AL CAIRO NESSUNA SVOLTA SU GAZA, CRESCE IL RISCHIO DI ESCALATION REGIONALE

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 27/08/2024

I risultati dei negoziati indiretti tenuti al Cairo nel fine settimana per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza confermano le difficoltà dei mediatori di Stati Uniti, Qatar ed Egitto nel colmare le distanze tra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas. Sullo sfondo del conflitto israelo-palestinese e delle minacce dell’Asse della resistenza guidata dall’Iran contro lo Stato ebraico – che si sono concretizzate in un primo massiccio attacco del partito sciita Hezbollah – non hanno infatti portato a un esito positivo i colloqui ripresi la scorsa settimana a Doha e proseguiti fino a ieri nella capitale egiziana. La delegazione israeliana capeggiata dal direttore del Mossad, David Barnea, è tornata in Israele al termine delle discussioni con il capo della Cia, William Burns, il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, e il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, per presentare un piano di tregua al premier Benjamin Netanyahu.

I negoziatori di Egitto, Usa e Qatar stanno lavorando in particolare per raggiungere un compromesso sulla presenza militare di Israele nel cosiddetto Corridoio di Filadelfia, zona cuscinetto di circa 14 chilometri tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Si tratta di uno dei maggiori nodi ancora da sciogliere per il raggiungimento di un accordo. Hamas, che non ha partecipato ai colloqui indiretti nonostante la presenza di una sua delegazione al Cairo, ha ribadito la richiesta di arrivare a un ritiro completo delle forze israeliane da tutta la Striscia di Gaza. Secondo il primo ministro dello Stato ebraico, Netanyahu, la presenza israeliana nel Corridoio di Filadelfia è fondamentale per impedire a Hamas di riarmarsi. Anche l’Egitto ha fatto sapere di essere contrario alla permanenza dei militari israeliani nella zona di confine. I mediatori starebbero pertanto cercando strade alternative per fermare le ostilità nella Striscia di Gaza, anche solo temporaneamente.

Secondo quanto riferito dal quotidiano panarabo con sede a Londra di proprietà qatariota “Al Araby al Jadeed”, è stata presentata una nuova proposta che prevede un accordo parziale per una prima fase del cessate il fuoco. I negoziati sui restanti aspetti di un accordo globale verrebbero invece condotti in una fase successiva, alla luce del rifiuto di Israele di ritirarsi completamente da Gaza o di impegnarsi per un cessate il fuoco definitivo. Il movimento islamista palestinese, da parte sua, ha rinnovato alle parti l’appello per impegnarsi a rispettare il piano del presidente statunitense Joe Biden concordato lo scorso 2 luglio, senza tenere conto delle “nuove richieste israeliane”. Mentre dal punto di vista diplomatico prosegue lo stallo nei colloqui, nella regione del Medio Oriente continua a crescere il timore per un allargamento della guerra.

I colloqui al Cairo si sono tenuti poche ore dopo la “prima fase” della rappresaglia di Hezbollah contro Israele per la morte dell’alto comandante Fouad Shukr, ucciso in un raid nella periferia sud di Beirut lo scorso 30 luglio. All’alba di domenica, il partito sciita libanese filo-iraniano ha annunciato di aver lanciato oltre 320 razzi e decine di droni contro basi e siti militari dello Stato ebraico. Le Forze di difesa di Israele (Idf), che da parte loro hanno segnalato 210 razzi e circa 20 droni provenienti dal sud del Libano, hanno fatto sapere che l’attacco non ha provocato danni. Poco prima dell’avvio della rappresaglia, Israele ha lanciato sulla base di informazioni dell’intelligence un raid aereo preventivo per scongiurare un attacco su vasta scala, impiegando circa 100 caccia dell’Aeronautica che hanno preso di mira 40 zone del sud del Libano, distruggendo migliaia di lanciatori di razzi e missili. Secondo fonti della sicurezza israeliana, uno degli obiettivi – falliti, secondo le Idf – del gruppo sciita filo-iraniano era la base di Gliot, situata nei pressi di Herzliya, a nord di Tel Aviv, dove si trovano il quartier generale del Mossad e diverse unità del corpo d’elite dell’intelligence.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, durante una riunione del governo ha tuttavia sottolineato che il raid preventivo lanciato nel sud del Libano per scongiurare un attacco su larga scala “non è la fine della storia”. “Hezbollah ha cercato di attaccare lo Stato di Israele con razzi e droni. Abbiamo ordinato alle Forze di difesa (Idf) di effettuare un potente attacco preventivo per eliminare la minaccia”, ha spiegato Netanyahu. “Le Idf hanno distrutto migliaia di razzi a corto raggio che erano mirati a danneggiare i nostri cittadini e le nostre forze”, ha aggiunto il primo ministro, precisando che “sono stati anche intercettati tutti i droni che Hezbollah ha lanciato contro obiettivi strategici del Paese”. “Israele sta colpendo Hezbollah in modo sorprendente e schiacciante”, ha affermato Netanyahu. Hezbollah ha reso noto, da parte sua, di aver “completato con successo” la “prima fase” della rappresaglia.

