Niger: dopo il golpe avanza l’ipotesi di un ritiro dei militari francesi

Il “braccio di ferro” dura ormai da più di un mese e si è cristallizzato nel rifiuto della Francia di ritirare l’ambasciatore Sylvain Itté

La crisi che si sta consumando fra Parigi e la giunta golpista salita al potere in Niger lo scorso 26 luglio rende ancora più concreta la possibilità di un ritiro delle truppe francesi anche dal Paese saheliano, ultimo baluardo della strategia antijihadista francese in Africa. Il “braccio di ferro” dura ormai da più di un mese e si è cristallizzato nel rifiuto francese di ritirare l’ambasciatore Sylvain Itté, disconoscendo di fatto l’autorità golpista.  Lo scontro è reso palese an- che dalle ripetute e partecipate proteste con cui centinaia di sostenitori del golpe hanno prima assaltato l’ambasciata francese, quindi chiesto a gran voce lo smantellamento delle basi francesi (e statunitensi) presenti nel Paese per porre fine a quella che viene considerata come un’ingerenza nei fatti interni nigerini. Gli sviluppi del post golpe in Niger seguono, del resto, un copio- ne ormai noto dopo i colpi di Stato avvenuti di recente in Guinea, in Mali e in Burkina Faso, come dimostra anche l’interdizione delle attività delle Ong francesi ed internazionali nelle aree ritenute “operative” dal punto di vista militare nel contrasto al terrorismo.

L’ipotesi di un ritiro dei circa 1.500 uomini presenti a Niamey sembra dunque farsi di giorno in giorno sempre più probabile, specialmente dopo l’intervista rilasciata nel fine settimana al quoti- diano “Le Monde” dalla ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, la quale ha evocato l’impossibilità per Parigi di mantenere – nelle condizioni attuali – il suo supporto militare al Niger in termini di lotta al terrorismo e di addestramento dei militari locali. “Queste truppe sono lì su richiesta delle autorità (democratica- mente elette) del Niger, per sostenerle nella lotta contro i gruppi terroristici armati e per svolgere attività di addestramento. Oggi questa missione non può più essere garantita poiché non abbiamo più, di fatto, operazioni condotte congiuntamente con le forze armate nigerine”, ha dichiarato Colonna al quotidiano francese.

Negli ultimi tre anni, del re- sto, il confronto con le nuove giunte militari di Guinea, Mali e Burkina Faso ha costretto tre an- ni la Francia ad operare una significativa riduzione della sua presenza militare nel Sahel e a ritirare completamente gli effettivi dell’operazione Barkhane e della missione Takuba da Bamako e Ouagadougou, oltre che a ridurre significativamente quelli presenti a Conakry. Uno scenario che aveva già spinto molti osservatori a parlare di un tramonto definitivo della cosiddetta “Francafrique”, oggi reso ancora più evidente con gli ultimi sviluppi in Niger. Interpellata al riguardo, la ministra Colonna ha tuttavia tenuto a precisare che “la Francafrique è morta da molto tempo”. “Non è la Francia che fa e disfà le elezioni, sceglie i presidenti africani o conduce colpi di Stato”, ha detto la ministra, che in merito alla presenza del gruppo di mercenari russi Wagner nel continente ha definito la sua azione “di un’inefficacia totale nella lotta al terrorismo” e si è detta certa che la morte del fondatore, Evgenij Prigozhin, abbia provocato uno “shock considerevole” sulle sue attività.

Tuttavia, ha ammesso, “è ancora presto” per sapere quali saranno le conseguenze della sua scomparsa in vista di un’eventuale riorganizzazione del gruppo. Sul rifiuto di ritirare l’ambasciatore Itté, Colonna ha ribadito la posizione inflessibile già assunta dal presidente Emmanuel Macron. “È il nostro rappresentante presso le legittime autorità del Niger, accreditate come tali, e non dobbiamo obbedire alle ingiunzioni di un ministro che non ha legittimità, né per i Paesi della subregione, né per l’Unione africana, né per le Nazioni Unite, né per la stessa Francia. Questo spiega il mantenimento del nostro ambasciatore”, ha dichiarato ancora la ministra degli Esteri, garantendo che Parigi si sta “assicurando che (Itté) possa affrontare in sicurezza la pressione dei golpisti”. Il Quai d’Orsay aveva già ufficialmente respinto l’ordine di espulsione dell’ambasciatore, promulgato dai militari nigerini lo scorso 25 agosto, così come aveva fatto poi lo stesso Macron, convinto che questa fosse “la scelta politica giusta”.

Colonna, che a poche ore dal golpe aveva annunciato il congelamento da parte di Parigi di tutti gli aiuti allo sviluppo al Niger fino a quando Bazoum e “l’ordine costituzionale nigerino” non fossero stati ripristinati, non si è invece espressa esplicitamente sull’opzione di un intervento militare, caldeggiato dalla Comunità economica dei Paesi dell’Africa sub-sahariana (Cedeao). Sulla questione Parigi – che la ritiene un’opzione possibile in caso di fallimento diplomatico – non ha tuttavia ottenuto il sostegno sperato alla ministeriale Esteri dell’Unione europea tenuta il 31 agosto a Toledo, in Spagna, dove i ministri dei 27 si sono mostrati più propensi a predisporre un pacchetto di sanzioni mirate. La proposta avanzata dal governo dell’Algeria per un periodo di transizione di sei mesi guidato da un leader civile sembra, del resto, aver gettato acqua sul fuoco, sventando – almeno per il momento – un intervento militare.