Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 09/04/2024
In tal senso abbiamo avuto ampie assicurazioni che a luglio l’attuale Governo avanzerà una proposta
Quando nella edizione del 2005 riuscimmo ad ottenere l’inserimento nelle Reti Trans European Network (TEN – T) del Corridoio Genova – Rotterdam, il nostro Paese decise insieme al Governo Olandese di chiamarlo “il Corridoio dei due Mari” (Mare del Nord e Mare Mediterraneo) e , sempre in quegli anni, vennero sottoscritti anche dei Memorandum Of Understanding tra i due porti di Genova e di Rotterdam, vennero sottoscritti MoU mirati alla identificazione di possibili azioni congiunte per ottimizzare al massimo la reciproca offerta logistica.
Oggi potremmo proporre, dopo il concreto avvio della realizzazione del collegamento stabile dello Stretto di Messina, un altro accordo tra un altro porto del Mare del Nord, in particolare Amburgo, ed il Mediterraneo fino alla “piastra portuale della Sicilia”.
In realtà alla luce delle emergenze che stiamo vivendo proprio in questi giorni, abbiamo anche la possibilità e, al tempo stesso, l’esigenza di superare la logica del Memorandum Of Understanding e potremmo fissare anche dei precisi obiettivi, delle misurabili finalità di simili accordi. In realtà potremmo ribadire almeno i seguenti principi:
•Le portualità di Le Havre, di Anversa, di Rotterdam, di Amburgo, di Genova, di Trieste, di Gioia Tauro e di Taranto, gestiscono congiuntamente la movimentazione dei container dividendo i relativi profitti in funzione di determinati parametri condivisi dalle parti
•I porti prima richiamati sottoscrivono con le relative realtà interportuali appositi contratti mirati ad una precisa assegnazione delle quantità delle merci e della relativa logica con cui ripartire gli utili
•La Unione Europea, attraverso i fondi previsti dalle Reti TEN – T, adeguatamente ricaricati finanziariamente, assegna una quota pari almeno il 10% dell’in – tero Fondo per le attività di infrastrutturazione di tali HUB
•Vengono istituiti appositi master presso le Università di Rotterdam e di Napoli, master finalizzati al sostegno delle professionalità legate alla logistica dei sistemi portuali ed interportuali complessi.
Questa scelta sicuramente farà sorgere contrasti e schieramenti locali in quanto tali proposte saranno considerate antitetiche a normali logiche di mercato e, cosa ancor più grave, molto sosterranno che tali possibili ipotesi faranno sorgere automaticamente aree forti ed aree deboli. Questo tipico approccio che definirei “egoistico” in fondo nasconde, soprattutto nel nostro Paese, una specifica caratteristica carica di storico “provincialismo”. Sono sicuro si scateneranno di fronte ad una simile proposta i porti di La Spezia, di Livorno, di Civitavecchia, di Napoli, di Palermo, di Ravenna e di Venezia; cioè, sicuramente sette porti non solo si opporranno ma denunceranno apertamente la loro contrarietà in quanto simili accordi non solo li emarginano ma penalizzano, in modo irreversibile la loro possibile crescita.
Ho volutamente fatto questa provocazione per dimostrare non solo i limiti dei nostri processi pianificatori ma anche la nostra non disponibilità solo a dibattere simili possibili scelte. In realtà si preferisce rimanere, come nei passati dieci anni, legati ai due assurdi indicatori ormai costanti che confermano una movimentazione nei nostri porti pari a 450 milioni di tonnellate di merce e a 10 milioni di TEU.
E mi permetto di essere più cattivo, con i fenomeni bellici degli ultimi mesi anche quelle soglie di movimentazione subiranno sostanziali ridimensionamenti.
Ed allora forse di fronte a queste gravi criticità spero possa prendere corpo, finalmente, un confronto costruttivo. Un confronto che potrebbe, solo a titolo di esempio, dare vita ad accordi tra i sette porti e quelli di altre portualità del Mediterraneo, potrebbero cioè prendere corpo apposite forme di cogestione della movimentazione da parte di realtà portuali come Ravenna, Venezia e Rijeka o come Bari e Durazzo o come Livorno, La Spezia e Fos o come Civitavecchia, Napoli, Salerno, Barcellona e Tunisi.
Il prossimo Festival Euromediterraneo di Napoli, quindi, potrebbe, nei vari incontri, nei vari approfondimenti, dibattere una simile non facile argomentazione. Penso emerga chiaro che il mio è solo un tentativo mirato ad identificare possibili soluzioni a questa preoccupante emergenza perché vorrei che la stessa emergenza non ci trovasse, fra soli pochi mesi, impreparati; non vorrei che questa emergenza trovasse il nostro Paese caratte- rizzato dalle condizioni attuali; cioè con la Legge 84/94 non riformata, con le nostre gestioni portuali prive di autonomia finanziaria, con l’assenza, da sempre, di una strategia organica della offerta portuale e di quella interportuale.
Abbiamo avuto ampie assicurazioni che a luglio l’attuale Governo proporrà una riforma della portualità; mi spiace ma dopo quasi due anni dal suo insediamento questa lunga attesa denuncia, quanto meno, una sottovalutazione di questa complessa ed articolata tematica; si rimane sconcertati di fronte ad un simile comportamento perché non credo che questo Governo non sappia che oltre l’80% della movimentazione import – export passa attraverso la nostra portualità.
Spero solo che a luglio si arrivi almeno adeguatamente preparati con la definizione di possibili scenari che tengano conto, come ho ricordato proprio nelle ultime note, che il nuovo Parlamento europeo svolgerà un ruolo da non sottovalutare e necessariamente non potremo avanzare una riforma così importante senza non coinvolgere, in modo adeguato, quella che sarà, dopo le votazioni di giugno, una nuova Europa.