Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 07/11/2023
TENSIONI DIPLOMATICHE
Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha oncluso ieri ad Ankara il suo tour diplomatico in Medio Oriente, il secondo dopo l’inizio della guerra a Gaza.
Reduce dalle tappe in Israele e in Giordania e da quelle non annunciate in Cisgiordania e in Iraq, il capo della diplomazia di Washington è stato ricevuto dal ministro degli Esteri Hakan Fidan, con il quale si è confrontato per circa due ore sugli sforzi che gli Stati Uniti stanno compiendo per evitare che il conflitto in corso si estenda ad altre parti della regione, per garantire l’accesso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e per tracciare il percorso di una possibile “pace sostenibile” tra israeliani e palestinesi. Al termine dell’incontro Blinken e Fidan non hanno tenuto una conferenza stampa congiunta. Il segretario di Stato ha avuto invece un breve confronto con i giornalisti al seguito, ai quali si è detto fiducioso sia per la consegna di aiuti umanitari a Gaza, che dovrebbe crescere “in maniera significativa già nei prossimi giorni”, sia per possibili interruzioni dell’offensiva di terra condotta in questi giorni da Israele nella Striscia, un punto sul quale, tuttavia, non è ancora giunta alcuna apertura da parte delle autorità dello Stato ebraico. Nonostante l’ottimismo manifestato nel punto stampa, l’impressione è che Blinken sia stato accolto in Turchia con grande freddezza, se non addirittura con ostilità.
Ad Ankara, all’esterno della sede del ministero degli Esteri, circa 150 manifestanti filo-palestinesi protestavano contro il sostegno degli Stati Uniti a Israele. Il giorno prima l’organizzazione non governativa turca Humanitarian Relief Foundation (Ihh) ha organizzato una dimostrazione all’esterno della base militare Usa di Incirlik, nella provincia meridionale di Adana, è stata dispersa dalla polizia in assetto anti-sommossa. Anche a Istanbul, al parco Sarachane, manifestanti hanno esposto un cartello che recita “Blinken, complice del massacro, via dalla Turchia”, con un’immagine del segretario di Stato al fianco del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Soprattutto, Blinken non è stato ricevuto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha deciso invece di confermare una visita in programma nell’estremo nord-est del Paese. Una mossa attraverso la quale, secondo molti osservatori, Erdogan ha voluto snobbare platealmente il rappresentante statunitense in visita, confermando una linea politica anti-israeliana che nel corso delle ultime settimane ha assunto toni sempre più accesi e perentori A partire dallo scorso 7 ottobre, data d’inizio della crisi a Gaza, Erdogan ha criticato duramente gli Stati Uniti per l’invio della portaerei Gerald Ford nel Mediterraneo orientale e per la cooperazione con le forze curde nel nord-est della Siria, ha definito il gruppo islamista Hamas “un movimento di liberazione nazionale” e non un’organizzazione terroristica, ha richiamato il proprio ambasciatore in Israele, Sakir Ozkan Torunlar, e ha tagliato ogni contatto con il premier Netanyahu. “Una volta che tutto questo sarà finito – ha detto il leader turco alla vigilia dell’arrivo ad Ankara di Blinken – vogliamo vedere Gaza come parte di uno Stato palestinese indipendente, in linea con i confini del 1967, con una sua integrità territoriale e Gerusalemme est come capitale”.
Il presidente turco, insomma, sembra aver colto l’occasione offerta dal conflitto in Medio Oriente per segnare ancor più la distanza dagli Stati Uniti. I due Paesi, pur entrambi membri della Nato, hanno del resto ancora aperte una lunga serie di questioni che continuano a intorpidire le relazioni bilaterali. Gli Stati Uniti premono perché il parlamento turco acceleri il processo di ratifica dell’adesione della Svezia all’Alleanza atlantica (anche su questo punto Blinken si è detto ieri ottimista) e continuano a varare sanzioni contro individui e compagnie turche accusate di esportare in Russia tecnologie utili a sostenere lo sforzo bellico di Mosca in Ucraina. Dall’altra parte, la Turchia chiede al Congresso Usa di approvare un accordo da 20 miliardi di dollari già concluso per l’acquisizione di 40 nuovi caccia F-16 e contesta il sostegno di Washington alle Unità di difesa popolare (Ypg), il movimento curdo nel nord della Siria che gli Stati Uniti considerano da anni un irrinunciabile alleato nella lotta ai jihadisti dello Stato islamico e che Ankara, invece, considera il ramo siriano del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). “Naturalmente non siamo d’accordo su tutto, ma ci sono visioni comuni su alcune delle questioni imperative di questo momento sulle quali stiamo lavorando insieme”, ha affermato Blinken ieri al termine del suo incontro con Fidan. Secondo l’emittente “Al Jazeera”, di base in Qatar e vicina alla leadership turca, i punti di contatto tra i due sono stati in realtà ben pochi. “Gli Stati Uniti hanno cercato di convincere la Turchia a fare più pressione su Hamas per ottenere il rilascio degli ostaggi.
Ma la posizione turca è rimasta ferma: il rilascio dei prigionieri deve essere reciproco, e Israele dovrebbe contestualmente liberare detenuti palestinesi. La Turchia ha anche chiesto un cessate il fuoco senza condizioni e ha proposto un meccanismo internazionale a tutela della tregua, di cui Ankara si farebbe garante. Blinken non ha mai menzionato un cessate il fuoco, ha parlato di pausa umanitaria e la Turchia gli ha detto che non è abbastanza”, si legge nel resoconto dell’emittente satellitare. Sulle trattative per il rilascio degli ostaggi, però, il capo della diplomazia Usa ha insistito anche durante il punto stampa, sottolineando come altri Paesi non meglio precisati potrebbero avere “un ruolo importante” nelle trattative. La tappa di Ankara conclude un tour mediorientale che per il segretario di Stato Usa si è rivelato, forse, ancor più difficile del primo, quello tra il 12 e il 18 ottobre scorsi. In Israele Blinken ha chiesto senza successo che le Forze di difesa israeliane (Idf) mettano periodicamente in pausa l’offensiva di terra in corso nella Striscia per consentire l’afflusso di aiuti umanitari e l’organizzazione di negoziati per il rilascio degli ostaggi. A Ramallah, dove pure è stato accolto da proteste, Blinken ha avuto un incontro con il presidente palestinese Mahmoud Abbas al termine del quale non è stato rilasciato pubblicamente alcun commento. Particolarmente aspri sembrano essere stati anche i toni dell’incontro di ieri a Baghdad con il primo ministro iracheno, Mohammed Shia al Sudani, invitato dal segretario di Stato a individuare e punire i responsabili degli attacchi che nelle ultime settimane hanno preso di mira le forze statunitensi di stanza in Iraq. Azioni che “violano la sovranità nazionale”, ha detto Blinken, atteso a Tokyo, in Giappone, dove oggi e domani parteciperà alla riunione ministeriale del G7. Successivamente, il segretario di Stato Usa è atteso in Corea del Sud e in India.