Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 10/09/2024
Dopo undici mesi di tensione in Medio Oriente, la situazione rimane critica, imbrigliata tra gli interessi degli attori coinvolti e i tentativi di mediazione portati avanti da Stati Uniti, Egitto e Qatar. L’allargamento della crisi al Libano e la regia dell’Iran hanno esteso il fronte del confronto. Le decine di omicidi mirati, tra le quali spicca quella del capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran il 31 luglio, tengono la regione, e soprattutto Israele, con il fiato sospeso per sapere se, come e quando la guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, e i pasdran reagiranno. A oltre un mese di distanza dall’uccisione di Haniyeh, per la quale Teheran ritiene responsabile Israele, non c’è stata un’azione diretta da parte dell’Iran contro lo Stato ebraico, come avvenuto tra il 13 e il 14 aprile scorso dopo l’uccisione nel consolato iraniano a Damasco, in Siria, di alcuni pasdaran. Tuttavia, non sono mancati gli attacchi degli alleati iraniani contro Israele, in particolare con dei miliziani sciiti libanesi Hezbollah.
Nel fine settimana, dal Libano sono stati lanciati oltre 50 razzi sul nord di Israele, e appena due settimane prima, il 24 agosto, l’intelligence israeliana ha sventato un attacco su vasta scala colpendo siti di lancio di razzi di Hezbollah. A quasi un anno dal 7 ottobre, il principale terreno di scontro indiretto fra Iran e Israele si è spostato da Gaza, dove i militari israeliani continuano le loro operazioni, al confine tra Libano e Israele. A conferma, proprio ieri nel loro incontro il capo del Comando centrale dell’Esercito degli Stati Uniti (Centcom), generale Michael Kurilla, e il capo di Stato maggiore della Difesa israeliano, generale Herzi Halevi, hanno esaminato la situazione attuale e discusso in particolare “dell’Iran e del fronte settentrionale”, dove dall’8 ottobre il movimento sciita libanese Hezbollah lancia razzi e droni verso il nord di Israele, in risposta all’operazione militare lanciata da Tel Aviv sulla Striscia di Gaza. Kurilla ha incontrato anche il capo del Comando settentrionale, generale Ori Gordin, che ha illustrato i piani operativi delle Idf relativi al Libano. “Le Idf continueranno a rafforzare la relazione con le forze armate statunitensi nel quadro dell’impegno per rafforzare la stabilità regionale e il coordinamento reciproco”, ha fatto sapere l’esercito israeliano su X. Nelle ultime ore, poi, il comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, Hossein Salami, ha dichiarato che “l’incubo dell’inevitabile risposta dell’Iran sta scuotendo Israele giorno e notte”. Salami ha aggiunto che i leader israeliani sono in uno stato di squilibrio e tensione, anticipando che la risposta iraniana sarà “dolorosa e diversa da quella che si aspettano”.
Le minacce di ritorsione dell’Iran avvengono in concomitanza con un attacco aereo, attribuito a Israele, condotto nella notte tra domenica e lunedì dal nordovest del Libano contro alcune zone del territorio siriano, vicino ad Hama, causando 25 morti e 36 feriti. A smorzare i toni è intervenuto ieri il presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, esponente del partito libanese sciita Amal e molto vicino a Hezbollah. L’escalation militare tra Libano e Israele “rimarrà relativamente controllata, ma il sostegno del fronte nel sud non si fermerà finché non cesserà l’aggressione a Gaza”, ha dichiarato in un’intervista al quotidiano “Al Joumhouria”. Nell’intervista Berri ha espresso il timore che “il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu continui la guerra fino alle elezioni presidenziali statunitensi per ragioni personali e politiche”. Per il presidente del parlamento, “Netanyahu non vuole offrire ai democratici alcun risultato, come ad esempio un accordo per un cessate il fuoco permanente, perché ritiene che il suo interesse risieda nella vittoria di Donald Trump”.
Parallelamente ai confronti militari, prosegue a tratti e nel riserbo l’attiva diplomatica. Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano “Jerusalem Post”, i funzionari statunitensi hanno suggerito che Teheran potrebbe ritardare la sua risposta (per vendicare l’uccisione di Haniyeh) per consentire ai mediatori internazionali, come Egitto, Qatar e Stati Uniti, di continuare a negoziare per raggiungere il cessate il fuoco a Gaza. I funzionari statunitensi, inoltre, hanno anche confermato che gli Stati Uniti avevano avvertito l’Iran di non lanciare un grande attacco missilistico su Israele a causa delle potenziali conseguenze e del rischio di un’escalation delle tensioni regionali. La difficoltà di raggiungere un cessate il fuoco fra Israele e Hamas riguarda anche il ruolo dell’Egitto che con veemenza si oppone al mantenimento della presenza israeliana lungo il Corridoio Filadelfia e rigetta le accuse di aver consentito il transito di armi verso Gaza.
L’altro canale diplomatico attivo è quello europeo. Proprio nel fine settimana il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha dato il via a una visita in Egitto e Libano per discutere della tensione regionale. Al Cairo ieri Borrell ha incontrato il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, per discutere dei negoziati per raggiungere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti dal movimento islamista palestinese Hamas. Il capo dello Stato egiziano ha sottolineato la gravità dell’escalation in corso, che spinge nella direzione di un allargamento del conflitto, e ha sottolineato a questo proposito le responsabilità della comunità internazionale e dell’Unione europea nell’esercitare pressioni per raggiungere un accordo e porre fine alle violenze (comprese quelle in Cisgiordania), al fine di ripristinare la stabilità della regione. Da parte sua, Borrell ha espresso il suo apprezzamento per il ruolo svolto dall’Egitto nei negoziati e per il suo ruolo per la stabilità, e ha ribadito la volontà dell’Ue di proseguire le consultazioni con il Cairo. Nei prossimi giorni Borrell si recherà in Libano nel tentativo di evitare l’escalation. Secondo indiscrezioni della stampa israeliana, la prossima settimana, il 14 e 15 settembre, Borrell avrebbe voluto recarsi anche in Israele, ma il ministro degli Esteri Israel Katz avrebbe rifiutato di incontrarlo per precedenti impegni. Sebbene non vi siano informazioni ufficiali, va notato che Borrell ha espresso ripetutamente idee sul conflitto a Gaza non gradite a Gerusalemme. A complicare ulteriormente la sicurezza regionale, l’attacco al valico di Allenby, tra Giordania e Israele, dove un camionista giordano ha ucciso tre israeliani. L’azione terroristica è stata accolta con giubilo in Giordania, da dove il re Abdullah II ha esortato Israele a fermare l’operazione militare a Gaza, ma senza mai mettere in discussioni le relazioni diplomatiche esistenti tra i due Paesi, entrambi alleati degli Stati Uniti. Un attacco da valutare con attenzione anche per i possibili risvolti interni in Giordania, alla vigilia delle elezioni parlamentari di oggi.