Analista Baheli, per l’Iran inazione peggiore dell’azione

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 01/10/2024

In una rapida sequenza di attacchi mirati, l’Aviazione israeliana ha decapitato i vertici del movimento sciita libanese Hezbollah nella loro roccaforte, Dahye, nella periferia meridionale di Beirut, la capitale del Libano. Il gruppo armato sciita, reo di aver ingaggiato per conto dell’Iran il confronto con Israele l’8 ottobre, all’indomani dell’attacco del movimento islamista palestinese Hamas nello Stato ebraico, dovrà ora ripensare la propria strategia e anche rimodulare la propria capacità operativa. Prima di eliminare i vertici politici e militari di Hezbollah, infatti, Israele aveva messo fuori servizio la manovalanza del gruppo facendo esplodere i cercapersone in loro dotazione.

Decine di miliziani giallo-verdi hanno perso gli arti, altri l’uso della vista e altri ancora sono stati evirati. Un colpo sia materiale che di immagine, non solo per Hezbollah, ma anche per il suo protettore, l’Iran, quello messo a segno da Israele che apre a scenari indefiniti e pone il quesito “se, come e quando” Teheran reagirà. “Agenzia Nova” ne ha parlato con Nima Baheli, analista geopolitico, per il quale la guida suprema iraniana, Ali Khamenei, potrebbe abbandonare la dottrina della “pazienza strategica” a favore di una “rappresaglia”. Fino ad oggi la Repubblica islamica, “su stesso sprone della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, aveva puntato a una politica di pazienza strategica e di moderazione nei confronti degli attacchi ripetuti, subiti sugli asset iraniani in Libano, come anche in Siria, e soprattutto con l’uccisione di Ismail Haniyeh – il capo dell’ufficio politico di Hamas – a Teheran”, ricorda Baheli nell’intervista a “Nova”.

Tuttavia “è verosimile che la decapitazione dell’organizzazione, ma soprattutto l’uccisione di Nasrallah, costringano la leadership iraniana a intraprendere l’opzione di una rappresaglia nei confronti di Israele”, ammette l’esperto. Va sottolineato, però, che tra il 13 e il 14 aprile scorsi l’Iran aveva attuato una ritorsione contro Israele lanciando circa 300 tra missili e droni, intercettati sia dalla difesa aerea israeliana che dai Paesi “amici”, per vendicare l’uccisione di alcuni pasdaran nel consolato dell’Iran a Damasco, in Siria. L’uccisione di Haniyeh il 31 luglio a Teheran, finora senza una risposta verso i presunti responsabili, ovvero i servizi d’intelligence israeliana, e della leadership di Hezbollah in Libano, rivendicata da Israele, potrebbe portare a un cambio di paradigma, secondo l’esperto. “Probabilmente, a questo punto la guida suprema iraniana è diventata forse più consapevole del fatto che il rischio dell’azione, in questo momento, è superato dal rischio di portare avanti l’inazione”, afferma Baheli, tracciando un profilo delle diverse componenti di potere in Iran, su cui si basano gli equilibri della Repubblica degli ayatollah.

Nel Paese, prosegue l’analista, “molti pensano che un’ulteriore prosecuzione di un’inazione potrebbe spronare il premier israeliano Benjamin Netanyahu ad alzare ulteriormente il tiro, colpendo a questo punto direttamente in Iran”. In queste ore a Teheran “si assiste a uno scontro su vari livelli”, almeno tre, spiega Baheli. Da una parte “c’è la frangia più oltranzista, guidata dal candidato perdente alle elezioni, Said Jalili, che spinge verso una risposta armata che possa in qualche forma ripristinare la deterrenza nei confronti di Israele”, afferma l’esperto. Un’altra fazione “che invece spinge alla moderazione è quella guidata dal neoeletto presidente, Masoud Pezeshkian, e dal consigliere per gli Affari strategici, Mohammad Javad Zarif, i quali vorrebbero cercare, tramite questa moderazione, di portare avanti, di far resuscitare, una sorta di accordo sul nucleare (Jcpoa) con l’Occidente”.

Da non tralasciare, per l’esperto, “il passaggio generazionale all’interno delle forze armate iraniane dei pasdaran, fra coloro i quali, i giovani, accusano le generazioni più anziane di corruzione e di questa inazione che ha portato allo stato attuale dei fatti”. Una terza opzione, “ultimamente spinta dalle giovani generazioni dei pasdaran, ma che la guida suprema ha sempre rigettato, è spingere verso il programma nucleare al fine di poter creare una deterrenza effettiva con l’acquisizione di un’arma nucleare da parte di Teheran”. Negli ultimi giorni sono emerse anche indiscrezioni sulla possibilità che l’Iran abbia ceduto informazioni per colpire la leadership di Hezbollah perché non avrebbe condiviso la decisione di scendere in campo contro Israele, dopo l’attacco di Hamas.

Al riguardo, Baheli esclude che Nasrallah sia stato tradito. “In tutti questi anni, Khamenei ha creato un rapporto molto stretto con Nasrallah, lo vedeva quasi come una sorta di figlioccio o come una persona fidata che poteva decifrare le questioni israeliane per Khamenei stesso, per cui personalmente io escluderei fortemente il fatto che lui sia stato tradito, o quantomeno a livello alto da parte della guida suprema”, dichiara. Per l’esperto le voci sul possibile tradimento potrebbero rispondere a una logica di “disinformazione per mettere il dubbio all’interno dello schieramento dell’asse da resistenza, quindi sia quello libanese di Hezbollah come anche quello iraniano dei pasdaran, per aumentare il timore di ampli livelli di infiltrazione all’interno del sistema”.

Sul terreno la situazione rimane fluida. Proseguono, infatti le operazioni aeree di Israele, mentre nel primo discorso pubblico dopo la morte di Nasrallah, il numero due di Hezbollah, Naim Qassem, ha detto ieri che il gruppo continuerà a perseguire gli stessi obiettivi e piani stabiliti da Hassan Nasrallah. “Nonostante la perdita di comandanti, gli attacchi ai civili in tutto il Libano e i grandi sacrifici, non cambieremo la nostra posizione. Continueremo a sostenere Gaza e a difendere il Libano”, ha affermato. “Dopo l’assassinio di Nasrallah, le operazioni di Hezbollah sono continuate allo stesso modo, se non più di prima”, ha dichiarato Qassem, che ha proseguito: “Se Israele vuole lanciare un’invasione di terra noi siamo pronti”. “Israele non potrà intaccare le nostre capacità militari e vinceremo come è successo nel 2006”, ha affermato il funzionario. Da parte sua, Israele ha ribadito che le ostilità sul fronte settentrionale cesseranno soltanto con il ritiro di Hezbollah a nord del fiume Litani, come stabilito, peraltro, dalla risoluzione 1701 del 2006 del Consiglio di sicurezza dell’Onu.