FALLITI I NEGOZIATI AL CAIRO NETANYAHU NON CEDE SU RAFAH

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 08/03/2024

La delegazione del movimento islamista palestinese Hamas ha lasciato la capitale dell’Egitto spiegando di doversi consultare con i propri leader per il proseguimento dei colloqui

Il nuovo ciclo di negoziati al Cairo per raggiungere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza si è concluso con un nulla di fatto. La delegazione del movimento islamista palestinese Hamas ha lasciato la capitale dell’Egitto spiegando di doversi consultare con i propri leader per il proseguimento dei colloqui. In un annuncio ufficiale, Hamas ha comunque sottolineato che “i negoziati e gli sforzi per porre fine all’aggressione (di Israele), consentire il ritorno degli sfollati e permettere l’ingresso di aiuti diretti al popolo palestinese continuano”. Fin dal principio, le speranze di raggiungere un accordo al Cairo sono state affievolite dalla decisione di Israele di non inviare i propri rappresentanti, dopo il rifiuto del movimento islamista di fornire un elenco dettagliato degli ostaggi ancora vivi. A peggiorare la situazione, ha contribuito inoltre la recente morte di oltre 100 palestinesi nel nord della Striscia di Gaza durante una consegna di aiuti umanitari, con il successivo scambio di accuse tra Hamas e le Forze di difesa israeliane (Idf).

A pochi giorni dall’inizio del Ramadan (il mese sacro per i fedeli musulmani che comincerà il 10 marzo) la tregua appare quindi ancora lontana, nonostante gli auspici espressi dal presidente statunitense Joe Biden, che aveva fatto pressione su Israele per fermare il conflitto prima di questa ricorrenza. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, Jack Lew, ha intanto dichiarato che “è un errore” pensare che i negoziati sugli ostaggi siano finiti. Parlando durante una conferenza dell’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale (Inss) a Tel Aviv, Lew ha detto che “ci sono ancora conversazioni in corso (…) e le differenze si stanno riducendo”. Tuttavia, “ogni giorno diventa sempre più difficile essere ottimisti” sulla sicurezza degli ostaggi, ha affermato l’ambasciatore statunitense.

Al Cairo si erano riuniti domenica scorsa i rappresentanti di Hamas, Qatar, Egitto e Stati Uniti per discutere di una proposta di tregua di sei settimane, facilitare lo scambio di decine di prigionieri israeliani con centinaia di detenuti palestinesi e soddisfare l’urgente bisogno di aiuti umanitari a Gaza. Il 6 marzo Hamas ha avanzato una controproposta “non negoziabile” con 11 punti. Tra questi, vi sono la richiesta di un cessate il fuoco permanente, il ritiro di tutte le forze israeliane dalla Striscia di Gaza e il ritorno degli sfollati nella parte settentrionale dell’exclave. “I mediatori hanno cercato di trovare un compromesso, ma senza successo”, hanno riferito delle fonti citate dall’emittente panaraba di proprietà qatariota “Al Jazeera”.

A conferma del fallimento dei negoziati al Cairo, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha affermato che Israele “resisterà alle crescenti pressioni internazionali” per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza, poiché l’obiettivo è la “vittoria totale”. Durante la cerimonia di consegna dei diplomi ai cadetti della scuola ufficiali delle Forze di difesa israeliane (Idf) nel sud del Paese, nota come Bahad 1, Netanyahu ha infatti detto che lo Stato ebraico è “in una guerra esistenziale” che “deve vincere”, promettendo di “colpire i nemici fino alla vittoria totale”. I leader occidentali dovrebbero capire che “quando sconfiggeremo gli assassini del 7 ottobre (giorno dell’attacco del movimento islamista palestinese Hamas contro il Paese) preverremo il prossimo 11 settembre”, ha affermato il premier, aggiungendo: “Per questo dovete sostenere Israele e le Idf”. Netanyahu ha inoltre promesso di eliminare il “regime omicida di Hamas, di eliminare i terroristi, di distruggere i tunnel” e di perseguire gli autori dell’attacco del 7 ottobre, facendo tutto il possibile per “localizzare gli ostaggi”.

Nel frattempo è salito a 30.800 morti e 72.298 feriti il bilancio delle vittime palestinesi dall’inizio delle operazioni delle Forze di difesa israeliane (Idf) nella Striscia di Gaza il 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco del movimento islamista Hamas in Israele. a renderlo noto è stato il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, aggiungendo che nelle ultime 24 ore sono morte 83 persone e 142 sono rimaste ferite. Si tratta tuttavia di dati che non possono essere verificati in maniera indipendente e che includono sia vittime civili chemembri di Hamas. Secondo quanto riferito dalle autorità israeliane, nelle operazioni lanciate a Gaza sono stati uccisi 13 mila miliziani, mentre i militari israeliani morti nella Striscia sono almeno 247.

Le tensioni proseguono anche sul “fronte nord” al confine tra Libano e Israele, dove le Idf si stanno scontrando con i miliziani del partito sciita filo-iraniano Hezbollah. Il movimento ha affermato di aver attaccato un centro di comando delle Forze di difesa di Israele (Idf) a Liman, nel nord dello Stato ebraico. Lo si apprende dal canale Telegram dello stesso Hezbollah, che ha aggiunto che le Idf, da parte loro, hanno bombardato i villaggi di Ayta al Shab e Yaroun, nel sud del Libano. Inoltre, un bombardamento israeliano ha ucciso un civile libanese nella sua casa a Dhayra, nel distretto di Tiro, nel sud del Paese. Nonostante i media avessero inizialmente riferito che si trattava di un miliziano di Hezbollah, fonti mediche hanno smentito l’affiliazione. Gli scontri tra le Idf e i miliziani di Hezbollah proseguono quotidianamente dall’8 ottobre, all’indomani dell’attacco sferrato dal movimento islamista palestinese Hamas contro Israele. Gli scontri si sono verificati in prevalenza lungo il confine israelo-libanese, provocando lo sfollamento di centinaia di migliaia di persone da entrambi i lati della frontiera.

Ma il livello dello scontro cresce anche al largo dello Yemen, controllato in parte dagli Houthi sostenuti dall’Iran. Un doppio attacco aereo attributo a Regno Unito e Stati Uniti ha colpito il distretto di Salif a Hodeidah, in Yemen, come ha riferito l’emittente yemenita “Al Masirah”, vicina al gruppo filo-iraniano Houthi, senza specificare se l’attacco abbia causato vittime o danni materiali. La notizia è arrivata dopo l’attacco del 6 marzo dei miliziani sciiti contro la nave cargo True Confidence, di proprietà greca e battente bandiera delle Barbados, nel Golfo di Aden, che ha causato la morte di almeno tre membri dell’equipaggio e il ferimento di altri quattro. In risposta, gli aerei da guerra degli Stati Uniti e del Regno Unito hanno così condotto due bombardamenti sull’aeroporto di Hodeidah, unico affaccio sul mare degli Houthi in Yemen. Secondo quanto reso noto dall’emittente televisiva “Al Masirah”, i caccia occidentali “hanno preso di mira con tre raid la zona di Al Jabbana, a ovest della città di Hodeidah, e con due raid la zona di Ras Issa nel distretto di Al Salif a Hodeidah”.