Cirielli: «La Libia chiede l’aiuto dell’Italia per gestire i flussi migratori»

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 16/02/2024

Il viceministro: «Noi cerchiamo di scongiurare una divisione del Paese. Lavoriamo alacremente per arrivare a regole condivise per consentire le elezioni, con un decentramento del potere e una forte autonomia dei territori. Noi vogliamo una Libia unita, sono altri che vogliono obiettivi diversi»

La Libia chiede l’aiuto dell’Italia per gestire i flussi migratori nel “rispetto degli standard umanitari”, ma è fortemente colpita dal traffico di esseri umani, un fenomeno dal quale traggono profitto “organizzazioni mafiose potentissime in grado di destabilizzare il Paese”. Lo afferma ad “Agenzia Nova” il vice ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Edmondo Cirielli, che proprio mercoledì si è recato in missione in Libia insieme al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.

Si è trattato della seconda visita in Nord Africa in meno di due settimane, dopo il viaggio ad Algeri del 2 febbraio scorso. Cirielli e Piantedosi hanno incontrato a Tripoli il responsabile degli Affari esteri incaricato del Governo di unità nazionale (Gun) libico, Al Taher Salem al Baour, e il ministro dell’Interno, Imad Trabelsi. “Abbiamo trovato grande disponibilità nei confronti del governo italiano, che viene visto come il tramite principale verso l’Unione Europea e in generale verso il mondo occidentale”, afferma Cirielli. Gli interlocutori libici, aggiunge il vice ministro, “hanno voluto ringraziare la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per aver messo al centro dell’agenda dell’Ue e del G7 la questione africana e del Mediterraneo, per l’iniziativa dei Med Dialogues e per tenere sempre alto l’impegno per lo sviluppo e di stabilità di tutta l’area mediterranea”. Secondo una nota diffusa ieri dal ministero dell’Interno libico, il problema dell’immigrazione clandestina in Libia rischia di peggiorare e l’Italia dovrebbe offrire il suo “sostegno nello sviluppo della capacità della polizia, sia attraverso corsi di formazione che attraverso supporto tecnico”.

Una richiesta di aiuto confermata anche dal vice ministro Cirielli. “Ci hanno chiesto una mano per la gestione del fenomeno migranti. Loro sono sostanzialmente un Paese di transito, ma chiaramente sono investiti in maniera massiccia dalla presenza di immigrati irregolari. Attualmente, data la confusione politica e la divisione di fatto tra est e ovest, la gestione dei migranti è poco statualizzata. Il ministro dell’Interno si è detto disponibile, con l’aiuto dell’Italia e dell’Ue, a una gestione anche diretta del fenomeno in linea con gli standard umanitari e giuridici sostenuti da Italia e Europa”, afferma Cirielli. Secondo Cirielli, “allo stato attuale la situazione per i migranti non è delle migliori, ma la Libia subisce questo fenomeno”. Non aiuta, ovviamente, la grave crisi politica da anni in corso nell’ex Jamahiriya di Muammar Gheddafi.

“Di fatto c’è una bipartizione tra est e ovest, con più di due attori attivi sul terreno. Noi cerchiamo di scongiurare una divisione del Paese. Lavoriamo alacremente per arrivare a regole condivise per consentire le elezioni, con un decentramento del potere e una forte autonomia dei territori. Noi vogliamo una Libia unita, sono altri che vogliono obiettivi diversi”, aggiunge il viceministro. Dal febbraio 2022, la Libia è sostanzialmente divisa in due coalizioni politiche e militari rivali: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla Comunità internazionale e appoggiato soprattutto dalla Turchia; dall’altra il Governo di stabilità nazionale, di fatto un esecutivo parallelo basato in Cirenaica. Per uscire dallo stallo politico, l’inviato dell’Onu Bathily ha lanciato diverse iniziative per tenere elezioni “libere, inclusive e trasparenti”, ma allo stato attuale non si registrano progressi sostanziali. Nel Paese vige ora una stabilità parziale, basata su un implicito accordo tra due potenti famiglie: i Dabaiba e gli Haftar al potere rispettivamente a Tripoli (ovest) e a Bengasi. Intanto, il Governo di unità nazionale sta lavorando a una riforma per la regolarizzazione della manodopera straniera. Un passo che sembra preludere a un approccio inedito e sistemico alle migrazioni da parte delle autorità libiche, ovvero all’integrazione della manodopera straniera all’interno dell’economia nazionale, andando oltre al mero approccio di polizia. “I libici ci hanno spiegato che sono disposti a dare lavoro e a stabilizzare molti migranti, ma hanno bisogno dell’aiuto della cooperazione dell’Italia nel campo della formazione della manodopera. Ci hanno spiegato che è possibile stabilizzare fino a 500 mila persone”, aggiunge ancora Cirielli.

Un altro capitolo della cooperazione tra Italia e Libia riguarda i rimpatri volontari assistiti e l’apertura di corridoi umanitari. Sul primo punto, Cirielli cita la collaborazione in essere con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che però ha risorse e capacità limitate. “I libici vorrebbero potenziarla, ma hanno bisogno di una mano. Si ritrovano a gestire un’emergenza senza le risorse per gestirla, mancano banalmente anche i generi di prima necessità. Per questo vorrebbero una maggiore cooperazione con noi. Ci hanno chiesto aiuto anche per l’immigrazione clandestina verso il loro Paese. Ci hanno segnalato che bande criminali organizzate, grazie alla tratta di esseri umani, stanno diventando delle organizzazioni mafiose potentissime in grado di destabilizzare la Libia”, sottolinea il vice ministro.

Sui corridoi umanitari, è opportuno ricordare la firma, lo scorso 22 dicembre, di un nuovo protocollo d’intesa tra ministero dell’Interno, ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), Arci, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) e Inmp, che permetterà a 1.500 rifugiati e persone, che necessitano di protezione internazionale, di essere evacuati dalla Libia all’Italia nell’arco di tre anni.

“Il vero tema è la gestione del canale umanitario. Loro vorrebbero una maggiore disponibilità dell’Italia e dell’Europa sulla gestione economica, che attualmente grave sulle loro spalle, trovandosi a gestire il fenomeno direttamente. E’ una questione, oltre che finanziaria, anche organizzativa. Noi siamo andati a registrare le loro necessità. Ho trovato un clima sicuro e stabile, con un grande apprezzamento degli italiani sul territorio. La nostra ambasciata fa un grande lavoro”, conclude il vice ministro.