Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 07/09/2024
Il comandante in capo dell’Esercito libico nazionale con sede nell’est, Khalifa Haftar, e il presidente della Camera dei rappresentanti, Aguila Saleh, hanno supervisionato ieri la firma di un accordo di riconciliazione tra la tribù dei Tebu e le comunità locali nella città di Murzuq, nel Sud della Libia, dopo anni di conflitto. Alla cerimonia ha partecipato anche il capo del governo orientale libico designato dal Parlamento dell’est, Osama Hamad. I Tebu sono un gruppo etnico sahariano di ceppo etiope presente nella Libia meridionale, ma anche in Niger e in Ciad. Il governo libico di Bengasi, non riconosciuto a livello internazionale, ha dichiarato che questa iniziativa rappresenta un “prelu – dio per il raggiungimento della pace e della stabilità nel Sud della Libia”.
L’accordo prevede l’impegno di entrambe le parti a cessare le ostilità e a promuovere il dialogo come mezzo per risolvere i conflitti in modo pacifico. L’intesa include anche condizioni chiare per la cessazione delle ostilità, garanzie di rispetto, meccanismi di monitoraggio per l’attuazione della tregua, la limitazione dei danni e delle perdite, il risarcimento dei soggetti danneggiati e il ripristino della stabilità nella città. L’associazione Al Mithaq delle famiglie di Murzuq, istituita anni fa da una delle parti in conflitto, ha definito l’accordo firmato ieri a Sebha come un insieme di regole generali volte a dimostrare buone intenzioni, ma la semplice volontà di procedere verso la pace “non implica la riconciliazione con coloro che hanno attaccato, ucciso, rapito e sfollato gli abitanti di Murzuq”.
Piuttosto, rappresenta “un’affermazione del raggiungimento di una riconciliazione nazionale secondo regole legittime e legali e di una giustizia transitoria che faccia giustizia agli oppressi e punisca gli oppressori”. Alcuni osservatori ritengono che l’iniziativa patrocinata da Haftar, uomo forte della Cirenaica, sia un tentativo di rimandare la risoluzione di un conflitto complesso, di cui molti accusano Haftar stesso di essere la causa. Le forze dell’est, infatti, hanno sostenuto una delle parti del conflitto nel 2019: in quell’anno, peraltro, un attacco con droni su un raduno tribale dei Tebu causò la morte di oltre 40 persone durante una festa di nozze nel castello storico di Murzuq. La situazione a Murzuq, città e distretto del sud-ovest della Libia che ospita i giacimenti petroliferi di Sharara ed El Feel, è tesa da anni.
Gli uomini dell’Enl non sono mai riusciti a stabilirsi stabilmente nella regione per evitare di essere accusate di favorire una delle parti, in particolare le tribù e i clan di etnia araba, nel conflitto civile che da anni affligge il Sud della Libia. Questo accordo, anche se solo formale, potrebbe offrire a Haftar una nuova legittimazione per operare liberamente in tutte le direzioni, senza il timore di essere accusato di favorire un gruppo rispetto a un altro. L’accordo di riconciliazione potrebbe inoltre consentire al clan Haftar di offrire benefici alla popolazione di Murzuq, inclusi progetti di ricostruzione e compensazioni, come passo preliminare per consolidare il controllo su tutte le regioni meridionali al confine con il Ciad e il Niger. La firma dell’accordo è avvenuta ieri al Palazzo Fezzan di Sebha, a margine della prima Conferenza per la ricostruzione del Sud, inaugurata dal presidente Fondo libico per lo sviluppo e la ricostruzione, Belgassem Haftar, uno dei figli dell’uomo forte della Cirenaica, sotto lo slogan “Dall’emarginazione alla ricostruzione”.
L’evento, spiega il sito web d’informazione libico “Al Wasat”, mira a rilanciare l’economia e a sostenere lo sviluppo delle regioni meridionali del Paese, da tempo segnate da conflitti e carenze infrastrutturali. Il Fezzan, la regione della Libia sud-occidentale ricca di risorse naturali ma povera di servizi, nonché crocevia di traffici illeciti di ogni tipo (esseri umani, armi, droga, carburante, sigarette), è in gran parte sotto il controllo delle autorità libiche che fanno capo a Bengasi, capoluogo della Cirenaica e centro di potere degli Haftar. Il Governo di unità nazionale di Tripoli (Gun) guidato dal primo ministro Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalle Nazioni Unite, controlla invece la Tripolitania, la regione nord-occidentale libica dove risiede la maggior parte della popolazione.
La disputa tra le autorità rivali della Libia ha recentemente coinvolto anche la Banca centrale e, di conseguenza, anche i pozzi di petrolio. Lo scorso 18 agosto, il Consiglio presidenziale con sede a Tripoli ha tentato di sostituire il potente governatore della Banca centrale libica, Al Saddiq al Kabir, in carica dal 2011. Tuttavia, Al Kabir e l’amministrazione libica basata a est si rifiutano di riconoscere la legittimità del nuovo Consiglio. La crisi ha innescato un blocco della produzione di petrolio in Libia di quasi il 70 per cento e rischia di compromettere la capacità del Paese di effettuare transazioni finanziarie internazionali. La Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) sta portando avanti dei “colloqui separati” tra i membri della Camera dei rappresentanti, dell’Alto consiglio di Stato e del Consiglio presidenziale per sbloccare la crisi. Secondo quanto riferito dall’Onu, è stata raggiunta un’intesa di massima che prevede la nomina di un nuovo governatore e del consiglio di amministrazione della Banca centrale della Libia. La nomina dovrebbe avvenire nell’arco di 30 giorni. L’Unsmil ha espresso ottimismo sull’esito dei colloqui, mentre le due camere hanno chiesto di prolungare le trattative di alcuni giorni.