Pubblicato da Quotidiano del Sud L’Altravoce dell’Italia – 8/7/2023
SPECIALE FEUROMED – LA SUMMER SCHOOL DEI GIOVANI TALENTI A POLLICA
Un Commissario europeo per le grandi reti
e quattro Spa per gli hub logistici terrestri, per i porti,
le ferrovie e il trasporto pubblico locale
Che cosa fare per avere una
pianificazione di lungo periodo
fatta di certezze e non di parole
Quali potrebbero essere gli strumenti più adatti capaci di tener conto di variazioni sostanziali e delle imprevedibili evoluzioni che potrebbero incrinare ogni capacità di dare rilevanza e forza a previsioni di lungo periodo e, soprattutto, potrebbero rendere difficoltoso qualsiasi scenario e qualsiasi scelta che trovi, proprio nel lungo periodo, il rischio di non essere attuata o, addirittura, di non essere più coerente alle linee dell’impianto pianificatorio iniziale? Prende cioè corpo un vero paradosso: da un lato la esigenza di disegnare scenari di lungo periodo e dal l’altro la certezza che le linee strategiche disegnate possano mantenere, nel tempo, non tanto la sostenibilità in termine di attualità quanto la coerenza ad una determinata linea programmatica. Il PGT, quello del 1986, quello che a tutti gli effetti rappresenta una prima vera esperienza pianificatoria, conteneva già dei presupposti che quanto meno lo rendevano diverso da strumenti di pianificazione analoga; in particolare possedeva i seguenti fattori:
- a) Era stata defmita una apposita Legge (la Legge 245 del 1984) che prevedeva l’aggiornamento triennale dello strumento, quindi, era ed è, a tutti gli effetti, un impianto programmatico dinamico;
- b) Tale strumento aveva reso possibile, anche durante la presidenza italiana della Unione Europea (a 12 Stati), la redazione del cosiddetto “Master Plan dei Trasporti della Unione Europea”;
- c) Va inoltre ricordato che la prima edizione non conteneva nessun elenco di opere ma solo degli obiettivi chiave che dovevano caratterizzare il nuovo assetto trasportistico del Paese, a titolo di esempio ne elenco alcuni: il rilancio della rete ferroviaria; la riforma delle Ferrovie dello Stato; la costruzione di nuovi valichi alpini; una rete ferroviaria ad alta velocità; l’interazione tra gli assi infrastrutturali nazionali con quelli comunitari; la intermodalità attraverso la identificazione di 7 impianti interportuali; la identificazione di sette sistemi portuali; la definizione di dodici aree metropolitane adeguatamente supportate da reti di trasporto efficienti.
Ebbene, questo quadro programmatico lungimirante andrebbe, più che aggiornato, reinventato. Non ha più senso parlare di atto programmatico nazionale quando in questi ultimi trent’anni hanno preso corpo le seguenti evoluzioni strutturali: la Unione Europea da 12 Stati è passata a 28 Stati; la identificazione di 9 Corridoi comunitari che ormai rappresentano la griglia infrastrutturale dell’intero assetto comunitario; una revisione sostanziale della copertura finanziaria di tali Corridoi (fino al 20% per le opere delle Reti Ten-T e fino al 40% per i valichi); la revisione della offerta portuale, aeroportuale ed interportuale; la nuova logistica e la supply chain; le città metropolitane; i cambiamenti del Mediterraneo con le nuove portualità di Damietta, Pireo e Algeciras; il Piano One Belt One Road (e le risposte B3W il Build Back Better World, lanciato dal G7 e sostenuto dagli USA e il Global Gateway dell’Unione Europea. Basterebbe approfondire le varie tessere del nuovo assetto mondiale, per costruire un mosaico che si trasformerebbe così più che in nuovo Piano Generale dei Trasporti in un Action Plan, cioè in uno strumento di riferimento in cui le scelte identificate e i tempi necessari per attuarle potrebbero trasformarsi in un obbligato riferimento per chi è preposto alla gestione di almeno cinque Dicasteri quali il Ministero dell’Economia e delle Finanze; il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; il Ministero dell’Ambiente; il Ministero dei Beni Culturali; il Ministero dello Sviluppo Economico.