Il segretario generale del partito sciita, Hassan Nasrallah, in un discorso televisivo non ha escluso ulteriori attacchi con Israele, che “ha superato tutte le linee rosse” con l’attacco che lo scorso 30 luglio ha colpito la periferia sud di Beirut “uccidendo civili, tra cui donne e bambini, e l’alto comandante militare Fouad Shukr”. Il ritardo della rappresaglia contro lo Stato ebraico “è stato dovuto alla mobilitazione militare israeliana e statunitense nella regione”, ha spiegato Nasrallah, osservando tuttavia che le lunghe tempistiche “sono state di per sé una punizione per il nemico”, rimasto in uno “stato di ansia” per circa un mese. Il leader del partito sciita libanese filoiraniano ha aggiunto che per la rappresaglia “si stava aspettando di capire l’esito dei colloqui per il cessate il fuoco” nella Striscia di Gaza”. Inoltre, ha spiegato Nasrallah, “l’asse della resistenza” guidato dall’Iran doveva valutare “se attaccare separatamente o in modalità congiunta”, dopo l’uccisione del capo dell’ufficio politico del movimento islamista palestinese Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuta a Teheran lo scorso 31 luglio, e il precedente bombardamento israeliano del porto yemenita di Hodeidah controllato dal gruppo Houthi. “Abbiamo deciso di reagire individualmente per ragioni che saranno comprese col tempo”, ha affermato Nasrallah.

Dopo la raffica di razzi lanciata contro Israele, l’Asse della resistenza ha elogiato Hezbollah, promettendo nuovi attacchi contro lo Stato ebraico. Secondo quanto affermato su X dal portavoce del ministero degli Esteri dell’Iran, Nassar Kanaani, “il regime sionista (Israele) può essere in grado di nascondere, distorcere o censurare alcuni fatti riguardanti l’operazione di Hezbollah in Libano, ma sa molto bene che i fatti non cambieranno”. “Il mito dell’invincibilità delle forze israeliane è diventato da tempo uno slogan vuoto e ora deve difendersi da attacchi strategici”, ha dichiarato Kanaani. E intanto ieri è giunto a Teheran il premier e ministro degli Esteri del Qatar, Muhammad bin Jassim Al Thani. La comunità internazionale, sulla base degli ultimi sviluppi, segue con apprensione l’evoluzione della situazione in Medio Oriente. La necessità della de-escalation è stata al centro di un colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri Antonio Tajani e l’omologo iraniano Abbas Araghchi avvenuto domenica 25 agosto. “Ho fatto appello alla moderazione e ad adottare un approccio costruttivo, per interrompere il ciclo di azioni militari nella regione che rischia solo di portare più sofferenza”, ha dichiarato Tajani. “È importante che l’Iran eserciti una funzione moderatrice nei confronti di Hezbollah per scongiurare una escalation al confine tra Libano e Israele, dove operano i militari italiani del contingente Unifil, e nei confronti degli Houthi per evitare un aumento delle tensioni nella zona del Mar Rosso, dove l’Italia svolge un ruolo di primo piano nella missione Aspides”, ha aggiunto il ministro. “L’Italia sostiene tutti gli sforzi di mediazione in corso, tesi a raggiungere il cessate il fuoco a Gaza, essenziale per favorire la de-escalation nella regione, la liberazione degli ostaggi e l’accesso umanitario”, ha inoltre affermato Tajani.