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Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 02/03/2024

TENSIONE ALTA DOPO LA DECISIONE DELLA CORTE SUPREMA SPAGNOLA

La decisione di giovedì della Corte suprema spagnola di aprire un procedimento penale per terrorismo contro l’ex presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, potrebbe mettere seriamente a rischio le già complesse trattative del governo con Uniti per la Catalogna per raggiungere un accordo sulla legge di amnistia. L’inclusione di questo reato tra quelli coperti dalla futura legge è stato, infatti, il motivo principale per cui il partito di Puigdemont ha bocciato il testo durante la votazione del 30 gennaio scorso al Congresso dei deputati rinviando il testo alla Commissione Giustizia. La formazione pro-indipendenza temeva, infatti, che la richiesta del giudice del Tribunale nazionale, Manuel Garcia-Castellon, di incriminare Puigdemont per terrorismo potesse essere accolta dalla Corte suprema. Un “timore” che si è poi rivelato realtà.

Dopo l’inaspettata battuta d’arresto, diversi esponenti di primo livello del governo hanno ribadito che il testo della legge non subirà modifiche in quanto “è già impeccabile, assolutamente costituzionale e conforme al diritto europeo”. Fonti dell’esecutivo consultate dai diversi media spagnoli hanno espresso la preoccupazione che eventuali modifiche possano non superare il filtro della Corte costituzionale o della giustizia europea. Il tempo per giungere ad un accordo in Commissione Giustizia, nel frattempo, scorre inesorabile. La data ultima è il 7 marzo prossimo, sebbene fonti socialiste abbiano indicato la possibilità di una nuova proroga dopo quella del 21 febbraio. Se non dovesse essere raggiunta un’intesa il testo decadrebbe con la necessità di avviare i negoziati da zero.

Il Psoe, infatti, ha annunciato di non voler sottomettere nuovamente il testo a votazione senza un accordo previo con JxCat dato che sarebbe condannato ad una inevitabile bocciatura. Gli ultimi sviluppi giudiziari che hanno colpito Puigdemont sembrano aver ulteriormente rafforzato la posizione intransigente della formazione pro-indipendenza che chiede “garanzie” circa il futuro del suo leader che risiede in Belgio dall’ottobre 2017 e di altri esponenti di primo piano con procedimenti giudiziari in corso. Dall’altra parte, per l’esecutivo spagnolo il via libera a questa legge è uno dei punti cardine dell’accordo di investitura sottoscritto con JxCat che ha permesso a Pedro Sanchez di insediarsi per la terza volta al Palazzo della Moncloa e che gli permetterebbe, soprattutto, di restarci.

Nonostante le difficili trattative, il governo non sembra intenzionato a voler accelerare i tempi dell’iter parlamentare, almeno fino alle elezioni europee di giugno. Presentarsi alle urne con una misura di grazia che buona parte del Paese considera controversa offrirebbe, infatti, un “assist” ai popolari e a Vox con cui “cavalcare” la campagna elettorale. Come diversi sondaggi hanno rilevato, inoltre, anche una buona parte degli elettori socialisti ha espresso forti riserve in merito alla legge sebbene funzionale a garantire un governo progressista al Paese. Il malessere di alcuni settori socialisti è stato incarnato, in particolare, dall’ex premier Felipe Gonzalez che in svariate occasioni ha pubblicamente definito la legge “una minaccia ed un attacco” alla Costituzione. L’ex leader socialista ha rimarcato la differenza tra l’indulto (concesso dal governo Sanchez a diversi esponenti indipendentisti condannati durante la scorsa legislatura) che implica “perdonare” e l’amnistia che implica “chiedere perdono a chi ha commesso un reato”.