Libia, il presidente dell’Alto Consiglio di Stato «L’Italia ci aiuti contro i trafficanti di esseri umani»

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 24/02/2024

Takala: «Sappiamo che i rapporti fra i popoli migliorano quando ci sono buone relazioni politiche ed economiche fra i Paesi»

La Libia considera l’Italia come “un Paese amico” e “la porta verso l’Europa”, ma ha bisogno dell’aiuto di Roma per combattere la piaga dei trafficanti di esseri umani. Lo afferma ad “Agenzia Nova” Mohamed Takala, presidente dell’Alto Consiglio di Stato della Libia. Nato nel 1966 a Khums, 120 chilometri a est di Tripoli, Takala guida il “Senato” libico con sede a Tripoli dallo scorso 6 agosto, ma la sua carriera politica inizia nel 2011, dopo il rovesciamento dell’ex presidente Muammar Gheddafi, quando viene eletto nel consiglio locale della sua città natale. Nel 2012, quindi, è nominato tra i membri del Congresso nazionale generale, l’autorità legislativa di allora. Quattro anni dopo, nel 2016, Takala entra a far parte del comitato per il dialogo dell’allora Consiglio di Stato, mentre nel 2020 diviene membro del Forum per il dialogo nazionale libico (Lpdf) che ha poi eletto l’attuale primo ministro del Governo di unità nazionale (Gun), Abdulhamid Dabaiba, nel febbraio 2021.


“Con l’Italia intratteniamo relazioni durature e di lungo periodo. Apprezziamo molto la posizione positiva dell’Italia rispetto alla rivoluzione del 17 febbraio”, afferma Takala, in riferimento ai moti che hanno deposto il regime militare di Muammar Gheddafi. “Dal punto di vista politico, la posizione dell’Italia verso la Libia è stata sempre positiva. Sappiamo che i rapporti fra i popoli migliorano quando ci sono buone relazioni politiche ed economiche fra i Paesi. Noi consideriamo l’Italia un Paese amico, molto vicino, che costituisce per noi la porta verso l’Europa”, aggiunge il presidente della camera alta libica con funzioni prevalentemente consultive, ma comunque indispensabili per le decisioni e le nomine più rilevanti. Istituito dall’Accordo politico di Shkirat del 2015, il “Senato” libico è formato da ex deputati del Congresso generale nazionale, ex autorità legislativa libica (2012- 2014) dominata dai partiti di ispirazione islamista e dai rivoluzionari anti-Gheddafi.

Proprio ieri il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha ricevuto Takala a palazzo Giustiniani. Si è trattato del primo incontro tra i due dopo la nomina dell’esponente politico libico la scorsa estate. “Ieri al Senato ho incontrato il presidente del Senato La Russa, che mi ha invitato, e il capo del comitato parlamentare di amicizia Italia-Libia, Marco Scurria. Io, per risposta, ho annunciato la costituzione di un comitato di amicizia Libia-Italia: emaneremo il decreto ufficiale al mio rientro in Libia. Così, faciliteremo i contatti tra l’Alto Consiglio di Stato e il Senato della Repubblica, in appoggio ai governi, per rafforzare le relazioni fra i due Paesi. Ho anche invitato il presidente del Senato La Russa in Libia. Spero che venga in un prossimo futuro”, riferisce Takala. Il Consiglio di Stato è tornato protagonista della scena politica libica avviando nel 2022 un negoziato con la Camera dei rappresentanti, il Parlamento eletto nel 2014, sulla base costituzionale delle elezioni. Nel giugno 2024, al termine di un lungo percorso, il comitato misto per la preparazione delle leggi elettorali (6+6), formato appunto da “senatori” dell’ovest e “deputati” dell’est, aveva raggiunto un accordo a Bouznika, in Marocco, una bozza di intesa sui punti relativi all’elezione del capo dello Stato e dei membri del futuro Parlamento. A ottobre, tuttavia, la Camera dei rappresentanti dell’est ha ratificato le leggi elettorali con alcuni cambiamenti poi respinti dall’Alto Consiglio.

