Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 05/10/2024
È ufficialmente terminato in Libia il blocco dei giacimenti e dei porti petroliferi dopo un mese di fermo che è costato al Paese nordafricano, membro dell’Opec+, una perdita stimata intorno agli 1,4 miliardi di dollari. La National Oil Corporation (Noc) ha revocato ieri lo stato di forza maggiore, cioè l’impossibilità di consegnare i carichi di greggio ai clienti. La decisione, comunicata tramite una nota diffusa dall’azienda libica, fa seguito all’annuncio del Governo di stabilità nazionale (Gsn) di Bengasi, che aveva adottato una misura simile. Il blocco è iniziato alla fine di luglio con l’interruzione delle attività nel giacimento di Sharara, il più grande della Libia, situato nel sud e gestito dalla compagnia spagnola Repsol. Successivamente, ad agosto, il blocco ha coinvolto la maggior parte dei giacimenti petroliferi a causa della disputa tra le amministrazioni rivali dell’est e dell’ovest del Paese per il controllo della Banca centrale.
La questione è particolarmente rilevante per l’Italia perché la Libia, dopo dieci anni, è tornata a essere il principale fornitore delle raffinerie italiane, con 7,39 milioni di tonnellate di greggio importate nei primi sette mesi del 2024, pari al 22,3 per cento del totale nazionale, segnando un incremento del 28,6 per cento rispetto all’anno precedente. Il governo libico di Bengasi, non riconosciuto dalla comunità internazionale ma sostenuto dalla Camera dei rappresentanti e dall’Esercito nazionale libico (Enl) guidato dal generale Khalifa Haftar, aveva imposto il blocco petrolifero come “misura preventiva” a seguito della disputa con le autorità di Tripoli, che fanno capo al primo ministro del Governo di unità nazionale (Gun), Abdulhamid Dabaiba, per il controllo della strategica Banca centrale.
Prima del blocco, la produzione petrolifera libica superava i 1,2 milioni di barili al giorno, mentre durante la crisi è scesa a circa 300 mila barili giornalieri. Poco prima dell’interruzione, la Noc stava portando avanti diversi progetti per incrementare la produzione petrolifera del Paese fino a 1,4 milioni di barili al giorno entro la fine del 2024, con l’obiettivo di raggiungere i 2 milioni di barili nel corso del 2025. Tuttavia, senza una stabilità politica duratura e il sostegno finanziario della Banca centrale, i piani della Libia di tornare ai livelli di produzione dell’era Gheddafi, o addirittura superarli, rischiano di rimanere solo ambizioni sulla carta.
Secondo Jalel Harchaoui, specialista in Libia presso il Royal United Services Institute, il blocco petrolifero imposto dall’est ha alterato gli equilibri su cui si fondava il Paese nordafricano, basati su un tacito accordo che manteneva lo status quo tra le due potenti famiglie al comando: i Dabaiba a Tripoli (ovest) e gli Haftar a Bengasi (est). “L’annuncio della Noc di revocare lo stato di forza maggiore il 3 ottobre non dovrebbe oscurare il silenzio e la debolezza mostrati in precedenza, quando la famiglia Haftar ha imposto il blocco alla fine di agosto. Questo blocco, durato cinque-sei settimane, si è rivelato peculiare: ha dimostrato la nuova leva finanziaria che gli Haftar esercitano su Tripoli, creando un precedente per futuri conflitti tra le due dinastie familiari della Libia”, ha detto Harchaoui ad “Agenzia Nova”.