NELLA STRISCIA LA PROSPETTIVA DI UN CESSATE IL FUOCO RESTA LONTANA

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 12/03/2024

Lo confermano le parole del primo ministro di Israele, Netanyahu, che ha ribadito la volontà di estendere le operazioni militari contro il movimento islamista Hamas fino all’area meridionale di Rafah

Mentre il mese di Ramadan inizia ufficialmente nei Paesi a maggioranza musulmana, la prospettiva di un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza rimane lontana: lo confermano le parole del primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, che in un’intervista rilasciata al quotidiano statunitense “Politico” ha ribadito la volontà di estendere le operazioni militari contro il movimento islamista Hamas fino all’area meridionale di Rafah, dove si troverebbero ancora circa 1,5 milioni di sfollati palestinesi. “Andremo lì, non lasceremo perdere. Io ho una linea rossa. Sapete quale è? Che il 7 ottobre (giorno dell’attacco di Hamas contro lo Stato ebraico) non si ripeta, che non accada mai più”, ha detto il premier israeliano, esprimendo fiducia sul fatto che i combattimenti possano terminare “entro due mesi”. Secondo Netanyahu, ad oggi sono stati “eliminati tre quarti dei battaglioni terroristici” del movimento islamista nella Striscia di Gaza. E in una dichiarazione video, il primo ministro dello Stato ebraico ha assicurato che saranno uccisi tutti i leader di Hamas. “Siamo sulla strada verso la vittoria totale. Abbiamo già eliminato il numero quattro – secondo il quotidiano ‘Times of Israel’ in apparente riferimento all’alto esponente Saleh al Arouri, morto all’inizio dell’anno a Beirut, in Libano, a seguito di un presunto raid non rivendicato -, e arriveremo anche al numero 3, 2 e 1”, ha promesso Netanyahu.

Nell’intervista a “Politico”, il premier israeliano si è detto sicuro del fatto che le sue politiche siano “sostenute dalla stragrande maggioranza dei cittadini israeliani”, rispondendo così alla recente dichiarazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, secondo cui l’approccio alla guerra nella Striscia di Gaza “fa più male che bene a Israele”. “Non so esattamente cosa intendesse il presidente”, ha detto Netanyahu, “ma se voleva dire che sto perseguendo politiche private contro il desiderio della maggioranza degli israeliani, e che questo sta danneggiando gli interessi di Israele, allora si sbaglia su entrambi i fronti”. “Queste sono politiche sostenute dalla stragrande maggioranza degli israeliani”, ha quindi spiegato il premier dello Stato ebraico. Secondo Netanyahu, “la maggioranza degli israeliani capisce” che se non proseguono le operazioni militari contro Hamas “si ripeterà il massacro del 7 ottobre, che è un male per Israele, per i palestinesi e per il futuro della pace in Medio Oriente”.

L’idea di poter raggiungere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza prima dell’inizio del Ramadan, mese sacro per i fedeli musulmani, come auspicato da Biden alcune settimane fa, è rimasta così solamente un miraggio. Lo scorso 3 marzo si erano riunite al Cairo le delegazioni dei Paesi mediatori – Egitto, Qatar e Stati Uniti – con rappresentanti di Hamas, per discutere di una proposta di tregua di sei settimane, facilitare lo scambio di decine di ostaggi israeliani con detenuti palestinesi e soddisfare l’urgente bisogno di aiuti umanitari a Gaza. A quei colloqui non aveva preso parte tuttavia Israele, motivando la decisione con il fatto che Hamas non avesse fornito un elenco dettagliato degli ostaggi ancora in vita (nell’attacco del 7 ottobre, i miliziani islamisti avevano sequestrato 253 persone di tutte le età, di cui un centinaio liberate il mese successivo in cambio del rilascio da parte di Israele di circa 240 palestinesi detenuti).

Se è vero che il ciclo di negoziati ha finora portato a un nulla di fatto, gli sforzi dei Paesi mediatori non si fermano. Fonti informate hanno per esempio riferito oggi all’emittente panaraba di proprietà saudita “Al Arabiya” che l’Egitto in particolare sta lavorando per raggiungere un accordo entro la fine della prima settimana del mese di Ramadan. “L’Egitto ha intensificato i contatti con le altre parti, con gli Stati Uniti e con Israele per consentire l’ingresso di aiuti alimentari e medicinali a un ritmo più veloce nella Striscia di Gaza”, hanno affermato le fonti, precisando che il Cairo ha “chiesto ai funzionari statunitensi di comunicare con Israele per facilitare l’ingresso delle forniture umanitarie attraverso il valico di Rafah senza alcuna ostruzione o restrizione”, esortandoli “a fermare qualsiasi operazione militare nei primi giorni del Ramadan per non colpire i civili, nel rispetto di questo mese sacro”. Intanto, Hamas “non chiude la porta” al proseguimento delle trattative secondo quanto dichiarato dal capo dell’ufficio politico del movimento islamista palestinese, Ismail Haniyeh. “Chi ha la responsabilità di non aver raggiunto ancora un accordo è l’occupante (Israele). Tuttavia, dico che siamo disponibili a continuare i negoziati”, ha detto Haniyeh ieri in un discorso televisivo, spiegando che lo Stato ebraico non è stato disposto a soddisfare le condizioni di Hamas per un accordo che avrebbe permesso la liberazione degli ostaggi israeliani in cambio del rilascio di alcuni detenuti palestinesi. Haniyeh ha inoltre ribadito che il gruppo è determinato a ottenere un cessate il fuoco permanente, il ritorno degli sfollati alle proprie case nella Striscia di Gaza e un maggiore ingresso di aiuti umanitari.

Nello stallo dei colloqui sul cessate il fuoco e sulla liberazione degli ostaggi, continua ad aggravarsi la crisi umanitaria per la popolazione palestinese, nonché il bilancio delle vittime. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, il numero dei morti nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre è salito a 31.112, mentre quello dei feriti a 72.760. Si tratta di dati che tuttavia non possono essere verificati in maniera indipendente e che includono sia vittime civili che membri del movimento islamista. Secondo quanto riferito dalle autorità israeliane, nelle operazioni lanciate a Gaza sono stati uccisi 13 mila miliziani di Hamas, mentre i militari dello Stato ebraico morti nella Striscia sono almeno 247. Le operazioni militari delle Forze israeliane proseguono con particolare intensità a Khan Younis, nell’area centro-meridionale dell’exclave palestinese, dove nelle ultime 24 ore, secondo quanto hanno reso noto su Telegram, sono stati uccisi decine di membri del movimento islamista, localizzati nuovi tunnel sotterranei e sequestrati armamenti ed equipaggiamento militare.