Missione ad Haiti e lotta ad Al Shabaa Il nuovo ruolo interventista di Nairobi

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 03/10/2023

Kenya: i Caschi blu dell’Onu sono stati accusati nei 20 anni di presenza sull’isola di abusi, violazioni e di avere portato la prima epidemia di colera

l Kenya si candida a guidare la missione multinazionale che potrebbe essere dispiegata ad Haiti in sostegno alle forze di polizia locale nel contrasto alle gang armate che stanno destabilizzando l’isola caraibica. Un’iniziativa che non prevede l’invio di forze Onu ma che la comunità internazionale ha rimesso al voto definitivo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, chiamato ad esprimersi sul mandato dell’intervento e la sua durata, al momento prevista di un anno con una revisione dopo i primi nove mesi. Un monitoraggio reso necessario dal fallimento di precedenti missioni Onu, i cui Caschi blu sono stati accusati nei 20 anni di presenza sull’isola di abusi, violazioni e di avere portato nel piccolo Paese del Caraibi la prima epidemia di colera. Il Kenya si è detto disposto a dispiegare ad Haiti un to- tale di 1.000 uomini, il cui obiettivo principale sarà secondo quanto appreso da “Agenzia Nova” quello di “alleggerire” gli agenti locali dal ser- vizio d’ordine, consentendo loro di concentrarsi esclusivamente sulla lotta contro le bande armate, che a oggi controllano l’80 per cento della capitale Porto Principe. Sarà loro compito, ad esempio, portare avanti l’addestramento delle reclute e ricostruire le infrastrutture strategiche che sono state a tutti gli effetti “sequestrate” dalle bande criminali, ma anche assistere la polizia locale nelle diverse forme di contrasto al traffico internazionale di armi, droga ed esseri umani.

La missione vedrà la partecipazione di Paesi africani e caraibici – fra questi Bahamas, Giamaica, Antigua e Barbuda -, ed è finanziata con 100 milioni di dollari dagli Stati Uniti, interessati a stabilizzare il Paese per arginare i flussi migratori al confine con il Messico. E’ in vista dell’imminente missione ad Haiti, del resto, che Kenya e Stati Uniti hanno di recente stretto relazioni diplomatiche e che il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha fatto visita a Nairobi, siglando un accordo di cooperazione che prevede l’addestramento dei militari delle Forze di difesa del Kenya (Kdf) e un programma di assistenza finanziaria e tecnica nei prossimi cinque anni. L’accordo, ha affermato Austin nel corso di una conferenza stampa, prevede anche una collaborazione negli sforzi di pace e sicurezza all’interno del Paese e nella regione, compreso il previsto dispiegamento di agenti di polizia kenioti ad Haiti. Nairobi è per gli Usa un partner strategico nel settore della sicurezza, e questo non solo dal punto di vista della stabilità del Corno d’Africa: il Paese guidato dal presidente William Ruto è attivamente impegnato nella lotta contro al Shabaab sia all’interno delle sue frontiere che nella vicina Somalia, dove partecipa da anni con truppe scelte alle operazioni di contrasto al gruppo jihadista.

L’avvento al potere di Ruto ha peraltro inferto una svolta più interventista al Paese, che pur sotto il predecessore Uhuru Kenyatta aveva da- to prova di importanti sforzi di mediazione (di recente durante la guerra del Tigré), in risposta ad una minaccia jihadista sempre più concreta anche al di fuori della Somalia: nel 2020 l’attacco di al Shabaab alla base navale di Manda Bay ha provocato perdite sia fra i militari kenioti che fra i contractor statunitensi, mentre a fine agosto dello scorso anno il presidente eletto ma non ancora insediato Ruto aveva ricevuto un messaggio dal gruppo jihadista che esortava Nairobi “a rivedere la sua politica di aggressione militare” in Somalia, minacciando in caso contrario di “tornare ad attaccare al cuore del Paese”. Proprio nelle ultime ore il ministro della Difesa keniota Aden Duale ha fatto sapere che il suo governo “prenderà di mira” chi finanzia i miliziani e le attività di al Shabaab “dentro e fuori dal Paese”, aggiungendo che i jihadisti “verranno sconfitti” dal lavoro “24 ore su 24” di squadre di sicurezza multiagenzia impegnate a rendere sicura la nazione dell’Africa orientale. “Ci occuperemo delle cellule terroristiche e dei finanziatori all’interno e all’esterno del nostro Paese”, ha dichiarato il ministro parlando da Isiolo, nel Kenya centrale, esortando a non lanciare continui allarmi sulla sicurezza ed assicurando che da Nairobi è stata messa in atto “ogni risorsa” per proteggere il Kenya “dai terroristi”.

Con la missione ad Haiti, il Kenya si ritaglia un ruolo internazionale in un’area geograficamente lontana dalla sua ma strategica- mente sensibile per consolidare le relazioni con gli Stati Uniti, suo importante finanziatore non solo nella lotta al terrorismo ma anche contro l’impatto del cambiamento climatico sul Corno d’Africa. Gli Usa sono anche la principale meta delle esportazioni keniote e la settima fonte delle importazioni, oltre che un partner da corteggiare per i vantaggi commerciali di cui Nairobi gode in quanto membro dell’African Growth and Opportunity Act (Agoa). La guida keniota ad Haiti ha anche sollevato alcune perplessità, legate ai trascorsi dei militari kenioti in aree difficili – dalla Somalia alla Sierra Leone, al Sud Sudan e a missioni durante le quali sono state implicate in traffici e accusate di un uso eccessivo della forza, come accaduto anche nel loro stesso Paese durante i duri interventi effettuati durante la pandemia di Covid-19 contro chi violava le restrizioni imposte.

Haiti versa da tempo in una situazione di grave instabilità legata agli scontri tra bande armate che si contendono il controllo del territorio, una crisi aggravata a partire dall’omicidio del presidente Jovenel Moise, nel luglio 2021.

Le lotte tra le gang armate del Paese si sono tradotte anche in numerosi sequestri a scopo di estorsione, principalmente a danno di cittadini stranieri, e in disagi che coinvolgono l’erogazione di servizi di base, incluso l’accesso all’assistenza sanitaria.

Secondo l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, solo da gennaio ad agosto di quest’anno nell’isola sono state uccise circa 2.500 persone, mentre la malaria ha provocato oltre 800 morti dalla certificazione dei primi contagi, a ottobre 2022.