NIGER, A RISCHIO L’AVAMPOSTO USA STRATEGICO PER LA LOTTA AL TERRORISMO

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 19/03/2024

La giunta militare ha annunciato la sospensione, “con effetto immediato”, della cooperazione con gli Stati Uniti

Dopo la definitiva estromissione della Francia, e la rottura degli accordi di difesa con l’Unione europea, la giunta militare al potere in Niger ha annunciato la sospensione, “con effetto immediato”, della cooperazione militare con un’altra potenza occidentale che finora aveva mantenuto una presenza militare nel Paese del Sahel: gli Stati Uniti. In un messaggio trasmesso sabato sera dalla televisione nazionale “Rtn”, il colonnello Amadou Abdramane – portavoce del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp), la giunta militare al potere dal colpo di Stato dello scorso 26 luglio – ha infatti annunciato l’interruzione dell’accordo relativo allo status delle forze armate Usa e del personale civile del dipartimento di Difesa Usa nel territorio nigerino, definendo la presenza militare statunitense “illegale” e in violazione di “tutte le regole costituzionali e democratiche”.

Non solo: secondo Niamey è illegittimo e “ingiusto” lo stesso accordo, che sarebbe stato “imposto unilateralmente” dagli Stati Uniti, tramite una “semplice nota verbale”, il 6 luglio 2012. Nel mirino delle autorità di Niamey, in particolare, c’è l’accusa “cinica” di aver stretto un accordo segreto per fornire uranio all’Iran e la “minaccia di ritorsioni” da parte di una delegazione statunitense guidata da Molly Phee, assistente segretaria di Stato per gli Affari africani, e comprendente anche il generale Michael Langley, comandante del Comando Usa per l’Africa (Africom), che la scorsa settimana ha effettuato una visita di tre giorni nel Paese. Le autorità di Niamey hanno contestato anche le obiezioni che gli Usa avrebbero sollevato sugli alleati scelti dal Niger, nonché il mancato rispetto del protocollo diplomatico: la giunta non sarebbe stata infatti informato della composizione della delegazione, della data di arrivo e dell’agenda della missione.

L’annuncio ha colto di sorpresa Washington, che anche dopo il golpe di luglio ha mantenuto – così come l’Italia – una sua presenza militare nel Paese, sebbene ridimensionata. Per il momento l’unico commento ufficiale è quello arrivato dal portavoce del dipartimento di Stato Usa, Matthew Miller, che in un post pubblicato su X ha affermato che gli Stati Uniti sono in contatto col governo militare del Niger, il Cnsp, e “forniranno ulteriori aggiornamenti”. “Siamo a conoscenza della dichiarazione del Cnsp in Niger, che fa seguito alle franche discussioni a livello senior svoltesi questa settimana a Niamey riguardo alle nostre preoccupazioni per la traiettoria del Cnsp. Siamo in contatto con il Cnsp e forniremo ulteriori aggiornamenti come garantito”, ha scritto Miller. L’annuncio rappresenta un duro colpo per la presenza Usa in un Paese considerato strategico per la lotta al terrorismo, anche in ottica anti-russa e anti-cinese. Il Niger è infatti da anni il centro delle operazioni statunitensi nell’Africa occidentale e settentrionale. Secondo un recente rapporto della Casa Bianca presentato al Congresso, a dicembre gli Usa aveva circa 650 effettivi presenti in Niger (erano circa 1.100 fino al riposizionamento deciso a settembre, in seguito al golpe). L’esercito statunitense gestisce inoltre un’importante base aerea (la Base 201, costruita per oltre 100 milioni di dollari) nella città nigeriana di Agadez, a circa 920 chilometri a nord-est della capitale Niamey, che dal 2018 viene stata utilizzata per prendere di mira i combattenti dello Stato islamico e Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim), affiliato ad al Qaeda, nella regione del Sahel.

La base, secondo gli ultimi dati noti, ospita al momento due aerei ricognitori elettromagnetici, due elicotteri di manovra e una decina di droni MQ 9 Reaper, che consentono ai militari di avere una visione dell’intero Sahel e, in particolare, della Libia, che è la via d’accesso al Mediterraneo. La partenza forzata dei militari Usa, se sarà confermata, rappresenta un enorme passo indietro per Washington che, specie negli ultimi tempi, si era mostrata piuttosto conciliante nei confronti della giunta, nell’evidente timore di vedersi estromessa da un Paese strategico, col serio rischio di vederlo scivolare nell’orbita russa, così come i vicini Mali e Burkina Faso. Sebbene a ottobre scorso gli Usa avessero ufficialmente definito la presa del potere militare in Niger, e la destituzione del presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, un colpo di Stato (con tutte le conseguenze, anche finanziarie, che ciò comporta), a dicembre l’inviato Usa per l’Africa, Phee, aveva affermato che gli Stati Uniti erano disposti a ripristinare gli aiuti e i legami di sicurezza se il Niger avesse soddisfatto determinate condizioni. “Nelle nostre discussioni ho confermato l’intenzione degli Stati Uniti di riprendere la cooperazione per la sicurezza e lo sviluppo in fasi, di pari passo con le azioni del Cnsp”, aveva detto Phee nel corso di una conferenza stampa tenuta a Niamey dopo aver incontrato i vertici della giunta, tra cui il leader della transizione Abdourahamane Tchiani (che invece non l’ha ricevuta la scorsa settimana). Prima dell’annuncio di sabato, il Niger aveva precedentemente messo fine alla cooperazione militare con la Francia.

Dopo un lungo tira e molla diplomatico, culminato con l’espulsione dell’ambasciatore francese a Niamey, lo scorso 24 settembre il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva così annunciato il ritiro del contingente ancora presente in Niger, ritiro iniziato il 5 ottobre e completato il 22 dicembre. Dal 2015 la Francia aveva inviato circa 1.500 militari nel Paese africano per contribuire a contrastare l’intensificarsi dell’insurrezione jihadista. Le truppe francesi erano stanziate nella capitale Niamey e nelle basi di Ouallam e Ayorou, vicino al confine con il Mali. Successivamente, nel dicembre scorso, la giunta aveva annunciato la sospensione degli accordi di difesa e sicurezza con l’Ue, stipulati per sostenere le autorità nigerine nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e all’immigrazione irregolare. Nel Paese resta invece presente l’Italia con la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (Misin), autorizzata dal Parlamento nel 2018 e istituita al fine di incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo congiunto di Unione europea e Stati Uniti per la stabilizzazione dell’area, il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel e le attività di sorveglianza delle frontiere e del territorio e di sviluppo della componente aerea.