Libano, tensioni nel campo profughi spia della lotta fra Fatah e Hamas

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 13/09/2023

Dallo scorso giovedì si sono registrati nuovi scontri mortali ad alta intensità nel campo profughi palestinese di Ain el Hilweh, nel sud del Libano, vicino a Sidone. Le violenze, costate finora la morte di 11 persone e oltre 100 feriti, sono nuovamente esplose tra gli elementi del movimento Fatah, vicino al presidente   palestinese   Mahmoud Abbas, e altri gruppi islamisti rivali all’interno del campo, in particolare Jund el Sham, Osbat al Ansar e Al Shabab al muslim (La gioventù musulmana).  Jund el Sham è un gruppo salafita jihadista lega- to ad Al Qaeda, fondato nel 1991 e opposto a Fatah. Osbat al Ansar, fondato negli anni ’90, anch’esso ispirato all’ideologia jihadista-salafita. Al Shabab al Muslim è formato da ex combattenti in Siria e da persone vicine allo sceicco salafita Ahmad el Assir. Durante gli scontri, alcuni colpi di mortaio sarebbero caduti anche in aree della città di Sidone, esterne rispetto al campo profughi, nonché vicino al campo di Miyeh-Miyeh. Scontri simili si erano già registrati tra la fine di luglio e i primi giorni di agosto in seguito all’uccisione di un membro di un gruppo islamico all’interno dello stesso campo di Ain el Hilweh. La nuova ondata di tensione all’interno del campo profughi, il più grande del Libano, con circa 80.000 persone al suo interno, si inserisce in un contesto regionale caratterizzato dalla forte ostilità tra Fatah e il movimento palestinese Hamas, oltre che dai tentativi degli Stati Uniti di avviare le relazioni diplomatiche tra Israele e Arabia Saudita. Il “frequente ripetersi di scontri a così alta intensità all’interno del campo si lega certamente alle tensioni interne allo stesso complesso ed eterogeneo movimento palestinese, ma evidenzia anche un preoccupante climax di tensione sociale in Liba- no”, ha dichiarato ad “Agenzia Nova” l’analista geopolitica Roberta La Fortezza.

Gli scontri nel campo di Ain el Hilweh “si inseriscono in una situazione di ormai conclamata aperta tensione tra Fatah e Hamas e in un contesto in cui la leadership di Abbas in Cisgiordania, soprattutto dopo le rimandate sine die elezioni del 2021, appare sempre più instabile”, ha spiegato l’esperta. Dopo gli eventi del 2006-2007, quando Hamas ha preso il controllo politico della Striscia di Gaza, le relazioni tra i due gruppi si sono fortemente irrigidite. Lo stesso accordo raggiunto nel 2017 tra le due entità politiche palestinesi “ha lasciato aperte nume- rose questioni, condizionando nei fatti la reale implementazione di una riconciliazione tra le parti. I rapporti sono considerevolmente peggiorati nel corso degli ultimi anni, in particolare dopo l’escalation armata di Hamas e gruppi della Striscia di Gaza contro Israele del maggio 2021 e, come detto, dopo la decisione del presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abbas, di rimandare le elezioni programmate per il 2021”, ha aggiunto. Dopo questi due eventi, ha evidenziato La Fortezza, “ha preso definitivamente forma una nuova strategia da parte di Hamas, il quale ha cercato di aumentare la pressione sull’Anp tramite una più risolutiva azione politica (e anche operativa) nelle vicende della Cisgiordania, e soprattutto di Gerusalemme. In questo modo Hamas ha recuperato parte dei consensi persi al- l’interno del movimento palestinese, facendosi promotore di una più attiva lotta armata contro Israele, senza tuttavia subire le conseguenze negative dei raid israeliani sul territorio amministrato, e fondendo ideologicamente la lotta di Gaza con quella della Cisgiordania (e di Gerusalemme Est)”. Come effetto, “l’azione politica di Hamas ha contribuito a ridurre ulteriormente i consensi interni di Fatah, già in calo per varie ragioni, e più in generale i consensi nel popolo palestinese a favore della storica Anp”.

L’opposizione tra i due principali partiti palestinesi, alcuni dei quali vicini a Teheran, non si esplica soltanto nelle tensioni nei Territoti palestinesi, ma anche nei campi profughi in Libano. Al riguardo: La Fortezza ha spiegato: “Queste lotte, intestine al composito movimento palestinese, stanno trovando espressione concreta non solo nei Territori palestinesi ma anche, appunto, nei campi profughi palestinesi libanesi, dove, da un lato, Fatah cerca di mantenere una leadership che non è più considerata dai palestinesi un immutabile dato storico e, dall’altro, gli altri gruppi presenti, più vicini ad Hamas e alle declinazioni islamiste del movimento palestinese, cercano di sfidarne la leadership per prendere il controllo di queste enclavi in territorio libanese”. Per quanto attiene, invece, più specificatamente al Libano, “la gravissima instabilità economico-finanziaria, sociale e politica vissuta dal Paese sta comportando un aumento delle tensioni tra le varie comunità confessionali libanesi, così come all’in- terno di quelle palestinesi e contro quelle siriane presenti sul territorio nazionale”, ha chiarito La Fortezza. Per l’esperta, “proprio la complessa situazione sociale e istituzionale del Libano rende estrema- mente delicata la gestione dei rapporti con i gruppi palestinesi presenti sul territorio. Occorre infatti sottolineare due aspetti: da un lato i palestinesi, perlopiù sunniti, contribuiscono ad alterare gli equilibri confessionali interni al Libano, già estremamente instabili in ragione delle note variazioni demografiche rispetto all’ultimo censimento del 1932; dall’altro, in base a un accordo del 1969, i campi palestinesi rappresentano un territorio non soggetto alla jurisdiction delle autorità libanesi, ma sotto l’esclusivo controllo dei gruppi palestinesi”. “Come accaduto anche prima della guerra del 1975 – 1990, all’interno di questi campi possono pertanto alimentarsi violenze armate di intensità tale da impattare anche sulla stabilità delle aree libanesi all’esterno di queste strutture palestinesi e più in generale, sui già precari equilibri confessionali e sociali del Libano”, ha concluso.