Il vertice di Cedeao conferma l’opzione militare: aumenta la pressione sulla giunta golpista

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 11/08/2023

RIPRISTINARE L’ORDINE COSTITUZIONALE IN NIGER DOPO IL COLPO DI STATO

L’attivazione immediata di una forza di dispiegamento rapido (Standby Force) per ripristinare l’ordine costituzionale in Niger dopo il colpo di Stato dello scorso 26 luglio. È questa la decisione più importante emersa dal vertice straordinario della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), convocato oggi ad Abuja dal presidente nigeriano Bola Tinubu – che detiene la guida di turno dell’organizzazione – per coordinare le azioni da intraprendere dopo il golpe che ha portato alla destituzione del presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum. Resta in piedi, dunque, l’opzione di un intervento militare in Niger, sebbene come “extrema ratio”, in caso di mancato ripristino dell’ordine costituzionale. A confermarlo, del resto, sono le parole pronunciate dallo stesso Tinubu al termine del vertice. Per risolvere la crisi in Niger “nessuna opzione è esclusa, neppure l’uso della forza come ultima risorsa”, ha dichiarato il presidente nigeriano.


Parole, in un certo senso, più dure rispetto a quelle pronunciate nel suo intervento di apertura del summit, nel quale aveva sottolineato la necessità di “dare la priorità alla diplomazia per favorire il ripristino di un governo costituzionale in Niger”, e di perseguire il negoziato con la giunta golpista. “È nostro dovere esplorare tutte le vie per garantire un rapido ritorno al governo costituzionale in Niger”, aveva però ammonito, paventando il rischio che la crisi politica in Niger porti con sé implicazioni “di vasta portata” per l’intera regione dell’Africa occidentale. Attivando l’opzione della forza di dispiegamento rapido, i leader della Cedeao decidono dunque di convalidare il progetto d’intervento militare in Niger.


L’impressione, tuttavia, è che si tratti un tentativo – forse l’ultimo – per aumentare la pressione sulla giunta militare golpista nigerina e spingerla a più miti consigli, magari accettando una serie di condizioni tra cui il rilascio del presidente deposto Bazoum. Resta da capire, inoltre, dove verrà dispiegata tale forza, e gli effettivi che verrebbero eventualmente impiegati. Secondo quanto riferiscono fonti militari citate da “Jeune Afrique”, la forza dovrebbe essere composta principalmente da truppe nigeriane (circa 5 mila), ma anche senegalesi. L’opzione militare resta dunque in piedi, sebbene negli ultimi giorni siano cresciute le pressioni in senso opposto. Lunedì scorso una delegazione congiunta di Cedeao, Unione africana e Nazioni Unite è arrivata a Niamey ma è ripartita dopo poche ore senza essere ricevuta dal leader della giunta golpista Abdourahamane Tchiani, il quale invece mercoledì ha ricevuto l’emiro di Kano, Alhaji Muhammadu Sanusi, una delle massime autorità religiose della Nigeria.

È proprio dalla Nigeria, del resto, che arrivano le resistenze più forti ad un ipotetico intervento armato regionale in Niger, e in particolare dagli Stati federati del nord del Paese, la cui popolazione è a maggioranza hausa, la stessa etnia che vive in diverse aree del Niger. Il vertice di Abuja ha visto la partecipazione di nove degli undici capi di Stato attesi, compresi i presidenti di Senegal, Ghana, Costa d’Avorio, Togo, Benin, Guinea-Bissau e Sierra Leone. All’incontro hanno partecipato anche i leader di Paesi non membri della Cedeao, tra cui Mauritania e Burundi, mentre per l’Ue era presente la rappresentante speciale per il Sahel, l’italiana Emanuela Del Re. In vista del summit, che segue quello dello scorso 30 luglio al termine del quale la Cedeao aveva imposto un ultimatum di sette giorni alla giunta del Niger, si sono sollevate numerose voci contrarie ad un’operazione militare che rischierebbe di destabilizzare enormemente la regione.

Ad esempio, in una lettera indirizzata a Tinubu, diversi ex primi ministri e presidenti dell’Assemblea nazionale del Niger hanno chiesto il dialogo con i golpisti, dicendosi “preoccupati” per il futuro del loro Paese. “Vi chiediamo di utilizzare i canali diplomatici e politici per trovare soluzioni pacifiche e costruttive con l’esercito”, si legge nella missiva, firmata – tra gli altri – dall’ex presidente Mahamane Ousmane e dagli ex primi ministri Brigi Rafini, Seyni Oumarou e Hama Amadou. In totale 14 ex leader nigerini hanno firmato questa lettera indirizzata a Tinubu, chiedendo anche “la revoca di tutte le sanzioni” da parte della Cedeao. “Sono dal nostro punto di vista insopportabili, inefficaci e inadeguati e avranno conseguenze catastrofiche e inimmaginabili”, concludono.