Ciad, a N’Djamena torna la calma la tensione resta, ucciso l’oppositore Dillo

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 01/03/2024

A far rientrare la situazione, almeno per il momento, è stata un’operazione di repressione condotta dalle forze di sicurezza ciadiane contro la sede del Partito socialista senza frontiere (Psf), il cui leader Yaya Dillo è stato ritenuto la mente dei disordini scoppiati nella capitale

Sembra essere tornata la calma nella capitale del Ciad, N’Djamena, dopo una giornata di estrema tensione caratterizzata da duri scontri in pieno centro che avevano fatto temere un possibile colpo di Stato. A far rientrare la situazione, almeno per il momento, è stata un’operazione di repressione condotta dalle forze di sicurezza ciadiane contro la sede del Partito socialista senza frontiere (Psf), il cui leader Yaya Dillo è stato ritenuto la mente dei disordini scoppiati nella capitale. La sorte dell’oppositore è stata incerta per diverse ore, fino a quando il procuratore generale presso l’Alta Corte di N’Djamena, Oumar Kedellaye, non ha confermato oggi la sua morte nel corso di una conferenza stampa.

Secondo lo stesso magistrato, gli scontri avvenuti ieri avrebbero inoltre provocato “decine di feriti e di morti” e l’arresto di altre 26 persone. Il ministero della Pubblica sicurezza ha fatto sapere, da parte sua, che l’operazione si è ormai conclusa e ha confermato per ora l’arresto di un numero non precisato di esponenti dell’opposizione, parlando di un militare lievemente ferito. Una versione che al momento non è possibile confermare, nemmeno a livello di bilancio, a causa del taglio della rete Internet mobile e di diversi operatori telefonici. Sembrano comunque rientrate le voci di un possibile colpo di Stato in atto, che si erano rincorse dopo che fonti citate dal sito “Tchad One” avevano parlato di un gruppo di militari diretto verso il palazzo presidenziale nel tentativo di prenderne il controllo.

Durante la giornata di ieri, per quasi un’ora i soldati hanno forzato con le armi l’ingresso di un edificio nel quartiere di Klemat, provocando numerose esplosioni. Sempre nella serata di ieri, poi, si era diffusa la notizia dell’arresto del generale Saleh Deby Itno, zio dell’attuale presidente di transizione, Mahamat Deby, e ritenuto – insieme a Dillo – una delle menti dei disordini. Tutto è iniziato nella serata di martedì 27 febbraio, quando il governo ha accusato l’oppositore Dillo e i suoi seguaci di essere i mandanti di un presunto tentativo di assassinio del presidente della Corte suprema, Samir Adam Annour, sebbene Dillo abbia negato ogni collegamento con quell’attacco, che ha descritto come “organizzato”.

Da parte sua, il Psf ha accusato i servizi segreti di aver ucciso Abakar Torabi, il vicesegretario nazionale alle Finanze del partito, sempre in relazione al presunto tentato omicidio di Annour. È con queste premesse che, nella notte tra martedì e mercoledì, i sostenitori del Psf – guidati da Dillo – hanno assaltato la sede del Agenzia per la sicurezza nazionale dello Stato (Anse, l’agenzia d’intelligence), provocando “diversi morti”, secondo quanto denunciato dal ministro delle Comunicazioni in un comunicato.

Le autorità hanno quindi hanno annunciato l’arresto di un numero non precisato di membri del Psf, tra cui lo stesso Dillo, prima che la sua morte venisse confermata. Quest’ultimo era già finito nel mirino della giunta militare guidata dal generale Deby, figlio dello storico presidente Idriss Deby. Dopo una lunga storia di resistenza al fianco di Idriss Deby, Dillo era infatti passato all’opposizione dopo aver perso la madre in un raid dell’esercito avvenuto il 28 febbraio 2021 contro la sua abitazione, in quanto accusato di complottare contro il governo. Divenuto leader del Psf e, nell’ultimo periodo, islamista radicale, Dillo – che appartiene pure al clan Zaghawa, il gruppo etnico al potere in Ciad dal 1990 – aveva così annunciato la sua intenzione di candidarsi alla presidenza e di sfidare Mahamat Deby alle elezioni generali del prossimo 6 maggio, che dovrebbero mettere fine al periodo di transizione iniziato con la morte di Deby padre, avvenuta per mano dei ribelli nell’aprile 2021.

Quanto allo zio di Mahamat e fratello del defunto Idriss, Saleh, figura anch’egli tra gli oppositori dell’attuale leader di transizione. Dopo la decisione del Movimento di salvezza patriottica (Mps) – il partito fondato nel 1990 da Idriss Deby Itno – di candidare Mahamat alle presidenziali del 6 maggio, Saleh aveva infatti aderito di recente al Psf, aprendo alla possibilità di diventare un potenziale avversario elettorale di suo nipote. I rapporti tra i due si erano in ogni caso già deteriorati da tempo. Sospettato di cospirazione contro il capo della giunta, Saleh era stato oggetto di un tentativo di cattura già lo scorso 4 febbraio, quando le forze dell’intelligence e della polizia antisommossa hanno circondato casa sua. Nel frattempo il primo ministro Succes Masra, che attualmente si trova in visita negli Stati Uniti, ha annunciato il proprio sostegno al presidente Mahamat Deby alla luce di quanto accaduto il 28 febbraio.

“In questi momenti sfortunati e dolorosi che stanno minando la nostra pace e la coesione nazionale, vorrei esprimere il mio sostegno totale e incondizionato al capo dello Stato, alle nostre forze di difesa e sicurezza, alle nostre istituzioni repubblicane”, ha scritto Masra su X (ex Twitter), invitando alla calma e a proseguire il cammino “per costruire un Ciad di giustizia e uguaglianza, un Ciad riconciliato, un Ciad per tutti con tutti”. Nominato premier a gennaio, Masra è un ex leader di opposizione e presidente del partito dei Trasformatori che si era opposto fermamente ai governanti militari saliti al potere nell’aprile 2021 dopo la morte di Idriss Deby Itno, ucciso dai ribelli dopo aver guidato il Paese per 30 anni. Nel referendum che si è svolto a fine dello scorso anno per l’introduzione di una nuova Costituzione, che ha visto la netta affermazione dei “sì” con l’86 per cento,Masra aveva però esortato i sostenitori a votare a favore della proposta della giunta, sostenendo che l’adozione della Carta avrebbe accelerato la fine della transizione, opponendosi a chi esortava a boicottare il voto.

Masra era fuggito dal Ciad poco dopo che, nell’ottobre del 2022, decine di persone erano state uccise in una repressione delle proteste contro i governanti militari, contestando la loro decisione di prolungare di altri due anni la transizione di 18 mesi. Secondo le autorità, nelle proteste sono state uccise circa 50 persone, ma i partiti di opposizione e le organizzazioni non governative parlano di una cifra compresa tra le 100 e le 300 persone. In vista delle elezioni presidenziali del 6 maggio, intanto, l’organizzazione non governativa Human Rights Watch (Hrw) ha accusato la giunta al potere in Ciad di aver rimosso dalla sua posizione il presidente della Commissione nazionale per i diritti umani (Cndh), Mahamat Nour Ahmat Ibedou, definendolo un “duro colpo” per il Paese che si appresta a tenere le elezioni presidenziali.