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Era la “Sala Mayor” del Castello angioino, voluta da Roberto D’Angiò ed affrescata da Giotto verso il 1330, con le raffigurazioni degli Uomini (e delle donne) illustri dell’antichità: Sansone, Ercole, Salomone, Paride, Ettore, Achille, Enea, Alessandro e Cesare, probabilmente con le loro “compagne”.

Il contenuto di questo ciclo di affreschi, purtroppo perduti, viene descritto dall’anonimo autore di una raccolta di sonetti, databili intorno al 1350 circa. Sotto il regno di Alfonso d’Aragona (1442-1458) la Sala fu rifatta ed ampliata dall’architetto maiorchino Guglielmo Sagrera, occupando solo in parte il sito della più piccola sala angioina.

Il solenne ambiente è il più celebre del Castello e viene chiamato “Sala dei Baroni” in quanto nel 1486 vi furono arrestati i baroni che avevano partecipato alla congiura contro Ferrante I d’Aragona, invitati dallo stesso re per festeggiare le nozze di sua nipote con il figlio del conte di Sarno.

Sulle nude pareti si innalza fino ad un’altezza di ventotto metri la stupenda volta, al cui centro, invece della tradizionale chiave, è posto un luminoso oculo, da cui si dipartono sedici costoloni in piperno che, raccordandosi ad altri elementi minori, creano un disegno stellare, evidenziando il contrasto cromatico tra il grigio dei costoloni, in piperno di Pozzuoli, ed il giallo delle pareti e delle volte in tufo. Alla base della copertura si sviluppa una galleria che si apre con otto finestre quadrate per ognuna delle soprastanti lunette.

Nel 1919 la struttura è stata danneggiata da un incendio che ha distrutto quasi tutte le decorazioni scultoree. Alla sinistra del portale d’ingresso si nota il marmoreo Portale bifronte, opera di Domenico Gagini, che metteva in comunicazione la Sala con l’appartamento dei re aragonesi. Sugli architravi, semidistrutti dall’incendio, vi sono due bassorilievi; in quello che guarda verso la Sala è raffigurato il Corteo trionfale di Alfonso, nell’altro l’Ingresso del Re nel Castello. Sulla parete settentrionale, attraverso un portale catalano molto rovinato, si accede alla Camera degli Angeli, detta così perchè era affrescata con scene raffiguranti angeli.

Nella parete verso il mare, tra le due finestre quadripartite da una croce in piperno, si apre un grande camino rettangolare sovrastato da due tribune destinate ai musici e decorate da due transenne, andate distrutte, e dal disegno flamboyant simile a quello del rosone della Cappella Palatina. Nell’angolo sud-est della Sala, attraverso una porta gotica, si accede alla spettacolare scala a chiocciola, attualmente inagibile, tutta in piperno, che, con andamento spiraliforme, dall’abside della Cappella Palatina conduce alla Sala dei Baroni ed alle terrazze superiori. L’ambiente è illuminato anche da un balcone detto “Trionfale” di cui è originale la base a forma di piramide rovesciata, ornata da finissimi intagli in pietra di Maiorca.

Il pavimento della Gran Sala era in maiolica invetriata bianca e azzurra, proveniente dalle fabbriche di Valencia. Attualmente la Sala viene adibita a sede delle riunioni del Consiglio Comunale.

testi di Rosalba Manzo – Fonte: Comune di Napoli

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