Un Action Plan non teorico ma supportato da un apposito quadro “fonti-impieghi” fondamentale per la interazione sistematica tra azioni e coperture finanziarie. Prendono corpo in tal modo nuovi itinerari procedurali finalizzati a pianificare, in modo diverso, un sistema che non solo è cambiato, non solo è in continua evoluzione ma che ha perso due riferimenti essenziali per ogni ipotesi pianificatoria: la dimensione spaziale: non più un ambito nazionale, non più un assetto sovra nazionale ma una difficile e complessa rete di realtà in continua evoluzione; la difficile identificazione delle esigenze finanziarie e delle relative coperture; cioè la difficile identificazione di un piano fonti-impieghi. Questi limiti ci portano verso nuovi modelli, verso nuovi approcci e ci impongono delle prime nuove impostazioni quali:
- 1. Abbandonare una visione pianificatoria nazionale e, come avvenuto per le Reti Ten-T immaginare una possibile pianificaaione a scala comunitaria. A tale proposito è opportuno ricordare le evoluzioni di tale esperienza; in particolare dalla esperienza del 2005 a quella del 2013. Nella prima esperienza la pianificazione si limitava ai “Corridoi” cioè ai cordoni ombelicali che, attraversando più Paesi, diventavano la rete portante dell’intera offerta infrastrutturale della Unione Europea (a 28 Stati). Quindi si avviava, senza dubbio, una interessante azione strategica, tra l’altro supportata da una interessante analisi macroeconomica della BEI, ma limitata essenzialmente al recupero delle reti ferroviarie ed al superamento di vincoli fisici attraverso la reali7vazione di nuovi valichi. Ma una azione programmatica forse poco organica. Nella edizione del 2013 invece ai Corridoi (ridotti da 31 a 9) si aggiunsero sia i nodi logistici (porti, aeroporti ed interporti) che i nodi metropolitani. La edizione del 2013 è diventata in tal modo una vera base di riferimento ed ha anche affrontato, solo parzialmente, il difficile tema dell’arco temporale in cui garantire l’attuazione delle varie scelte e la relativa copertura (il Fondo delle Reti Ten-T non superava infatti i 30 miliardi di euro contro una esigenza relativa alle cosiddette “opere essenziali” di 230 miliardi di euro). Fra qualche giorno disporremo della nuova edizione delle Reti Ten-T e dalle prime anticipazioni apprendiamo che non sono strati ancora chiariti i due punti critici: la validità temporale e la certezza delle coperture.
- 2. Far nascere in tal modo una prima ipotesi procedurale: definire una pluralità di scenari caratterizzati da una misurabile serie di distinte evoluzioni o involuzioni tra domanda ed offerta a scala sovra nazionale e per ogni scenario definire un atto programmatico, in realtà un Action Plan; dare un ruolo determinante al Parlamento europeo nella approvazione dello scenario più coerente alle reali esigenze dell’intera Unione Europea e togliere le competenze di attuazione delle scelte ai singoli Stati ma dare mandato ad un organismo come la BEI per la reale attuazione del Piano; assicurare una copertura finanziaria di almeno il 7Oß6 dell’intero valore dell’intero impianto programmatico e imporre ai singoli Paesi di garantire con i bilanci ordinari il restante 30ß6; il respiro programmatico del Piano dovrà essere decennale e la realizzazione delle infrastrutture dovrà avvenire attraverso il ricorso al “canone di disponibilità”; cioè la Unione Europea verserà un apposito canone annuale una volta che gli interventi saranno realizzati.
- 3. Un possibile scenario vincente, potrà essere quello degli “invarianti”, cioè quello delle scelte difendibili in termini di indispensabilità e di coerenza allo scenario ritenuto più coerente e più condiviso alla intera impostazione programmatica. Questa linea però avrebbe un respiro corto e si limiterebbe a completare interventi già avviati o a realizzare scelte quasi obbligate legate a dati previsionali consolidati. Si rischierebbe di non raggiungere, a scala sovra nazionale, gli interessi condivisi anche da parte degli altri Paesi della Unione Europea e questo tipo di appai io servirebbe solo a riconoscere e ad ammettere la inutilità di scelte programmatiche nazionali e non darebbe alcun respiro strategico. Diventa allora necessario ribaltare la logica “tranquilla” degli invarianti e tentare di imporre una programmazione al cui interno sono presenti scelte e cambiamenti con cui le altre realtà del pianeta devono interagire, devono confrontarsi. È senza dubbio un atto di “superbia” o, ancora peggio, una pura illusione ed una sovrastima delle proprie potenzialità ma forse dovremmo spesso ricordare il ruolo che il Mediterraneo svolge nella intera economia mondiale; lo ricordiamo spesso ma rimane sempre un banale indicatore: con appena 1’1% della superficie acquea globale attraversato dal 20% del traffico marittimo mondiale ed allora questo dato penso possa essere la base per una proposta di medio e lungo periodo che può generare come primo risultato un unico soggetto preposto alla offerta gestionale del bacino del Mediterraneo. Una proposta che automaticamente genera una rivisita. ione sostanziale dei corridoi terrestri dell’intero assetto comunitario perché offre alle portualità esterne al Mediterraneo come quelle del Mare del Nord o alle realtà interportuali interne una grande occasione di ottimizzazione delle vaie catene logistiche. In fondo potremmo dare vita, davvero, ad una unica griglia logistica capace di esaltare al massimo le convenienze prodotte già dalla supply chain. Sicuramente un simile itinerario strategico potrebbe essere criticato perché penalizza le possibili concorrenze interne ma ad una simile critica si risponde precisando che la Unione Europea, gestendo un sistema logistico che vede coinvolti tutti i Paesi della Unione, deve solo temere una concorrenza esterna alla stessa Unione e il disegno programmatico, di medio e possibilmente di lungo periodo, deve contenere proprio quelle scelte che amplificano al massimo sia il ruolo del bacino che le interazioni tra il bacino e gli assetti produttivi e logistici delle realtà territoriali che si affacciano sul Mediterraneo.
