Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 09/10/2024
Una collaborazione culturale rafforzata
Cartagine e Roma, un tempo rivali, oggi sono unite dalla ricerca archeologica e dalla volontà di preservare e valorizzare il loro patrimonio comune: un rapporto che rafforza la collaborazione culturale tra Italia e Tunisia. Questo è il pensiero del professor Umberto Pappalardo, direttore del Centro internazionale studi pompeiani, che ha illustrato ad “Agenzia Nova” il significato di questo legame. Pappalardo, che insegna all’Université El Manar di Tunisi e ha insegnato all’Università di Napoli, è una figura di spicco nel campo dell’archeologia classica, con collaborazioni con università internazionali come Basilea, Tubinga, Tel Aviv e Tokyo. Mercoledì, terrà una lectio magistralis su “Terme e termalismo a Pompei ed Ercolano” presso la sala Guermadi della Facoltà di Scienze umane e sociali di Tunisi, ma il suo impegno in Tunisia va ben oltre la didattica. “La collaborazione tra Italia e Tunisia nel campo dell’archeologia classica ha radici profonde”, spiega Pappalardo.
Un esempio di questa cooperazione è l’acquisizione della collezione del grande punicologo Sabatino Moscati, oggi custodita nella Sala Sabatino Moscati accanto al Museo di Cartagena. “Moscati ha dato un enorme contributo allo studio di Cartagine, e la sua opera continua oggi con gli scavi ad Althiburos e il coordinamento di diverse missioni italiane in Tunisia, tra cui quella dell’Università di Roma La Sapienza”, aggiunge l’archeologo. Un altro pilastro della collaborazione è la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine, presieduta da figure di spicco come Attilio Mastino, ex rettore dell’Università di Sassari, e il punicologo Piero Bartoloni. “Ho proposto due progetti ai miei colleghi tunisini e al presidente Mastino”, racconta Pappalardo. “Il primo riguarda la sistemazione del cimitero punico di Cartagine, il parco archeologico dei Tophet, che manca di sussidi didattici sia per scolaresche che per turisti colti.
È necessario creare strumenti che permettano una comprensione approfondita del sito”. Il secondo progetto è legato al porto di Cartagine, un sito che, secondo Pappalardo, merita maggiore attenzione. “Il porto di Cartagine, in particolare l’isolotto del Cothon, era il centro della marineria cartaginese, una potenza navale che ha dominato il Mediterraneo per secoli e combattuto contro Roma”. Il porto è già stato oggetto di studi dell’Unesco e di numerosi paesi europei, tra cui l’Italia, ma Pappalardo propone una nuova visione: “È necessaria una sistemazione che trasformi il porto in un parco archeologico, con sussidi didattici e ricostruzioni virtuali che possano spiegare alle scolaresche, agli studenti e ai turisti la grandezza della marineria cartaginese, un tema spesso trascurato”. Oltre alla terraferma, l’archeologia in Tunisia sta guadagnando terreno anche sott’acqua.
La Fondazione Sebastiano Tusa, leader mondiale nel campo dell’archeologia subacquea, sta lavorando a una carta archeologica dei fondali marini tunisini. “Tusa aveva iniziato questo progetto prima della sua tragica scomparsa, e oggi la sua eredità continua a ispirare la ricerca subacquea”, sottolinea Pappalardo. Questa carta non sarà solo uno strumento scientifico, ma anche un potenziale veicolo di sviluppo turistico per i porti tunisini, molti dei quali sono già importanti mete turistiche. Una delle idee chiave di Pappalardo per valorizzare i siti archeologici della Tunisia è l’uso delle nuove tecnologie. “L’Italia è leader mondiale nella valorizzazione dei beni culturali, e possiamo applicare queste competenze anche in Tunisia”, afferma il professore.
Un esempio concreto è la creazione di allestimenti multimediali nei musei, accompagnati da strumenti digitali che offrano ricostruzioni virtuali e percorsi interattivi. “Immaginate un museo dedicato alla marineria cartaginese proprio nel Cothon, con tecnologie all’avanguardia per raccontare la storia di Cartagine ai visitatori di tutto il mondo”, suggerisce l’archeologo. Oltre a Cartagine, Pappalardo è un esperto delle terme romane, un tema su cui terrà la sua lectio magistralis a Tunisi. “Le terme non erano solo luoghi per fare il bagno, ma vere e proprie case del popolo”, spiega. “Pompei, ad esempio, una città di circa 20 mila abitanti, aveva almeno sette terme pubbliche. Le terme erano centri sociali, dove ci si incontrava per affari, svago e benessere”. Pappalardo evidenzia come le terme di Caracalla e Diocleziano a Roma o quelle di Antonino a Cartagine fossero tra le più grandi e imponenti dell’Impero, offrendo non solo bagni, ma anche scuole, biblioteche, tribunali e ospedali.