Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 20/08/2024
Proroga della missione di transizione
È stata prorogata ulteriormente, questa volta fino al 31 dicembre, la missione di transizione che l’Unione africana ha assegnato alla Somalia (Atmis) a supporto del faticoso processo di stabilizzazione che il governo sta effettuando nel Paese. La risoluzione è stata adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su richiesta dello stesso governo somalo, permettendo così a circa 12.600 militari dell’Ua di rimanere nel Paese del Corno d’Africa per altri quattro mesi, quando il loro mandato scadrà ufficialmente. Durante il voto, il Consiglio Onu ha incoraggiato i partner tradizionali e i nuovi donatori a continuare a supportare l’Atmis. L’organo esecutivo delle Nazioni Unite ha chiesto in particolare al segretario generale Antonio Guterres di approvare il mantenimento della fornitura alla missione di un pacchetto di supporto logistico in grado di supportare altri 20.900 membri del personale dell’Esercito nazionale somalo o della Forza di polizia nazionale somala in operazioni congiunte o coordinate con l’Atmis.
La risoluzione interviene nel processo di ritiro che le unità Atmis stanno effettuando da tempo dalla Somalia, con l’obiettivo di trasferire a termine le responsabilità di sicurezza all’Esercito nazionale somalo (Sna). Ad oggi, 10mila ufficiali hanno già lasciato la missione in conformità con il Piano di transizione somalo, ma gli sforzi impiegati nel contrasto al terrorismo e i molteplici attacchi che al Shabaab continua ad effettuare contro civili e militari hanno spinto il presidente Hassan Sheikh Mohamud a chiedere all’Onu di prorogare la permanenza delle sue forze di pace. E’ questa la terza volta che il governo somalo chiede alle Nazioni Unite di rallentare il ritiro: lo aveva già fatto (e ottenuto) a fine giugno, ed in precedenza a novembre scorso. Presenti sul territorio dal 2007, prima come Missione dell’Unione africana in Somalia (Amisom), ora con l’acronimo Atmis (Missione di transizione dell’Unione africana in Somalia) per accompagnare la transizione del Paese verso una maggiore stabilità politica e della sicurezza, le truppe dell’Ua stanno procedendo dal 2023 ad un graduale ritiro, con l’idea di trasferire a termine tutta la responsabilità logistica all’Esercito nazionale somalo (Sna).
Il processo aveva inizialmente permesso il ritiro dei primi 5 mila soldati sui 13.500 presenti nel Paese del Corno d’Africa, consentendo la riconsegna allo Sna di 13 basi militari e della gestione della sicurezza di alcuni luoghi strategici, come le sedi di presidenza e parlamento nella capitale Mogadiscio. Il nuovo passo prevedeva ora, nella successiva fase del ritiro, il rientro a casa di altri 4 mila uomini entro fine giugno, termine poi prorogato a fine settembre per far fronte alla rinvigorita offensiva di al Shabaab. In questa fase Mogadiscio ha chiesto e ottenuto di dimezzare gli uomini da ritirare entro fine giugno scorso e di mantenerne 2 mila in più fino a settembre. Inoltre, a marzo scorso Mogadiscio ha ottenuto che Atmis invii una missione di follow-up in Somalia dopo la partenza di tutte le unità a dicembre. Nel confermare la disponibilità di Atmis ad inviare questo supporto, il rappresentante speciale dell’Ua in Somalia Mohamed El-Amine Souef ha sottolineato come la richiesta somala evidenzi “la necessità di un continuo sostegno internazionale per stabilizzare la regione”.
Se la poderosa offensiva lanciata dall’esercito contro al Shabaab dopo l’elezione del presidente Hassan Sheikh Mohamud – nel maggio del 2022 – ha contribuito a riconquistare importanti porzioni di territorio, la capacità del gruppo jihadista di riorganizzarsi ed adattare la sua azione ad obiettivi civili e militari ne fa il più temibile avversario di un completo ritorno alla stabilità. E’ ancora fresca la ferita del cruento attacco sferrato dai jihadisti ad agosto contro un frequentato lido di Mogadiscio, nel quale hanno perso la vita 32 civili ed almeno altri 63 sono rimasti feriti. Meno di un mese prima, il 15 luglio, una bomba fatta esplodere in un bar della capitale mentre veniva trasmessa la finale degli Europei tra Spagna ed Inghilterra ha provocato 9 morti e 23 feriti.
Sul fronte militare, a febbraio un’autobomba piazzata nella base Generale Gordon di Mogadiscio ha ucciso quattro militari degli Emirati Arabi Uniti e uno del Bahrein. A questo aspetto si è aggiunta anche la crisi in corso con la vicina Etiopia per l’accordo concluso con l’autoproclamata Repubblica del Somaliland, che rivendica un’autonomia non riconosciuta da Mogadiscio. Addis Abeba offre un importante contributo di sicurezza alla Somalia nelle regioni di confine, e il cui eventuale ritiro dal territorio rischierebbe di incrinare il precario equilibrio di sicurezza faticosamente conquistato da Mogadiscio. La stessa Somalia, del resto, sta negoziando con i partner internazionali per istituire una forza multinazionale che opererebbe per un anno a partire da gennaio del 2025. Alla forza parteciperebbero le truppe di Gibuti, Kenya, Uganda e Burundi.