La Somalia punta sull’Egitto per contenere le ambizioni del rivale etiope nella regione

EQUILIBRI PRECARI Continua a crescere la tensione in Corno d’Africa

Pubblicato da Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 03/09/2024

Continua a crescere la tensione in Corno d’Africa. Il rafforzamento della cooperazione militare fra Somalia ed Egitto aggiunge un pericoloso tassello alla crisi in corso fra Mogadiscio e l’Etiopia, da mesi ai ferri corti per le rivendicazioni marittime di Addis Abeba. Sulla scia delle reazioni regionali al contenzioso sul Mar Rosso – aperto a gennaio dalla firma del Memorandum d’intesa concluso dall’Etiopia con il Somaliland, territorio non riconosciuto da Mogadiscio – l’Egitto ha iniziato a schierare in Somalia le sue truppe, a sostegno del contrasto al terrorismo e delle necessità di sicurezza nazionali. Aerei militari egiziani sono atterrati a Mogadiscio lo scorso 27 agosto consegnando equipaggiamento militare e facendo sbarcare ufficiali diretti alla regione di Hiran, nello Stato centrale di Hirshabelle, oltre che negli Stati federati del Sudovest e del Galmudug. Sono i primi uomini di un totale di 10 mila unità che verranno dispiegate sul territorio: metà di queste saranno integrate nella Missione di supporto e stabilizzazione dell’Unione africana in Somalia (Aussom), contingente che sarà schierato nel Paese, una volta completato il ritiro dell’attuale Atmis; le altre 5 mila sosterranno il governo somalo in modo indipendente.

L’arrivo dei militari egiziani non è passato inosservato. La notizia è rimbalzata rapidamente sui media somali, e l’indomani il ministero degli Esteri etiope ha pubblicato una nota in cui accusa Mogadiscio di “collusione con attori esterni” per “destabilizzare la regione”. La nuova missione Aussom che l’Unione africana dispiegherà in Somalia dopo il ritiro dell’attuale Atmis è “irta di pericoli per la regione”, e l’Etiopia “non può restare inattiva mentre altri attori prendono misure per destabilizzare la regione”, si legge nel documento. Addis Abeba torna quindi a chiedere la mediazione dell’Unione africana e delle Nazioni Unite, invitate a tenere consultazioni prima che la nuova missione Aussom metta concretamente piede a Mogadiscio. La dichiarazione etiope è del resto solo l’ultima tappa di un braccio di ferro in atto dallo scorso gennaio: in risposta al Memorandum d’intesa siglato dall’Etiopia con il Somaliland, Mogadiscio ha consolidato le relazioni con Paesi amici, firmando accordi prima con la Turchia, quindi con Gibuti, nel tentativo di stringere a tenaglia il Somaliland e il suo alleato etiope. Per Ankara, d’altro canto, gli accordi con Somalia e Gibuti si sono rivelati cruciali per assicurarsi un posto in prima fila all’imbocco del Mar Rosso, dove sta cercando nuove opportunità commerciali dopo l’esclu – sione dal Corridoio economico India- Medio Oriente-Europa (Imec), lanciato in occasione del vertice G20 di Nuova Delhi del settembre scorso.

L’accordo con il Somaliland prevede la concessione all’Etiopia di un accesso al mare – di cui è priva dall’indipendenza eritrea, nel 1993 – attraverso il porto di Hargheisa in cambio del riconoscimento dell’indipendenza dell’auto – proclamata Repubblica e della partecipazione dello stesso Somaliland nella compagnia di bandiera etiope, Ethiopian Airlines. Sebbene le autorità etiopi abbiano negato che quest’ultimo punto sia parte dell’accordo, a fine agosto l’Autorità per l’aviazione civile della Somalia (Scaa) ha minacciato di bloccare i voli della compagnia di bandiera etiope – e maggior compagnia aerea africana – nel suo spazio aereo se questa non avesse rimosso dal suo sito internet ogni riferimento al Somaliland. L’ultimatum è stato dato anche all’emiratina Dubai Aviation Corporation, meglio nota come Flydubai. Addis Abeba ha respinto la richiesta, al momento rimasta senza conseguenze, ma il tutto ha contribuito ad alimentare ulteriormente le tensioni.

Un tentativo di offrire una soluzione al conflitto somalo-etiope è arrivato negli ultimi giorni da Gibuti. In un’intervista alla “Bbc”, il ministro degli Esteri Mahamoud Ali Youssouf ha affermato che le crescenti tensioni nel Corno d’Africa stanno diventando una “fonte di preoccupazione importante” e che per questo motivo il suo governo ha deciso di concedere all’Etiopia l’uso esclusivo del porto di Tagiura. La proposta permetterebbe ad Addis Abeba, che attualmente dipende per le sue esportazioni dal porto gibutino, di ottenere l’anela – to accesso al Mar Rosso e di stemperare le tensioni con la Somalia. Aperto nel 2017 e sviluppato con la partecipazione della veronese Technital – già coinvolta nel progetto dell’aeroporto gibutino -, il porto di Tagiura è situato in una posizione ideale per servire l’entroterra e può ospitare navi fino a 65 mila tonnellate di portata lorda. E’ stato inoltre progettato per gestire fino a quattro milioni di tonnellate di potassio l’anno insieme all’accesso all’autostrada del corridoio North Tadjourah-Bahlo. L’offerta di Gibuti è anche un chiaro tentativo di neutralizzare l’influenza emergente del Somaliland, il cui porto di Berbera – classificato come secondo al mondo nella regione orientale e del Corno d’Africa per le prestazioni navali – rischia di danneggiare quello gibutino. L’invio di militari egiziani in Somalia mette tuttavia in allerta l’Etiopia anche in relazione agli sviluppi della Grande diga della Rinascita etiope (Gerd), la cui realizzazione – affidata all’italiana Webuild (ex Salini Impregilo) – è contestata dai Paesi a valle del Nilo azzurro, il Sudan e l’Egitto. Da anni Il Cairo dà voce alle critiche più severe nei confronti del governo del premier Abiy Ahmed, accusato di aver gestito il progetto idroelettrico da 4 miliardi di dollari senza tenere in considerazione le preoccupazioni dei Paesi vicini.