Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 31/08/2024
Gli uomini della brigata paramilitare russa “Bear” stanno lasciando il Burkina Faso per dare man forte alla difesa di Mosca contro l’offensiva lanciata dall’Ucraina lo scorso 6 agosto nella regione di Kursk. “In relazione ai recenti eventi, la brigata sta tornando in Crimea”, ha dichiarato su Telegram il comandante della brigata, Viktor Yermolaev, precisando poi al quotidiano francese “Le Monde” che gli uomini si dirigeranno al campo base di Perevalne, situato in Crimea. Per il comandante, l’unità “non ha alcun legame con il ministero della Difesa russo”, ma “quando il nemico arriva sul nostro territorio russo, tutti i soldati russi dimenticano i problemi interni e si uniscono contro il nemico comune”. Nonostante le dichiarazioni di indipendenza dal Cremlino, diversi contatti sono stati registrati con i vertici russi e lo scorso 5 aprile il viceministro della Difesa Junus-bek Evkurov è stato personalmente in visita al campo di Perevalne, dimostrando il suo sostegno ai combattenti. In una dichiarazione ad un’emittente locale, Yermolaev ha assicurato che la brigata tornerà in Burkina Faso “una volta cacciato il nemico dalla nostra terra”. “Andremo fino in fondo con l’operazione speciale, (combatteremo) fino all’ultimo nemico. Questa è la nostra strada”, ha dichiarato.
Arrivati a Ouagadougou a maggio, i circa 100 uomini della brigata Bear venivano a rafforzare la presenza di militari russi – oltre 200 – nel Paese africano, retto dal settembre del 2022 dalla giunta del capitano Ibrahim Traoré, amico di Mosca. Con il loro ritiro, Ouagadougou perde una garanzia importante per lo stesso capitano ed altri vertici della giunta, che i “Bear” erano delegati a proteggere garantendone la sicurezza personale. Il loro ritiro avviene nel quadro di malumori registrati nelle fila dell’esercito e di una spietata offensiva da parte di gruppi armati affiliati ad al Qaeda: è il caso, in particolare, del Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim), autore la scorsa settimana di un vero e proprio massacro nel villaggio di Barsalongho, nel nord del Paese, che ha provocato non meno di 200 morti e 300 feriti. Poche ore dopo, nel vicino villaggio di Koumla, uomini armati hanno attaccato una chiesa cattolica ed ucciso 26 civili. Dopo aver cacciato donne e bambini, gli aggressori hanno legato gli uomini e proceduto ad esecuzioni sommarie, quindi hanno dato alle fiamme case e proprietà, fuggendo poi con diversi capi di bestiame. Decine di persone sono fuggite dal villaggio dopo l’attacco, cercando rifugio nella vicina località di Sanaba, più a sud. Lo scorso 25 febbraio un altro attacco contro fedeli di fede cattolica aveva preso di mira una chiesa a Essaka, nel nord del Burkina Faso, durante la messa della domenica. Almeno 15 persone sono state uccise ed altre due sono rimaste ferite.
Il clima di sospetto generato dal contesto ed il timore di ripercussioni personali avevano spinto già a fine giugno il capitano Traoré a chiedere sostegno per la sua sicurezza ai Paesi amici. A difendere la sua persona, ha rivelato allora l’emittente “Rfi”, sono arrivati nella capitale Ouagadougou tra gli 80 e i 120 militari maliani e mercenari russi, presumibilmente già parte dei Bear. A luglio, il leader militare burkinabé ha dichiarato di possedere “le prove” dell’esistenza di un centro operativo in Costa d’Avorio che mira a destabilizzare la sua giunta, e di “basi francesi” in Benin per formare ed equipaggiare militari pronti ad effettuare azioni “contro di noi”. Nel 2023 la giunta al potere in Burkina Faso ha speso circa 1 miliardo di dollari (oltre 600 miliardi di franchi Cfa) per l’acquisto di attrezzature militari. La vicenda dell’arresto di un agente francese riconvertito alla sicurezza privata, risalente al 12 agosto ed ancora in corso, aggiunge altri elementi al clima di diffidenza e sospetto che regna in Burkina Faso. Ex legionario, l’uomo è stato arrestato il 12 agosto a Ouagadougou per un’irregolarità nel visto di ingresso nel Paese ma è sospettato di lavorare per i servizi segreti francesi: accuse che nei palazzi di Parigi è stata smentita, seppur non ufficialmente. Il suo caso si aggiunge alla detenzione, tuttora in corso, di quattro agenti francesi della Direzione generale della Sicurezza esterna (Dgse), arrestati all’inizio di dicembre 2023 a Ouagadougou con l’accusa di spionaggio e per i quali le trattative avviate da Parigi non hanno ad oggi sortito alcun effetto.