GAZA: A PARIGI LA RIUNIONE PER IL RILASCIO DEGLI OSTAGGI

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 24/02/2024

In Francia una delegazione di Israele per colloqui sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza

Una delegazione di Israele è arrivata ieri a Parigi, in Francia, per colloqui sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e lo scambio dei 136 ostaggi israeliani ancora nelle mani del movimento islamista Hamas. Nella capitale francese saranno presenti i capi dei servizi di intelligence di Stati Uniti con William Burns, Israele con David Barnea, ed Egitto con Abbass Kamel, nonché il premier e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al Thani. L’amministrazione Usa di Joe Biden sta tentando di raggiungere un accordo per la liberazione degli ostaggi prima dell’inizio del Ramadan, tra meno di tre settimane, intorno al 10 marzo.

Al momento, il governo federale statunitense sta spingendo su una proposta che garantirebbe un cessate il fuoco di almeno sei settimane, anche se non è stato ancora possibile trovare un accordo sul rapporto tra gli ostaggi – di cui circa 45 sarebbero morti, secondo alcune fonti – e i prigionieri palestinesi che verrebbero scarcerati da Israele nel quadro di un’eventuale intesa. Secondo fonti “Axios”, il coordinatore della Casa Bianca per il Medio Oriente e il Nord Africa, Brett McGurk, si trovava ieri in Israele e avrebbe detto alle autorità che ci sarebbero progressi nel dialogo con Hamas, e che il movimento islamista avrebbe mostrato “disponibilità in merito ad alcune delle richieste”. Lo spiraglio nei negoziati giunge mentre sul campo le operazioni di Israele nella Striscia di Gaza proseguono contro i miliziani del movimento islamista palestinese Hamas.

Intanto è salito a 29.514 morti e 69.616 feriti il bilancio delle vittime delle operazioni militari delle forze di Israele contro il movimento palestinese Hamas nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco del gruppo islamista nello Stato ebraico. Queste cifre, tuttavia, non possono essere verificate e non viene fatta distinzione tra civili e combattenti. Secondo i dati diffusi dalle Forze di difesa israeliane (Idf), dall’inizio dell’offensiva nella Striscia di Gaza dopo l’attacco di Hamas, sono stati uccisi circa 12 mila miliziani islamisti. Lo sviluppo negoziale giunge dopo il veto posto dagli Stati Uniti alla risoluzione proposta dall’Algeria per un cessate il fuoco a Gaza martedì 20 febbraio, quando l’ambasciatrice Usa all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, ha motivato la decisione spiegando che erano in corso contatti diplomatici per cessare le ostilità temporaneamente e liberare gli ostaggi.

Giovedì il membro del gabinetto di guerra israeliano Benny Gantz ha parlato della possibilità di andare avanti con le trattative per raggiungere un nuovo accordo sulla liberazione degli ostaggi detenuti dal movimento islamista palestinese Hamas nella Striscia di Gaza. “Non perderemo nessuna occasione per riportare a casa gli ostaggi”, ha affermato Gantz, assicurando che “nulla rimarrà intentato” nello sforzo per liberare le persone rapite. L’attacco del movimento islamista palestinese contro lo Stato ebraico dello scorso 7 ottobre, che ha dato il via all’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza, aveva visto circa 3.000 terroristi irrompere attraverso il confine via terra, aria e mare, uccidendo circa 1.200 persone e sequestrando 253 ostaggi di tutte le età – per lo più civili – sotto la copertura di migliaia di razzi lanciati contro città israeliane. Nel mese di novembre, a seguito di una tregua durata una settimana, Hamas aveva liberato oltre 100 ostaggi, in cambio del rilascio da parte di Israele di circa 240 palestinesi detenuti.

Ad oggi, secondo quanto reso noto dallo Stato ebraico, risultano nelle mani del movimento islamista palestinese ancora 136 ostaggi. Un alto esponente dell’ufficio politico di Hamas, Musa Abu Marzouk, ha dichiarato che potrebbe esserci presto “una svolta” nei negoziati per il cessate il fuoco tra Israele e il movimento islamista palestinese nella Striscia di Gaza. In un’intervista al quotidiano giordano “Al Ghad”, Abu Marzouk ha sottolineato che Hamas ha posto come condizione il rilascio di 500 prigionieri palestinesi per ogni ostaggio israeliano liberato, aggiungendo che il ritiro delle forze di Israele, soprattutto dall’asse Salah al Din “Filadelfia” (che collega l’Egitto e l’exclave palestinese) e dalla strada Al Rashid (a sud-ovest di Gaza City), è il “principale ostacolo” ai negoziati. Inoltre, il membro dell’ufficio politico di Hamas ha detto che, al momento, Hamas ha come obiettivo la liberazione del popolo palestinese dall'”afflizione”, aggiungendo: “Nelle prossime fasi verrà affrontata la questione della ricostruzione e della costruzione di ospedali, ma la priorità ora è il cessate il fuoco”.

L’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha respinto il piano del premier di Israele, Benjamin Netanyahu, per il futuro della Striscia di Gaza dopo la guerra, descrivendolo come una prosecuzione dell’occupazione israeliana che impedisce la creazione di uno Stato palestinese. In una nota, Nabil Abu Rudeineh, portavoce ufficiale della presidenza dell’Anp, ha detto: “Gaza farà parte solo di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale. Qualsiasi piano diverso da questo è destinato al fallimento e Israele non riuscirà nei suoi tentativi di cambiare la realtà geografica”.

Se “il mondo vuole che ci sia sicurezza e stabilità nella regione”, deve porre fine all’occupazione e riconoscere uno Stato palestinese indipendente, ha sottolineato Abu Rudeineh. Netanyahu ha presentato ieri sera al gabinetto di sicurezza un documento con un piano sulla gestione di Gaza dopo la guerra, con l’obiettivo di installare “funzionari locali non legati al terrorismo” che amministrino i servizi nella Striscia al posto del movimento islamista palestinese Hamas. Nel documento, inoltre, si propone: una “libertà d’azione indefinita” per le Forze di difesa israeliane (Idf) in tutta l’exclave palestinese per prevenire nuovi attacchi; la cooperazione con l’Egitto per porre fine al contrabbando; la ricostruzione della Striscia finanziata dai Paesi arabi; il rifiuto di uno Stato palestinese indipendente; il rifiuto dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa); una Gaza “de-radicalizzata” e smilitarizzata.