Secondo la Missione di sostegno delle Nazioni Unite (Unsmil), gli ostacoli da superare sono almeno quattro: primo, la previsione di un secondo turno obbligatorio per le elezioni presidenziali, anche se il vincitore del primo turno ottenesse il 50 per cento più uno dei voti; secondo, la disposizione collega le elezioni presidenziali e parlamentari, subordinando le elezioni della futura dell’Assemblea nazionale al successo delle presidenziali; terzo, la questione di un governo unitario per portare il Paese alle elezioni e chiudere il capitolo dei governi ad interim; quarto, la necessità della piena inclusione dei libici, comprese le donne e tutte le componenti culturali. “Noi appoggiamo le elezioni, però dovrebbero essere fatte secondo leggi concordate da tutte le parti. Noi sosteniamo la bozza raggiunta in Marocco”, afferma ancora Takala, esprimendosi anche sulla questione del nuovo governo. “Prima facciamo le leggi per le elezioni, poi possiamo anche concordare un governo di unità nazionale”, aggiunge.

Per superare le divisioni, l’inviato Onu in Libia, Abdoulaye Bathily, sta portando avanti un’iniziativa rivolta ai cinque principali soggetti istituzionali libici – il Consiglio presidenziale (organo tripartito che svolge le funzioni di capo di Stato), la Camera dei rappresentanti, l’Alto Consiglio di Stato, il Governo di unità nazionale (Gun, l’esecutivo riconosciuto dall’Onu basato a Tripoli) e il Comando generale dell’Esercito nazionale libico (Enl, guidato dal generale Khalifa Haftar). Questi cinque attori dovrebbero nominare tre rappresentanti che dovranno sedere allo stesso tavolo per trovare un compresso accordo sulle cosiddette “questioni irrisolte”. Ad oggi, tuttavia, l’Enl e la Camera dei rappresentanti non intendono partecipare al tavolo negoziale senza l’inclusione del cosiddetto Governo di stabilità nazionale, guidato dal premier designato dal Parlamento, Osama Hammad, o l’esclusione del Governo di unità nazionale di Tripoli del primo ministro uscente, Abdulhamid Dabaiba. “Noi abbiamo già dato i nomi dei nostri tre rappresentanti e siamo d’accordo sull’iniziativa. Appoggiamo subito qualsiasi dialogo, purché ci allontani dalle guerre e dai conflitti”, spiega Takala.

Quanto al dossier migratorio, vale la pena ricordare che almeno 4.028 migranti sono sbarcati irregolarmente in Italia dall’inizio dell’anno al 15 febbraio, in calo del 46,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023, quando sulle coste italiane erano arrivate 7.857 persone. L’analisi dei Paesi di partenza delle imbarcazioni evidenzia un cambiamento sostanziale, con la Libia che supera la Tunisia. Una novità rispetto allo scorso anno, quando la rotta tunisina aveva registrato 100 mila sbarchi, mentre quella libica 50 mila. Stando ai dati aggiornati al 15 febbraio 2024, se gli arrivi sulle coste italiane dei migranti provenienti dalla Tunisia sono passati da 4.236 a 1.172 (-72,3 per cento), quelli dalla Libia sono aumentati da 2.614 a 2.822 (+7,9 per cento). “La Libia si considera una vittima dell’immigrazione clandestina, esattamente come lo è l’Italia”, commenta Takala. “Anzi, noi subiamo l’immigrazione clandestina più dell’Italia. La Libia non è stabile al momento e questi immigrati vengono sfruttati dalle organizzazioni criminali. Siamo i primi a combattere l’immigrazione clandestina, però abbiamo bisogno di aiuti. In primis – aggiunge il presidente dell’Alto Consiglio di Stato – per il controllo delle frontiere del sud, perché l’immigrazione clandestina viene da li”.

Un recente rapporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha registrato un forte incremento dei flussi migratori in Niger, aumentati 45 per cento a gennaio 2024 rispetto al precedente mese di dicembre.