MELONI CHIUDE LA ROTTA BALCANICA «NECESSARIO SOSPENDERE SCHENGEN»

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 19/20/2023

Crisi Medio oriente, l’Italia ha introdotto controlli temporanei alla frontiera con la Slovenia

Il premier italiano Giorgia Meloni chiude la rotta balcanica. Vengono ripristinati i controlli ai confini con la Slovenia. “La sospensione del Trattato di Schengen sulla libera circolazione in Europa si è resa necessaria per l’aggravar- si della situazione in Medio Oriente, l’aumento dei flussi migratori lungo la rotta balcanica e soprattutto per questioni di sicurezza nazionale, e me ne assumo la piena responsabilità” ha scritto su Facebook Meloni. “Ne abbiamo parlato con i colleghi sloveni, ai quali abbiamo rinnovato la nostra piena collaborazione sul contrasto ai flussi di migranti illegali” ha aggiunto. La decisione è dunque frutto degli sviluppi del conflitto incorso in Medio Oriente, dove lo scontro tra le forze di Israele e il movimento islamista palestinese Hamas si sta intensificando, e che ha “aumentato il livello di minaccia di azioni violente anche all’interno dell’Unione”, come hanno di mostrato anche gli attentati terroristici avvenuti ad Arras, venerdì scorso, e a Bruxelles lunedì sera. Del resto, già nel corso della sua visita a Maputo, il presidente del Consiglio aveva evidenziato la necessità di porre l’attenzione sulla rotta balcanica, e la decisione di ieri segna il passaggio dalle parole ai fatti.

LA VISITA DI BIDEN IN ISRAELE

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha terminato ieri pomeriggio la sua visita in Israele. Una conclusione anticipata rispetto ai programmi iniziali: il capo della Casa Bianca avrebbe dovuto recarsi anche ad Amman per incontrare il re giordano Abdullah II, il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi e il leader palestinese Mahmoud Abbas, ma la tappa è stata cancellata dall’agenda di viaggio dopo l’esplosione che ha colpito ieri l’ospedale Al Ahli di Gaza e che ha provocato la morte di un enorme numero di civili, 500 secondo il gruppo islamista palestinese Hamas. Quest’ultimo ha attribuito l’attacco alle forze di difesa israeliane (Idf), alimentando proteste contro lo Stato ebraico in tutta la regione e inducendo le autorità di Amman ad annullare il vertice a quattro. Israele ha risposto suggerendo che dietro l’esplosione a Gaza vi sia un razzo lanciato dalla Jihad islamica palestinese, altro gruppo armato attivo nella Striscia. Una valutazione condivisa oggi da Biden, che ha parlato di “dati del Pentagono” che scagionerebbero Israele. Il presidente statunitense, che sentirà telefonicamente Abdullah II, Al Sisi e Abbas durante il viaggio di ritorno a Washington a bordo dell’Air Force One, ha così ribadito il proprio “fermo sostegno” a Israele e al suo premier, Benjamin Netanyahu, nel momento più difficile dopo le incursioni di Hamas dello scorso 7 ottobre, costate la vita ad almeno 1.400 persone e conclusesi con il trasferimento nella Striscia di Gaza di decine di ostaggi.

Nei suoi interventi pubblici, prima e dopo l’incontro con Netanyahu (al quale hanno preso parte pure il segretario di Stato Antony Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan) e la riunione del gabinetto di guerra israeliano cui ha partecipato, Biden ha paragonato le azioni di Hamas a quelle dello Stato islamico, al quale attribuisce anche “più razionalità”, e ha fissato come “priorità più alta” per gli Stati Uniti il ritorno a casa in sicurezza degli ostaggi. Ha ribadito che Washington si assicurerà che Israele abbia tutti i mezzi per difendersi, e ha sottolineato come per lo Stato ebraico, in proporzione, gli attacchi del 7 ottobre siano stati equivalenti a 15 “11 settembre”. Tuttavia, ha anche invitato Israele a non lasciarsi “consumare dalla rabbia” e a non commettere quegli stessi errori che gli Stati Uniti commisero dopo gli attentati del 2001. “In tempo di guerra – ha sottolineato Biden le decisioni non sono mai chiare o facili. Ci sono sempre dei costi. Ma devono essere prese. Bisogna porsi domande molto difficili, fare chiarezza sugli obiettivi ed essere onesti sulla propria capacità di raggiungere quegli obiettivi”. Il messaggio a Israele è chiaro: Biden ribadisce la ferma solidarietà da parte degli Stati Uniti, ma chiede anche che la risposta a Hamas non sia eccessiva e non rischi di trasformare la crisi in corso in una guerra regionale, né di danneggiare le relazioni tra Washington e i suoi alleati arabi nella regione.

“La grande maggioranza dei palestinesi non è Hamas, e Hamas non rap- presenta il popolo palestinese. Hamas usa famiglie innocenti come scudi umani, mette centri di comando e armi in aree residenziali. Anche il popolo palestinese sta soffrendo enormemente”, ha detto il presidente Usa. Biden ha quindi annunciato di aver raggiunto un accordo con le autorità israeliane per la consegna di aiuti umanitari per 100 milioni di dollari nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania attraverso il valico di Rafah, tra l’exclave palestinese e l’Egitto. Quanto alle prospettive politiche, Biden ha indicato l’intenzione di proseguire sulla strada degli Accordi di Abramo, inaugurata dal suo predecessore Donald Trump. Gli Stati Uniti, ha detto, continueranno a lavorare “per una maggiore integrazione di Israele con i suoi vicini”, in riferimento soprattutto all’accordo per la normalizzazione delle relazioni tra lo Stato ebraico e l’Arabia Saudita su cui l’amministrazione Biden sta lavorando da tempo. “Questi attacchi – ha aggiunto – hanno solo rafforzato il mio impegno, la mia determinazione e la mia volontà a concludere quel lavoro”. Quanto alla questione israelo-palestinese, Biden ha ribadito il suo sostegno alla soluzione a due Stati. La coscienza di Paesi come gli Stati Uniti e Israele, secondo il capo della Casa Bianca, “non si misura dall’esempio del potere, ma dal potere dell’esempio”. “Dobbiamo continuare a perseguire la pace. Dobbiamo continuare a perseguire un percorso che porti Israele e il popolo palestinese a vivere in sicurezza, in dignità e in pace. Per me, questo significa una soluzione a due Stati”.