- 4. Molti riterranno la ipotesi utopica e irrealizzabile ma questa forse giusta critica genera una facile controdeduzione: in assenza di queste famiglie di ipotesi programmatiche di ampio respiro non hanno senso: previsioni e scenari di medio e lungo periodo dei singoli Paesi della Unione Europea; scenari di crescita e di sviluppo di determinate realtà portuali dei singoli Paesi della Unione Europea e in particolare del nostro Paese; piani e programmi mirati alla crescita della offerta di HUB strategici basata sulla crescita di determinate aree produttive del pianeta; la realizzazione di corridoi stradali e ferroviari capaci paci di ottimizzare al massimo le relazioni fra i Paesi della Unione Europea. Tutti investimenti basati su una crescita omogenea della domanda;
- 5. La Unione Europea, quindi, dovrebbe, come già fatto nel 2002 per le Reti Ten-T, dare mandato ad un Commissario per avviare da subito un organismo formato dai soggetti delegati dai vari Stati, cioè formato dai delegati ad alto livello, e, a differenza del lavoro delle Reti Ten-T in cui le riunioni avevano un ritmo bisettimanale, istituire una sede fissa in cui lavo- rare per un anno intero alla definizione di una proposta mirata ad una visione completamente diversa dagli approcci pianificatori finora seguiti. Una possibile osservazione a questa ipotesi organizzativa potrebbe essere quella che in fondo si crea un doppione con il lavoro delle Reti Ten-T; non è assolutamente così perché l’approccio alle Reti Ten-T, senza dubbio utilissimo, finora non ha mai interpretato l’assetto comunitario come un’unica realtà ma sempre come una sommatoria di Paesi.
- 6. Ipotizzo un possibile primo risultato o meglio una, anche se discutibile, prima ipotesi di prospettazione che ribalta integralmente gli atti pianificatori, gli approcci metodologici, le interpretazioni istituzionali che fmora abbiamo riservato all’assetto comunitario. In particolare, alla: istituzione di una Società per Azioni la cui mission dovrebbe essere la gestione della offerta portuale della intera Unione Europea e per il rilancio organico e strategico del bacino del Mediterraneo; istituzione di una Società per Azioni la cui mission dovrebbe essere la gestione della offerta ferroviaria primaria dell’intero assetto comunitario; istituzione di una Società per Azioni la cui mission dovrebbe essere la realizzazione, la gestione e la ottimizzazione degli HUB logistici terrestri; istituzione di una Società per Azioni la cui mission dovrebbe essere la realizzazione e la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale delle aree urbane comunitarie con un numero di abitanti seriore al milione di residenti; Questa è solo una provocazione? Questo è solo un modo per ottenere una immediata risposta negativa? cioè un modo per ottenere subito una immediata dichiarazione che è impossibile dare vita a simili assetti societari? Forse sì, ma proprio il riconoscimento della impossibilità di dare vita a queste forme innovative testimonia i limiti e le abitudini, purtroppo consolidate, del nostro appai io pianificatorio.
In ogni modo tornando alla nuova logica pianificatoria della quale ha bisogno l’Italia è da auspicare che si possa ridefinire un codice procedurale-comportar mentale articolato nelle seguenti cinque fasi:
- 1. scenari di action plan da elaborare come proposta italiana ad una sua definizione europea propedeutica al PGT;
- 2. PGT che sceglie lo scenario decennale di riferimento, pensato anche per inventare il futuro e non solo subirlo;
- 3. il programma di opere rivedibili solo in caso di revisione del programma e quindi impermeabile a modifiche estemporanee;
- 4. il quadro fonti-impieghi che rende credibile il programma; puntare ad un fondo comune europeo che fmanzi i beni comuni comunitari;
- 5. il PGT, da vedere come raccordo tra l’Action Plan e il programma di opere, resta il perno della nuova logica pianificatoria e dovrebbe essere redatto e revisionato ogni 10 anni secondo la procedura UE oggi applicata alla pianificazione delle reti Ten-T.