DOPO IL MALI, ANCHE IL NIGER ROMPE LE RELAZIONI CON KIEV

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 08/08/2024

Sahel, terreno di scontri tra giunte golpiste e occidente

Gli effetti della guerra in Ucraina si estendono sempre di più anche nella regione del Sahel, già terreno di scontro tra le giunte militari golpiste e l’Occidente. Dopo il Mali, anche la giunta militare del Niger ha infatti deciso di interrompere, “con effetto immediato”, le relazioni diplomatiche con Kiev, accusando il governo ucraino di sostenere i “gruppi terroristici”. “Il governo della Repubblica del Niger, in totale solidarietà con il governo e il popolo del Mali, decide in piena sovranità di interrompere immediatamente le relazioni diplomatiche tra la Repubblica del Niger e l’Ucraina”, ha affermato in una dichiarazione televisiva il portavoce del governo Amadou Abdramane, annunciando che la giunta chiederà al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di discutere della presunta “aggressione” dell’Ucraina. La decisione è stata presa in seguito alle pesanti perdite subite a fine luglio dall’esercito maliano e dai mercenari russi appartenenti all’ex gruppo Wagner a Tinzaouten, nel nord del Paese, per mano dei ribelli tuareg dell’Azawad e dai gruppi jihadisti loro alleati, e attribuite in parte anche al sostegno offerto a questi ultimi da parte dell’Ucraina.

La decisione del Mali era seguita, a sua volta, alle dichiarazioni con cui il portavoce della Direzione principale dell’intelligence (Hur) ucraina, Andriy Yusov, aveva ammesso il coinvolgimento di Kiev nell’imboscata effettuata da ribelli tuareg che fra il 25 ed il 27 luglio, che ha provocato la morte di 131 uomini, di cui 47 soldati governativi maliani e 84 mercenari russi.

Affermazioni che la giunta di Bamako – che come quella di Niamey è salita al potere con un colpo di Stato che ha spinto il Paese verso l’orbita russa – ha definito “di estrema gravità”, sintomo del “chiaro sostegno da parte del governo ucraino al terrorismo in Africa, nel Sahel e più precisamente in Mali”.

La giunta di Bamako ha quindi ribadito di aderire “totalmente” alle “accuse formulate dalla Russia” sulla “natura neonazista e scellerata” delle autorità ucraine, annunciando la rottura delle relazioni diplomatiche con effetto immediato, la consultazione di autorità giudiziarie per “l’apologia del terrorismo” perpetrata da Kiev con i suoi contenuti e video e rivolgendo un appello internazionale a non sostenere Kiev. “Il Mali considera il sostegno a Kiev come un sostegno al terrorismo internazionale”, recita la dichiarazione.

In un post pubblicato sui social media, l’Alleanza del Sahel (Aes) – la coalizione formata dalle giunte golpiste di Mali, Niger e Burkina Faso – ha circostanziato le accuse a Kiev, affermando che istruttori ucraini, operando da un’ambasciata di un non meglio precisato Paese confinante con il Mali, faciliterebbero l’invio di “gruppi terroristici” in Ucraina e Polonia per addestrarli all’uso di droni kamikaze. Nel comunicato, l’Alleanza sostiene che i combattenti vengano trasferiti nei due Paesi occidentali per perfezionare le tecniche di combattimento, in quella che definisce una “rete di addestramento terroristico”.

Le giunte citano fonti della sicurezza secondo cui nuove reclute sarebbero inviate a seguire la stessa formazione, collegando il traffico agli attacchi effettuati di recente nel nord del Mali contro le Forze armate maliane (Fama). La presa di posizione giunge dopo che, nei giorni immediatamente successivi alla battaglia di Tinzaouten, il portavoce dell’intelligence ucraina aveva ammesso che i ribelli tuareg hanno ricevuto le “informazioni necessarie ad effettuare un attacco di successo contro i criminali di guerra russi, e non solo quelle”. Yusov ha fatto sapere che sarebbero in seguito stati diffusi “ulteriori dettagli” sull’operazione. Video dell’operazione sono stati fatti circolare dall’esercito ucraino e ripresi da alcune rappresentanze di Kiev: è il caso dell’ambasciata ucraina in Senegal, la cui posizione ha suscitato la piccata reazione del Burkina Faso – un altro Paese retto da una giunta militare filo-russa – e un formale richiamo da parte del governo senegalese nei confronti dell’ambasciatore ucraino a Dakar, Yuriy Pivovarov.

Il ministero degli Esteri del Senegal non ha esitato a convocare il diplomatico dopo la pubblicazione sulla pagina Facebook della sua ambasciata di un video di propaganda dell’Esercito ucraino, accompagnato da un commento in cui lo stesso Pivovarov offre “un sostegno inequivocabile e incondizionato” all’attacco sferrato nel nord del Mali da ribelli tuareg contro le Forze armate del Mali (Fama).

Da parte ucraina, per ora, è arrivata la condanna alla decisione del Mali di rompere le relazioni diplomatiche con Kiev, definita “miope e affrettata”. In una nota del ministero degli Esteri ucraino si legge che non sono state fornite prove che dimostrino che Kiev abbia avuto un ruolo nei combattimenti che hanno ucciso militari maliani e mercenari russi nel corso di alcuni combattimenti avvenuti il mese scorso. “È deplorevole che il Mali abbia deciso di interrompere le relazioni senza condurre uno studio approfondito dei fatti e delle circostanze dell’incidente (…) e senza fornire alcuna prova del coinvolgimento dell’Ucraina in tale evento”, si legge nella nota del ministero degli Esteri ucraino.

D’altro canto la Russia – tramite la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova – ha fatto sapere che “comprende i motivi che hanno spinto il Mali”a interrompere le relazioni diplomatiche con Kiev. “Il fatto di una cooperazione di Kiev con i terroristi non è affatto sorprendente”, ha aggiunto. La zona del Mali settentrionale, al confine con l’Algeria, è teatro d’intensi combattimenti da settimane. Prima della battaglia di Tinzaouaten, l’esercito di Bamako aveva annunciato di aver preso il controllo della città di Inafarak, ad appena dieci chilometri dalla frontiera. Uncomunicato delle Forze armatemaliane (Fama) definisce la città come un “importantissimo crocevia commerciale”, oggetto di “traffici” e utilizzato dalla “coalizione mafiosa di gruppi armati, autori di abusi e racket contro le popolazioni pacifiche”, con riferimento ai jihadisti dello Jnim e ai ribelli tuareg della coalizione Csp-Dpa, firmatari dell’accordo di pace del 2015 in seguito rotto da Bamako. Lo scorso novembre l’esercito maliano e i suoi alleati russi guidati dal gruppo Wagner avevano respinto i ribelli del Csp dalla loro roccaforte di Kidal. Il loro arrivo, otto mesi dopo, a Inafarak – situata a più di 120 chilometri a nord di Tessalit, al confine con l’Algeria – aveva costituito una certa dimostrazione di forza e un duro colpo per i ribelli, i cui combattenti si sono in gran parte ritirati verso il confine algerino. La disfatta a Tinzaouaten sembra ora poter segnare un’inversione di tendenza nell’evoluzione del conflitto.