Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 05/01/2024
Le modalità dell’attacco terroristico in Iran sembrano ricordare le stragi compiute dai gruppi terroristici sunniti iracheni e siriani: non a caso il principale indiziato è lo Stato islamico
Il duplice attentato costato la vita ad almeno 84 persone (e non 103, come inizialmente indicato dai media iraniani) nella città di Kerman, nell’Iran sud-orientale, aumenta il timore di un’escalation della guerra in corso a Gaza e di destabilizzazione dell’intera regione del Medio Oriente. Le modalità dell’attacco dinamitardo, avvenuto durante una cerimonia per commemorare il quarto anniversario della morte del generale iraniano Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds dei Guardiani della rivoluzione islamica, ucciso in un bombardamento statunitense all’aeroporto di Baghdad il 3 gennaio 2020, sembrano ricordare le stragi compiute dai gruppi terroristici sunniti iracheni e siriani: non a caso il principale indiziato è lo Stato islamico.
Secondo l’agenzia di stampa statale “Irna”, almeno una delle due esplosioni sarebbe stata causata da attentatori suicidi e non da bombe fatte detonare a distanza, come riferito in un primo momento. La seconda deflagrazione, avvenuta circa 15 minuti dopo la prima, ha colpito i soccorritori e le persone ancora in fuga nel deliberato tentativo di mietere più vittime possibile. Lo Stato islamico, tuttavia, non è l’unico sospettato.
In Iran, soprattutto nella provincia sud-orientale del Sistan Balucistan sono avvenuti in passato attacchi contro agenti della sicurezza, in segno di protesta contro l’apparato della Repubblica islamica, perpetrati sia da estremisti della minoranza sunnita che da combattenti affiliati allo Stato islamico. L’alto consigliere del presidente Ebrahim Raisi, Mohammad Jamshidi, ha accusato Israele e gli Stati Uniti, ma Washington ha fatto sapere di non avere alcuna indicazione che Israele sia coinvolta e ha respinto qualsiasi responsabilità nell’attacco.
In effetti, sebbene Israele abbia effettuato attacchi in Iran per colpire i responsabili del programma nucleare, l’intelligence ha sempre condotto omicidi mirati, non eccidi di massa come quello avvenuto ieri. “I servizi di intelligence stranieri di solito puntano obiettivi legati allo sviluppo del programma nucleare iraniano, quindi vertici militari, scienziati, vertici delle forze di sicurezza, spie e via dicendo. Le stragi o le carneficine hanno un significato politico ben diverso, se vogliamo, e soprattutto puntano a una strategia di stampo terroristico”, afferma ad “Agenzia Nova” Tiziano Marino, responsabile del desk Asia-Pacifico del CeSI. Da parte sua, il leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha promesso una “dura risposta” all’attentato di Kerman. “I criminali crudeli devono sapere che d’ora in poi verranno trattati duramente e senza dubbio ci sarà una dura risposta”, ha detto Khamenei in una dichiarazione diffusa ieri sera.
Nel 2020, lo Stato islamico accolse con favore la morte di Soleimani, le cui milizie combatterono per anni contro il gruppo in Iraq. La tesi più probabile, in attesa di una rivendicazione ufficiale, è che l’attacco di Kerman sia opera dei separatisti arabi o dei gruppi jihadisti sunniti, che negli ultimi anni hanno effettuato diversi attentati sia contro civili che contro le forze di sicurezza nel Paese. “Tutto lascia intendere che possa essere coinvolto lo Stato islamico e in particolare la branca centroasiatica Is-Khorasan. Le modalità sono sostanzialmente compatibili con altri attacchi e sembrerebbe vi sia il coinvolgimento di almeno un attentatore suicida”, aggiunge Marino, sottolineando come nella regione di Kerman sia acclarata “la presenza di attivisti e militanti vicini all’organizzazione che si avvalgono del supporto, anche logistico, di elementi del separatisti del Balucistan”.
L’esperto del CeSI sottolinea come “fonti di intelligence iraniane avessero già evidenziato già nei mesi scorsi il fatto che la tomba del generale potesse diventare un obiettivo di possibili attentati proprio da parte di elementi legati a Daesh”.
Vale la pena ricordare che lo scorso settembre ben 28 persone legate allo Stato islamico sono state arrestate mentre progettavano una serie di attentati dinamitardi a Teheran. “Tutto lascia intendere che possa esservi un coinvolgimento in qualche modo dello Stato islamico, pur non essendoci ancora una rivendicazione ufficiale ma solo la pubblicazione, tramite il canale di propaganda jihadista “Al Furqan” di un messaggio audio registrato in cui si fa riferimento al conflitto palestinese e si attacca l’Iran per il “finto sostegno” ai palestinesi. Certamente la strage in un luogo altamente simbolico dell’Iran avviene in un momento contraddistinto da tensione elevata in tutto il Medio Oriente, dopo l’attacco del movimento islamista palestinese Hamas in Israele il 7 ottobre 2023 e la conseguente operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza.
In quasi tre mesi di conflitto, la tensione si è estesa anche nel sud del Libano, contro basi statunitensi in Siria e Iraq, oltre che nel Mar Rosso, dove i ribelli filo-iraniani Houthi continuano a minacciare il transito delle petroliere e delle navi portacontainer. Uno sviluppo, quest’ultimo, che minaccia diversi Paesi arabi come l’Arabia Saudita e l’Egitto. Un altro episodio che ha scosso il Medio Oriente, lasciando presagire il peggio, era avvenuto meno di 24 ore prima dell’attacco di Kerman nella periferia sud di Beirut, in Libano. A Dahiyeh, agglomerato urbano considerato come una roccaforte del movimento sciita Hezbollah, è stato ucciso in un raid attribuito a Israele il numero due di Hamas, Saleh al Arouri, e anello di congiunzione proprio tra il movimento palestinese e i pasdaran.
Oggi, inoltre, un alto ufficiale delle Forze di mobilitazione popolare (Pmu, coalizione di milizie irachene filo-iraniane e a maggioranza sciita), Abu Taqwa al Saidi, vicecomandante delle operazioni a Baghdad e comandante dell’ex 12esima Brigata della milizia sciita irachena Harakat Hezbollah al Nujaba (Movimento dei nobili del partito di Dio), è stato ucciso in un bombardamento aereo (molto probabilmente compiuto dagli Stati Uniti) che ha preso di mira un quartier generale delle Pmu a est della capitale irachena, Baghdad. I tre episodi (l’omicidio di Arouri, gli attentati in Iran e il bombardamento a Baghdad) non sembrano correlati, ma sono indice di una crescente tensione in una regione, il Medio Oriente, che rischia di sprofondare nel caos con conseguenze imprevedibili su scala globale.