Niger, l’Algeria mette in guardia dall’intervento militare: rischio di “gravi ripercussioni”

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 22/09/2023

La posizione algerina è stata, fin da subito, propensa a perseguire la linea del dialogo e della diplomazia

Un intervento armato in Niger avrebbe “gravi ripercussioni” sulla sicurezza e la stabilità non so- lo del Niger, ma dell’intera regione. Con queste parole, pronunciate dal podio dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune ha messo in guardia la comunità regionale, e in particolare la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), dall’intervenire con la forza per ripristinare l’ordine costituzionale nel Paese saheliano, sovvertito dal colpo di Stato dello scorso 26 luglio che ha portato al potere una giunta militare guidata dal generale Omar Tchiani. “Per quanto riguarda la situazione in Niger, l’Algeria conferma la sua adesione al ritorno al sistema costituzionale attraverso mezzi pacifici e dando priorità a soluzioni politiche e diplomatiche”, ha detto Tebboune, aggiungendo che Algeri “chiede cautela di fronte ai piani di intervento militare straniero, poiché questo avrà gravi conseguenze sulla sicurezza e la stabilità non solo del Niger, ma dell’intera regione”. Dichiarazioni che confermano, una volta di più, la posizione di ferma contrarietà espressa dall’Algeria a qualsiasi azione militare in Niger, appoggiata invece dai vicini Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio e Benin.

Nelle scorse settimane era stato l’ambasciatore d’Algeria a Roma, Abdelkrim Touahria, a confermare in un’intervista ad “Agenza Nova” che l’obiettivo dell’Algeria “è evitare interventi militari stranieri che potrebbero aggravare la situazione” in Niger. L’Algeria ha lanciato recentemente un’iniziativa flessibile, aperta al contributo dell’intera comunità internazionale, per scongiurare un intervento armato dei Paesi membri della Cedeao contro il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp), la giunta al potere in Niger. La proposta algerina, in linea con le decisioni dell’Unione africana contro i cambiamenti anticostituzionali, prevede un periodo di transizione di sei mesi guidato da leader civili, il tempo necessario per riunire gli attori nigerini attorno al tavolo delle trattative e arrivare a un referendum o elezioni. In tal senso, Touahria aveva ricordato che l’Algeria “è stato il primo Paese ad opporsi alla presa del potere con la forza”, ma questo “non ci ha impedito di cercare soluzioni politiche volte a ripristinare l’ordine costituzionale”. L’iniziativa algerina è pensata su tre livelli, in tre diverse regioni. “La prima regione comprende il Sahel e l’Africa, la seconda riguarda la comunità internazionale e, infine, la terza coinvolge i principali paesi membri del Consiglio di Sicurezza. Qualsiasi paese che possa contribuire a una soluzione politica è il benvenuto. Si tratta di un’iniziativa politica sviluppata sulla base di convinzioni, pur tenendo conto delle caratteristiche specifiche del Niger e della regione del Sahel, che di grande importanza per l’Algeria e per il suo presidente, Abedlmajid Tebboune”, aggiunge Touahria.

La posizione algerina è stata, fin da subito, propensa a perseguire la linea del dialogo e della diplomazia, tanto che alla fine di agosto il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune ha proposto un’iniziativa per risolvere la crisi politica nel vicino Niger con un periodo di transizione di sei mesi a guida civile. L’Algeria ha inoltre proposto di istituire e coordinare un meccanismo di monitoraggio dell’attuazione delle iniziative per risolvere pacificamente la crisi politica a Niamey. Tra gli altri punti dell’iniziativa algerina vi è la “conferma del ruolo dell’Algeria come custode del diritto internazionale e della sovranità degli Stati” e il “rifiuto dei cambi di governo incostituzionali”. Algeri intende anche pro- muovere un dialogo inclusivo tra “tutte le parti interessate in Niger, senza esclusioni, con lo scopo di porre fine ai colpi di Sta- to”, e una conferenza internazionale per “rafforzare i programmi di sviluppo” nella regione del Sahel e “garantire una chiara visione del futuro”. Una posizione, quella algerina, che si è contrapposta a quella più interventista della Francia – tradizionale potenza coloniale nel Sahel, ora sempre più minacciata dall’influenza russa – tanto che alla fine di agosto il governo di Algeri ha respinto una richiesta avanzata da Parigi per consentire ai caccia francesi di utilizzare il suo spazio aereo per un possi- bile intervento militare in Niger. La notizia, diffusa dai media algerini, è stata tuttavia in seguito respinta dallo Stato maggiore francese.

L’iniziativa algerina si contrappone all’approccio più interventista della Cedeao, sollecitato dalla Francia – che in Niger dispone tutt’ora di circa 1.500 militari ancora presenti nel Paese – ed evidenziato dalle recenti sanzioni imposte al Mali, alla Guinea e al Burkina Faso in risposta ai colpi di Stato militari verificatisi in quei Paesi. Una strategia che si è rivelata finora controproducente, portando alla creazione di un’alleanza militare tra Niger, Mali e Burkina Faso, in risposta alle minacce di intervento della Cedeao. L’accordo di mutua difesa, articolato in 17 punti, è stato firmato a Bamako, la capitale del Mali, lo scorso 16 settembre alla presenza dei leader militari golpisti che guidano i tre Paesi – il colonnello Assimi Goita, il generale Omar Tchiani e il capitano Ibrahim Traoré – e impegna le tre parti a combattere il terrorismo in tutte le sue forme, a collaborare per prevenire o sedare le ribellioni armate e a contrastare la criminalità organizzata nello spazio comune dell’alleanza. La così rinominata “Alleanza degli Stati del Sahel” (Aes) rinsalda, di fatto, le promesse di cooperazione già espresse negli ultimi mesi dai leader militari dei tre Paesi, e struttura in modo formale il sostegno offerto a Niamey da Mali e Burkina Faso in caso di attacco da parte della forza di riserva della Cedeao, truppe che il blocco regionale ha deciso di attivare come ultima opzione – in caso di fallimento dell’opzione diplomatica – per riportare al potere il presidente deposto Mohamed Bazoum, rovesciato dai golpisti e da allora detenuto. Quest’ultimo, nel frattempo, ha incaricato un avvocato senegalese di intraprendere un’azione legale davanti alla Corte di giustizia della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) per sequestro di persona.

Il legale, Seydou Diagne, ha già depositato il dossier del presidente negli uffici della Corte e le richieste sono state notificate all’agenzia giudiziaria nazionale, come da prassi. “Chiediamo (…) di fronte alla violazione dei diritti politici, che lo Stato del Niger sia condannato al ripristino immediato dell’ordine costituzionale mediante il passaggio del potere al presidente Bazoum, che dovrà continuare ad esercitarlo fino alla fine del il suo mandato, il 2 aprile 2026″, ha dichiarato l’avvocato ai media locali. La denuncia è stata depositata lo scorso 18 settembre dinanzi alla Corte e cita come motivazioni l'”arresto arbitrario” e la “violazione della libertà di andare e venire” del presi- dente Mohamed Bazoum, di sua moglie Haziza e del figlio Salem, con lui detenuto nel palazzo presidenziale dal colpo di Stato dello scorso 26 luglio. Secondo il legale, la legge del Niger non autorizza il generale Omar Thiani – attuale leader della transizione – ad effettuare arresti: l’ex capo della Guardia presidenziale è stato nominato nel 2011 proprio per garantire la sicurezza di Bazoum. Ad agosto gli autori del colpo di Stato hanno annunciato l’intenzione di “perseguire” il presidente deposto per “alto tradimento” e “messa in pericolo della sicurezza” del Paese.