Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 05/10/2024
L’ayatollah ha criticato anche gli Stati Uniti
La pazienza strategica è finita e l’Iran. È quanto ha affermato oggi la guida suprema della Repubblica islamica dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, durante il sermone della preghiera del venerdì seguita alla cerimonia funebre in onore del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, a cui hanno partecipato migliaia di persone. La “pazienza strategica” è una dottrina adottata da Khamenei per guadagnare tempo con l’obiettivo di aumentare la propria influenza contrattuale, politica, diplomatica e militare.
Questa strategia, per Teheran, è tesa a sviluppare capacità di deterrenza nucleare arricchendo uranio in quantità sufficiente per la possibile costruzione di armi nucleari. Da quando i media iraniani hanno annunciato che il leader avrebbe guidato la preghiera, cosa che accade in occasioni particolarmente significative e simboliche (l’ultima volta era stato a seguito della morte del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Qods dei Guardiani della rivoluzione islamica, ucciso in un bombardamento statunitense all’aeroporto di Baghdad il 3 gennaio 2020), ci si aspettava un discorso che avrebbe dettato la futura linea della Repubblica islamica.
Parlando dalla Grande moschea di Teheran, in arabo e con un fucile in mano, la guida ha affermato che “il pubblico di questo sermone è l’intero mondo islamico, ma è rivolto in particolare alla cara nazione del Libano e della Palestina”. L’ayatollah ha definito “legittimo” il lancio di missili contro Israele del primo ottobre, che Teheran considera una risposta all’uccisione di Nasrallah, del generale iraniano Abbas Nilforooshan e del capo dell’ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh ad opera dello Stato ebraico, così come ha difeso la legittimità dell’attacco del movimento palestinese del 7 ottobre. Khamenei ha affermato che le azioni di Israele hanno accresciuto la rabbia della Resistenza e hanno rafforzato le sue motivazioni, riferendosi al cosiddetto Asse della resistenza, ovvero a quei movimenti e milizie a vario titolo legate a Teheran e accomunate dall’opposizione allo Stato ebraico.
La guida ha esortato i combattenti libanesi e palestinesi affinché “lo spargimento di sangue non indebolisca la vostra forza” e ha affermato che la Resistenza nella regione non si tirerà indietro, poiché Israele “non vincerà mai contro Hezbollah e Hamas”. Lo Stato ebraico, che “rivendica la vittoria perpetuando assassinii e uccidendo civili”, “non ha più molto tempo”, ha sottolineato il rahbar (“guida”), aggiungendo che l’Iran “non precipiterà né ritarderà la sua risposta”. I paesi musulmani hanno un nemico comune e devono “allacciare la cintura di difesa dall’Afghanistan allo Yemen, dall’Iran a Gaza e al Libano”, ha continuato Khamenei, ribadendo che “ogni Paese ha diritto a difendersi”. La causa principale della guerra, dell’insicurezza e dell’arretratezza in questa regione, ha proseguito il leader, è “l’esistenza del regime sionista (Israele)” e la presenza di governi che “pretendono di cercare la pace e la tranquillità nella regione”.
A questo proposito Khamenei ha criticato anche gli Stati Uniti, la cui attenzione per la salvaguardia della sicurezza di Israele “è una copertura per la loro politica di monopolizzazione delle risorse della regione”. Infine, il leader iraniano ha reso omaggio alla “lotta di Hezbollah”, che ha “reso un grande servizio alla regione”, e al defunto segretario Nasrallah, che la guida ha definito “mio fratello” e “mio orgoglio”. “Siamo tutti rattristati e addolorati per il martirio del caro Sayyed (Hassan Nasrallah). È una grande perdita e siamo profondamente addolorati, ma il nostro lutto non significa depressione, angoscia e disperazione”, ha affermato Khamenei, sottolineando che, nonostante la sua morte “la sua vera personalità, la sua anima, il suo modo di fare e la sua voce espressiva sono ancora tra noi e saranno con noi per sempre”.