Pezeshkian può sfruttare le spaccature dei conservatori

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 10/07/2024

Il riformista Masoud Pezeshkian è il nuovo presidente della Repubblica islamica dell’Iran, dopo la vittoria ottenuta al ballottaggio di venerdì 5 luglio contro il candidato “ultraconservatore” Saeed Jalili. Un mandato che si preannuncia tutt’altro che semplice, considerando che l’ex ministro della Sanità del governo di Mohammad Khatami dovrà affrontare sfide importanti in politica estera, ma anche sul fronte interno, dove il Parlamento è dominato dalle forze conservatrici. Le elezioni, organizzate subito dopo la morte del presidente Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero lo scorso 19 maggio, hanno tuttavia evidenziato una divisione importante su questo fronte. “Agenzia Nova” ne ha parlato con Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies (Igs).

“C’è una spaccatura apicale, che è quella tra i principalisti (conservatori) e i paydari (ultraconservatori), ma c’è una crepa anche all’interno del fronte principalista e questa è emersa molto chiaramente negli ultimi giorni della campagna elettorale”, spiega Pedde a “Nova”. Buona parte dei voti raccolti dal presidente del Parlamento uscente Mohammad Ghalibaf durante il primo turno (3,4 milioni di preferenze) potrebbero essersi dirottati in gran parte su Pezeshkian, che ha ottenuto 10,4 milioni di voti al primo turno e oltre 16 milioni al secondo, a discapito del “falco” Jalili, che ha totalizzato in prima battuta 9,5 milioni di voti e 13,5 milioni al ballottaggio. A favorire il cardiologo di origini azere e curde c’è stato anche l’aumento dell’affluenza, passata dal 40 al 50 per cento dal primo al secondo turno. “Pezeshkian è riuscito a portare un maggior numero di elettori di area riformista e pragmatica al voto, ma è riuscito a sfruttare abilmente anche questa evidente spaccatura all’interno del sistema dei conservatori, drenando voti da una parte dell’area principalista”, spiega Pedde.

Riformista di secondo piano e figura non particolarmente nota, il cardiologo 69enne Pezeshkian è riuscito a ottenere una vittoria considerata quasi impossibile all’inizio della competizione elettorale, puntando anche sulla “demonizzazione della minaccia esistenziale di una leadership ultraconservatrice”. Una strategia che secondo Pedde ha dato i suoi frutti, anche grazie a una mobilitazione del fronte riformista per sostenere la candidatura di Pezeshkian, con in testa l’ex ministro degli Esteri dell’amministrazione di Hassan Rohani, Mohammad Javad Zarif. “Queste elezioni sono state probabilmente concepite con l’auspicio di favorire una vittoria principalista (Ghalibaf)”, dichiara il direttore dell’Igs, ricordando che anche il discorso del rahbar (guida suprema) Khamenei successivo alla vittoria di Pezeshkian, il quale ha indicato di seguire una direzione nel solco dell’amministrazione di Raisi, ovvero di una linea di continuità.

Il neo-presidente ha però “la possibilità di sfruttare lo stesso elemento che gli ha permesso la vittoria, cioè la spaccatura all’interno del sistema dei conservatori, anche all’interno della dinamica politica che andrà ad affrontare”, evidenzia l’esperto. “Quindi se Pezeshkian riuscirà a definire dei programmi politici non di rottura, non esageratamente impostati alle tradizionali linee della politica riformista, negoziandoli con una parte dei principalisti, può riuscire a conseguire obiettivi di una certa importanza”, afferma Pedde, ricordando tuttavia che la figura del presidente della Repubblica ha poteri limitati all’interno del sistema di potere iraniano. Ma è plausibile, ricorda ancora Pedde, che saranno proprio questo presidente e questo Parlamento a dover gestire il momento di transizione che potrebbe presentarsi alla morte della guida suprema 85enne Ali Khamenei. “Le idee su come gestire la transizione sono molto diverse all’interno del sistema dei conservatori: mentre i principalisti sono fautori di una linea di continuità della leadership e dell’impianto istituzionale, la seconda generazione e quindi la componente degli ultraradicali ha idee molto diverse e non è da escludersi che possano promuovere in occasione della necessità di eleggere una nuova guida un’ulteriore riforma costituzionale (così come accadde nel 1989 alla morte di Ruollah Khomeini)”, afferma Pedde.

Le sfide più impellenti che il presidente dovrà affrontare nell’immediato riguardano però la situazione economica, tema ricorrente della campagna elettorale e preoccupazione principale della popolazione iraniana. In quest’ottica, l’obiettivo dichiarato di Pezeshkian è quello di ottenere un alleggerimento delle sanzioni, riaprendo il dialogo con l’Occidente e tentando di ripristinare un accordo sulla questione del nucleare. “Il nuovo piano di Pezeshkian non potrà essere una rivisitazione del Jcpoa, che è fallito purtroppo nel peggiore dei modi ed è oggetto di pesanti critiche soprattutto dall’ala ultraconservatrice e dai principalisti ostili al riformista”, afferma Nicola Pedde. Secondo l’esperto, l’unica possibilità per ottenere risultati per il nuovo presidente sarà quella di definire un piano di negoziato che possa essere accompagnato da evidenti aperture da parte occidentale a fronte dei passi iraniani: ogni concessione che gli iraniani faranno sul negoziato deve essere accompagnata da tangibili risultati sul piano dell’allentamento delle sanzioni.

“Se gli Stati Uniti e l’Europa saranno in grado di gestire questo processo, per Pezeshkian questo sarà un successo epocale”, dichiara Pedde, ricordando come il contesto internazionale sia però molto diverso rispetto a quello che nel 2015 portò al primo accordo sul nucleare. A questo riguardo sarà fondamentale l’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. L’incognita di un presidente fortemente ostile all’Iran, come Donald Trump, potrebbe troncare sul nascere qualsiasi formula negoziale con il nuovo governo riformista. Dall’altra parte, anche in Europa lo scenario è profondamente mutato, soprattutto nei paesi che erano stati i principali promotori del Jcpoa: “La Germania ha un governo oggi che ha assunto una posizione fortemente ostile all’Iran. La Francia è notoriamente molto critica sulla politica iraniana. All’interno della componente dei paesi europei è mutato fortemente il quadro e questo chiaramente è uno svantaggio per Pezeshkian”, spiega Pedde. Ciononostante, “la strategia più praticabile per il presidente iraniano potrebbe essere di puntare inizialmente proprio sull’Euro – pa, nell’attesa dei risultati elettorali negli Usa e di vedere quali margini di manovra saranno possibili con la nuova amministrazione”, chiarisce l’esperto.

Se il tema del nucleare e delle sanzioni sarà la priorità del nuovo governo, Pezeshkian non potrà però trascurare le politiche sociali. Durante la campagna elettorale, il riformista si è mostrato relativamente aperto, criticando l’obbligo del velo per le donne e la repressione delle proteste scoppiate in seguito alla morte di Jina Mahsa Amini. “I suoi elettori si aspettano dei risultati da questo punto di vista, o quanto meno di riaprire il dibattito su temi come l’hijab o la libertà di stampa”, spiega Pedde, ricordando però che su tali questioni i conservatori non lasceranno facilmente la presa.