Libia, l’Italia resta in prima filanel prestare soccorso e fornire aiuti

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 20/09/2023

Sono ore convulse nella Libia orientale flagellata dalle devastanti alluvioni a seguito del passaggio del ciclone sub-tropicale “Daniel”. Il generale Khalifa Haftar, comandante in capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl), ha ordinato l’evacuazione delle aree colpite e, in particolare, della città di Derna. L’ordine riguarda anche i giornalisti, sia nazionali che stranieri, che stavano coprendo le operazioni di soccorso e che ieri avevano dato notizia di massicce manifestazioni di protesta dirette contro la Camera dei rappresentanti, il parlamento eletto nel 2014 presieduto dal politico libico di lungo corso Aguila Saleh, e contro il Consiglio municipale. Sui media libici è circolata l’informazione che ad alcune squadre di soccorso internazionali – in particolare turche, ma anche algerine – sarebbe stato chiesto di lasciare le zone alluvionate. Tuttavia, una fonte militare di Derna ha confermato ad “Agenzia Nova” che per il momento tutte le squadre stanno lavorando normalmente e che a nessuno è stato chiesto di lasciare la zona.

Del resto, la corsa internazionale per fornire aiuti e per la ricostruzione della Libia orientale potrebbe aprire una nuova partita geopolitica nel Mediterraneo. Fino al 70 per cento delle infrastrutture della Cirenaica è stato danneggiato: ci sono decine di ponti, chilometri di strade, porti e aeroporti da ricostruire. Paesi rivali come Turchia ed Egitto, Emirati Arabi Uniti e Qatar, Russia e Francia si sono affrettati a inviare navi, aerei, mezzi di trasporto, squadre di soccorso civili e militari proprio a Derna, città di circa 100 mila abitanti praticamente spazzata via dalle inondazioni causate dal cedimento di due dighe. Anche l’Italia è intervenuta fin da subito, inviando sul posto squadre di soccorso delle Forze armate, del- la Protezione civile, dei Vigili del fuoco e della Croce rossa, due navi da guerra anfibie classe San Giorgio, due elicotteri e tre voli C-130J. Non solo. Il comandante operativo di Vertice interforze (Covi), generale Francesco Paolo Figliuolo, ha presieduto ieri a Misurata, nell’ovest del Paese, la cerimonia di avvicendamento al comando della Missione bilaterale italiana di assistenza e supporto, la cosiddetta Miasit. La cerimonia ha sancito il formale passaggio di consegne tra il generale Michele Fraterrigo (Esercito italiano) – alla guida del contingente dal settembre del 2022 – e il parigrado Dario Antonio Missaglia (Aeronautica militare).

Miasit è stata rimodulata lo scorso anno per addestrare i militari libici a operare – tra le altre cose – anche a favore delle popolazioni colpite da calamità come quella in corso. Unità militari libiche formate dagli italiani per lo sminamento ed equipaggiate grazie a fondi del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale sono già operative a Derna. Anche la forza antiterrorismo con soccorritrici donne formate dagli italiani si è recata dalla città occidentale di Misurata, la piccola “Sparta” che ha combattuto prima contro lo Stato islamico (2016) e poi contro l’offensiva tentata da Haftar su Tripoli (2019-2020), alla zona del disastro. E poi ci sono le motovedette fornite dall’Italia, che da Tripoli sono andate a Derna e sono al lavoro per il recupero dei corpi in mare e altre operazioni di soccorso. In molti ora si chiedono se la Miasit possa essere nuovamente riconfigurata tornando al modello “Ippocrate”, la prima missione italiana del 2017 durante la fase più critica della guerra in Libia contro lo Stato islamico, che aveva come scopo principale l’assistenza sanitaria alla popolazione e ai militari libici coinvolti nel conflitto. Da parte sua, il capo di Stato maggiore del Governo di unità nazionale (Gun) di Tripoli, generale Mohammed el Haddad, ha manifestato a Figliuolo una richiesta ufficiale di formazione in campo del soccorso in caso di calamità.

Dal febbraio 2022, l’ex Jamahiriya di Muammar Gheddafi è sostanzialmente divisa in due coalizioni politiche e militari rivali: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato soprattutto dalla Turchia; dall’altra il Governo di stabilità nazionale guidato da Osama Hammad, di fatto un esecutivo parallelo basato in Cirenaica, ormai ridotto a una scatola vuota priva di funzioni, dal momento che a comandare nell’est è il generale Haftar. Per uscire dallo stallo politico, l’inviato dell’Onu Abdoulaye Bathily aveva lanciato, il 27 febbraio scorso, un piano per redigere gli emendamenti costituzionali e le leggi elettorali necessarie per tenere elezioni “libere, inclusive e trasparenti” entro il 2023. Tuttavia, il termine ultimo proposto da Bathily per preparare la tabella di marcia è scaduto il 15 giugno e lo stesso inviato ha detto che lo “status quo” non è più tollerabile.

Dopo il disastro, sia le autorità rivali di Tripoli che quelle di Bengasi hanno avviato un coordinamento – al livello informale – per ricevere gli aiuti internazionali che, sul terreno, vengono organizzati logisticamente dalle forze di Haftar. Non a caso, l’inviato speciale Onu Bathily ha “ribadito l’urgenza che la Libia disponga di istituzioni unificate e legittime per rispondere efficacemente a tutte le sfide che la nazione deve affrontare”, sollecitando “sforzi rapidi, coordinati e uniti” per soccorrere la popolazione colpita da un disastro destinato ad avere ripercussioni in Libia per decenni. Tuttavia, il rischio che le autorità di Tripoli e di Bengasi possano sfruttare la situazione di emergenza per mantenere lo status quo, rimanendo al potere e procrastinando “sine die” le elezioni, è molto alto.