COLLOQUI DI DOHA, LA TREGUA A GAZA È ANCORA RINVIATA

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 17/08/2024

I colloqui per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza si sono conclusi ieri a Doha. Una dichiarazione congiunta dei mediatori – Qatar, Egitto e Stati Uniti – precisa che i negoziatori dovrebbero incontrarsi di nuovo entro la fine della prossima settimana, con la speranza di raggiungere un accordo entro venerdì 23 agosto.

Nella nota si legge che gli Usa hanno aggiornato la proposta di intesa presentata a maggio, con l’obiettivo di colmare la distanza tra le posizioni di Israele e del movimento islamista palestinese Hamas (che non ha partecipato direttamente ai colloqui a Doha). “La proposta presentata dagli Stati Uniti si basa sui punti di accordo raggiunti nell’ultima settimana e colma le lacune rimanenti, in modo tale da consentire una rapida attuazione dell’accordo”, si legge nel comunicato congiunto.

I mediatori sottolineano che nei prossimi giorni continueranno a “lavorare sui dettagli della proposta di cessate il fuoco presentata e ne discuteranno ulteriormente i dettagli, comprese le questioni relative agli ostaggi (di Hamas) e ai prigionieri palestinesi”. La dichiarazione dei tre paesi si conclude affermando: “La strada è ora tracciata per ottenere questo risultato, salvare vite umane, portare sollievo alla popolazione di Gaza e allentare le tensioni regionali”.

Si apre così uno spiraglio per la possibile risoluzione del conflitto iniziato il 7 ottobre scorso in seguito all’attacco del movimento islamista palestinese Hamas contro lo Stato ebraico e all’operazione delle Forze di difesa di Israele (Idf), che finora ha ucciso più di 40 mila persone nella Striscia di Gaza.

L’avanzare dei negoziati riaccende inoltre la speranza di placare l’escalation regionale e di spezzare il cerchio di rappresaglie annunciato dall’Iran e da Israele. La tensione è salita dopo l’uccisione a fine luglio, nel giro di 48 ore, di un alto comandante del partito libanese filo-iraniano Hezbollah, Fouad Shukr, e del capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh.

L’eliminazione del leader islamista – ad oggi non rivendicata da Israele – è avvenuta nella capitale iraniana Teheran, poche ore dopo la cerimonia di insediamento del presidente della Repubblica islamica, Masoud Pezeshkian. Le autorità iraniane, dalla guida suprema Ali Khamenei ai ministri e ai generali dei Guardiani della rivoluzione islamica (pasdaran), hanno promesso una dura risposta, che ha portato la comunità internazionale a temere un’espansione regionale del conflitto con conseguenze fuori controllo.

Finora Teheran e i suoi alleati del cosiddetto Asse della resistenza hanno rimandato la rappresaglia, fino al punto da lasciare intuire che se i colloqui dovessero portare a un accordo sul cessate il fuoco a Gaza l’Iran potrebbe desistere dai suoi propositi di contrattacco.

Tuttavia, da Israele arrivano anche segnali opposti. Infatti, secondo quanto emerso da un rapporto discusso ieri durante una riunione del gabinetto di sicurezza, la rappresaglia iraniana sarebbe stata solo posticipata, sebbene ci siano poche certezze sulle modalità. Infatti, secondo indiscrezioni rilanciate dalla stampa ebraica, la rappresaglia potrebbe prendere di mira ministri e alti funzionari dell’intelligence o delle Forze armate israeliane, senza includere il lancio di missili e droni come avvenuto lo scorso aprile.

Nella notte tra il 13 e il 14 aprile, Teheran aveva attaccato Israele con centinaia di missili (quasi tutti intercettati dal sistema di difesa israeliano Iron Dome) dopo che le forze dello Stato ebraico avevano ucciso Mohammad Reza Zahedi, un importante comandante dei Guardiani della rivoluzione islamica (pasdaran) con un raid al consolato iraniano a Damasco, in Siria.

Resta inoltre ancora da vedere la reazione ufficiale di Hamas di fronte al nuovo round di negoziati che si è concluso ieri. In precedenza, il movimento palestinese aveva fatto sapere che non si sarebbe recato a Doha, dicendosi comunque disponibile a consultazioni successive con i mediatori. Poco prima della pubblicazione della dichiarazione congiunta di Stati Uniti, Egitto e Qatar, Osama Hamdan, membro dell’ufficio politico di Hamas, ha dichiarato all’emit – tente “Al Jazeera”: “Non c’è ancora alcun segnale positivo dai colloqui”.

“I mediatori stanno ancora parlando di colmare le lacune, ma è chiaro che la parte israeliana sta aggiungendo altre condizioni, parlando di nuove questioni”, ha affermato Hamdan, aggiungendo che Israele starebbe tentando “di indebolire il processo” verso il cessate il fuoco.

Nello specifico, il funzionario di Hamas ha respinto la prospettiva che Israele mantenga il controllo di sicurezza sul corridoio di Filadelfia della Striscia di Gaza, ribadendo che il gruppo chiede il “ritiro completo” delle forze israeliane. Se Israele trasmettesse dei “segnali positivi”, Hamas sarebbe “disposto a partecipare ai colloqui, ma ciò non è ancora accaduto”, ha affermato Hamdan.