GAZA, UE: «FRONTE COMUNE INTERNAZIONALE PER IL CORRIDOIO MARITTIMO UMANITARIO»

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 09/03/2024

Nel 154esimo giorno di guerra nella Striscia di Gaza, con la prospettiva di una tregua ancora lontana, la situazione umanitaria è sempre più tragica per milioni di palestinesi: per questo motivo si stanno moltiplicando le iniziative internazionali per incrementare gli aiuti verso l’exclave sotto assedio dal 7 ottobre 2023, a seguito dell’attacco del movimento islamista Hamas contro Israele. Ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato il lancio di un corridoio umanitario marittimo per fornire assistenza alla popolazione della Striscia di Gaza, “insieme a Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, sostenuti da altri partner cruciali”. “Siamo molto vicini all’apertura del corridoio” via mare tra Cipro – promotore dell’iniziativa – e Gaza, “si spera sabato o domenica”, ha spiegato von der Leyen. Per quanto riguarda l’Unione europea, saranno impegnati nelle operazioni di assistenza anche l’Italia, la Germania, la Grecia e i Paesi Bassi. Inoltre, al corridoio umanitario parteciperà anche il Regno Unito. “La leadership di Cipro nell’istituire l’iniziativa Amalthea, che delinea un meccanismo per spedire in modo sicuro gli aiuti da Cipro a Gaza via mare – si legge in una nota congiunta – è stata fondamentale per consentire questo sforzo congiunto per avviare un corridoio marittimo. Insieme, le nostre nazioni intendono basarsi su questo modello per consegnare ulteriori aiuti significativi via mare, lavorando con la coordinatrice senior delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari e la ricostruzione a Gaza, Sigrid Kaag, incaricata di facilitare, coordinare, monitorare e verificare il flusso di aiuti a Gaza ai sensi della risoluzione 2720 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.

Cipro convocherà presto alti funzionari per discutere di come accelerare questo canale marittimo a sostegno dei palestinesi, integrando le rotte terrestri e aeree anche da Egitto e Giordania, specifica poi il comunicato. “Gli Stati Uniti hanno annunciato una missione di emergenza guidata dalle loro forze armate per stabilire un molo temporaneo a Gaza, in coordinamento con i partner umanitari e altri Paesi, per consentire la consegna di quantità significative di assistenza via mare. Questi sforzi saranno strettamente coordinati con il governo di Israele”, aggiunge inoltre la nota. “La consegna di assistenza umanitaria direttamente a Gaza via mare sarà complessa e le nostre nazioni continueranno a valutare e ad adeguare gli sforzi per garantire la consegna degli aiuti nel modo più efficace possibile”, viene sottolineato, precisando che questo corridoio marittimo mira ad essere “parte di uno sforzo sostenuto per aumentare il flusso di aiuti umanitari e di prodotti commerciali a Gaza attraverso tutte le vie possibili”. Il comunicato prosegue affermando: “Continueremo a lavorare con Israele per espandere le consegne via terra, insistendo affinché faciliti più percorsi e apra ulteriori valichi per far arrivare più aiuti a più persone”. La nota ribadisce poi “che la protezione delle vite civili è un elemento chiave del diritto umanitario internazionale da rispettare” e che insieme occorre “fare di più per garantire che gli aiuti arrivino alle persone che ne hanno disperatamente bisogno”.

La situazione appare talmente critica che un operatore di Medici senza frontiere, bloccato con la sua famiglia nel nord della Striscia di Gaza, ha raccontato di essere costretto a “sfamarsi con mangime per uccelli e asini”, e di non avere “acqua potabile, elettricità o medicine”. Lo ha riferito l’ufficio stampa di Medici senza frontiere in una nota, citando un’audio-testimonianza di Suhail Habib, membro dello staff dell’organizzazione a Gaza. “La vita è diventata cinque volte più difficile. Non riusciamo a trovare la farina perché l’esercito israeliano l’ha bloccata. Siamo costretti a mangiare cibo per animali per sopravvivere. A volte mangiamo mangime per uccelli e asini, e a volte l’erba che raccogliamo agli angoli delle strade. Cerchiamo di sopravvivere alla fame”, ha detto Habib. “Sono tre giorni che nonmangio e mia moglie continua a chiedermi: ‘Cosa hai mangiato oggi?’. Io rispondo che non ho fame. Torno a casa a mani vuote, senza cibo, senza farina, senza pane, senza riso. Oggi un chilogrammo di riso costa 33 dollari, perciò non riesco a sfamare i miei figli”, ha affermato l’operatore, sottolineando: “Non abbiamo acqua pulita, non c’è acqua potabile. Non abbiamo elettricità né medicine”. Infine, Habib ha spiegato: “Mia madre soffre di pressione alta e di diabete e non riusciamo a procurarci i farmaci. Molte persone a Gaza soffrono di problemi respiratori a causa del fumo e della polvere dei bombardamenti. Anche le malattie trasmissibili si stanno diffondendo rapidamente”.

Israele ha, da parte sua, accolto con favore l’iniziativa del corridoio marittimo da Cipro alla Striscia di Gaza, pur avvertendo sulla necessità di adeguati controlli di sicurezza. Lo ha confermato su X il portavoce del ministero degli Esteri dello Stato ebraico, Lior Haiat, aggiungendo: “Israele continuerà a facilitare il trasferimento di aiuti umanitari ai residenti di Gaza, in conformità con le leggi di guerra e in coordinamento con gli Stati Uniti e i nostri alleati nel mondo”. Haiat ha evidenziato la necessità che “più Paesi si uniscano all’iniziativa cipriota e allo sforzo internazionale per trasferire gli aiuti”. A questo proposito, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha affermato che l’assistenza umanitaria alla popolazione civile nella Striscia di Gaza non può essere utilizzata come una moneta di scambio. Durante il suo discorso sullo stato dell’Unione al Congresso, Biden ha dichiarato: “Israele deve fare la sua parte, facilitando un rafforzamento degli aiuti e garantendo la sicurezza degli operatori umanitari”.

Una sicurezza ad oggi non sempre garantita, come testimonia l’incidente avvenuto lo scorso 29 febbraio in cui oltre cento palestinesi sono morti mentre si accalcavano per accedere agli aiuti trasportati da alcuni camion, dopo che per settimane l’ingresso dei veicoli nella Striscia era stato fortemente ridotto. Le dinamiche e le responsabilità dell’accaduto non sono ancora state del tutto chiarite, con scambi di accuse reciproche tra le Forze di difesa israeliane (Idf) e il movimento islamista palestinese Hamas