per influenzare le posizioni degli stati membri dell’Onu ed estendere il mandato della missione.
Il ministero degli Esteri sudanese ha dichiarato che il rapporto “va oltre il mandato” dell’Unhchr e ha denunciato la “mancanza di professionalità” della sua missione, colpevole di aver pubblicato il rapporto prima di presentarlo alla sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che si riunisce oggi. Un nuovo allarme sulla situazione sudanese, intanto, è arrivato anche dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, che si è recato personalmente a Port Sudan per valutare il contesto sanitario e le necessità di risposta all’emergenza in corso. Durante una conferenza stampa tenuta nella città affacciata sul Mar Rosso, Tedros è tornato a chiedere “un cessate il fuoco immediato, che porti a una soluzione politica duratura”, la protezione delle strutture sanitarie e l’aumento delle campagne vaccinali contro colera, poliomielite, morbillo ed altre malattie che si stanno propagando nelle aree di conflitto.