Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 19/09/2024
L’ esplosione simultanea dei cercapersone in Libano e in Siria, attribuita a un’operazione d’intelligence israeliana, lascia con il fiato sospeso l’intera regione del Medio Oriente, già in tumulto dopo l’attacco terroristico del movimento islamista palestinese Hamas del 7 ottobre 2023 in Israele e le conseguenti operazioni militari. La detonazione dei dispositivi usati dai membri del movimento sciita libanese Hezbollah, che l’8 ottobre 2023 ha lanciato un’azione militare a bassa intensità contro Israele con la promessa di cessare le ostilità quando sarebbe finita l’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza, ha inferto un colpo alla capacità operativa della milizia filoiraniana, che ora potrebbe essere “costretta”a reagire per salvare la faccia, innescando una possibile e, sembra inevitabile, azione di Israele.
Il ministero della Salute libanese stima che i feriti sono oltre 2.500 ed è ragionevole pensare che molti di loro siano membri del partito di Dio. Recentemente, infatti, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva ordinato di utilizzare i cercapersone, dispositivi ritenuti più sicuri per comunicare. Ma una evidente falla interna di sicurezza ha portato all’attacco dell’altro ieri, che apre a scenari tutt’altro che rassicuranti. “Agenzia Nova” ne ha parlato con Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies (Igs).
L’esplosione dei dispositivi cercapersone in Libano “è una delle più gravi violazioni del protocollo di sicurezza di Hezbollah della storia e credo che l’obiettivo di questa operazione sia quello di spingere l’avversario – come avvenuto il 31 luglio scorso con l’uccisione del capo dell’ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran – a fare delle mosse che poi possano giustificare e legittimare un’ulteriore reazione israeliana”, ha dichiarato a “Nova” Nicola Pedde, direttore di Igs, secondo cui in Israele vi è una “manifestazione di consenso ormai su un’operazione” militare in Libano “che la rende altamente possibile, se non probabile”.
Senza distinzione di casacche in Israele emerge la “necessità di risolvere una volta per tutte il problema di Hezbollah”. Parallelamente, “Hezbollah si trova nella sgradevolissima condizione di dover fornire una risposta” per mantenere “credibilità”, ha spiegato l’esperto, evidenziando “l’umiliazione di vasta portata” provocata dall’esplosione dei cercapersone. Sono almeno 500 gli operativi colpiti dall’operazione di martedì attribuita da più parti al Mossad, “quindi l’assenza di una risposta in questo momento significa sostanzialmente una resa incondizionata”, ma, allo stesso tempo la risposta di Hezbollah “apre alla concreta possibilità, a questo punto, di vedere l’invasione di terra da parte israeliana”, ha spiegato l’esperto.
Scendendo in campo l’8 ottobre scorso a sostegno di Gaza, “Hezbollah si è messa in un vicolo cieco. La decisione di lanciare questa guerra a bassa intensità, ritenendo che sarebbe stata di breve durata e di ampio effetto politico, secondo me è stato un boomerang che oggi rischia di ritorcersi pesantemente contro Hezbollah”, ha evidenziato il direttore di Igs. Per Pedde, “Hezbollah è stato il primo a non volere l’escalation, il problema è che alla fine l’ha determinata proprio con i suoi errori di calcolo”, trascinando l’intero Paese sull’orlo della guerra. Oggi, ha sottolineato, il movimento filo-iraniano si trova nella condizione di “gestire” la situazione che si è creata “per un periodo di tempo estremamente prolungato e, soprattutto, con un Israele che diventa a questo punto iperaggressivo e che non vuole in alcun modo andare a negoziare qualsiasi ipotesi di ricatto da parte di Hezbollah, come quella del ‘smettiamo se voi fate l’accordo a Gaza’”.
L’ultimo scontro diretto tra Hezbollah e Israele risale all’estate del 2006, conclusosi con la cessazione delle ostilità sancita dalla risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Da allora i due attori si sono osservati a distanza. Neanche la scoperta, nel 2018, di tunnel costruiti nel sud del Libano, roccaforte di Hezbollah, ma anche teatro dove sono dispiegati i caschi blu della missione Unifil, ha riacceso le ostilità. La decisione di entrare in campo l’8 ottobre potrebbe rivelarsi “strategicamente errata” per Hezbollah. Secondo il direttore di Igs Pedde non è corretto paragonare l’operazione militare di Israele nel 2006, che aveva interessato il sud del Libano e Beirut, a una potenziale azione nel prossimo futuro. “Le carte che gli israeliani stanno mettendo in tavola sono molte, abbastanza generiche, maaprono scenari che vanno ben oltre anche la semplice operazione nel Libano meridionale, quindi l’obiettivo è sicuramente quello di creare un’ampia fascia smilitarizzata nel sud, che probabilmente significa avere un’area non solo smilitarizzata, ma anche spopolata”, ha affermato. Dall’altra parte, “non è escluso che per ottenere questo risultato possano fare un’operazione di ben più ampia portata, quindi non solo nel Libano meridionale, ma in tutto il Libano, nella Bekaa e in una parte della Siria”, ha proseguito. Pertanto, “se questo dovesse essere lo scenario, il rischio per Hezbollah di uscire non solo sconfitto militarmente, ma anche ampiamente ridimensionato nel ruolo interno e regionale nell’ambito dell’asse della resistenza è elevatissimo in questo momento”, ha aggiunto.
A cascata, una debacle di Hezbollah pone il “rischio di aprire il vaso di Pandora di tutte le altre crisi, quella economica, politica, tra gruppi confessionali, e che si vada in direzione di un tutti contro tutti all’interno di un sistema che non riesce da oltre un anno a eleggere il presidente della Repubblica, non riesce a risolvere la crisi istituzionale”, ha affermato Pedde. L’operato di Hezbollah sia negli ostacoli posti in politica interna, ma anche l’aver monopolizzato la politica estera e di sicurezza del Libano ha posto, infatti, “una crisi interna gravissima” perché il partito agisce “non certo per un progetto di coesione nazionale, ma a proprio ed esclusivo interesse nell’ambito del sodalizio con l’Iran”. La reazione di Hezbollah per l’esplosione dei cercapersone e di altri dispositivi di contatto sembra essere, quindi, essere inevitabile e il padrino di Hezbollah, l’Iran, probabilmente potrà fare ben poco per limitarla per una mancanza di leve negoziali.