SPIRAGLIO PER IL RILASCIO DEI 134 OSTAGGI ISRAELIANI

Pubblicato da Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 23/02/2024

Le operazioni di Israele nella Striscia di Gaza proseguono contro i miliziani del movimento islamista palestinese Hamas

Le operazioni di Israele nella Striscia di Gaza proseguono contro i miliziani del movimento islamista palestinese Hamas, ma sembra esserci un nuovo spiraglio relativo a una possibile intesa per il rilascio dei 134 ostaggi israeliani in cambio della cessazione delle ostilità. Oggi l’inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, Brett McGurk, si trova in Israele dove ha chiesto alle autorità di inviare una delegazione in occasione della nuova sessione di colloqui che si terrà venerdì, 23 febbraio, a Parigi per trovare un accordo su una nuova pausa umanitaria nella Striscia di Gaza. Secondo quanto hanno riferito fonti anonime al portale di informazione “Axios”, sono stati fatti “progressi” nel dialogo tra il movimento islamista Hamas e i mediatori di Egitto e Qatar. Le fonti ricordano che l’amministrazione di Joe Biden sta tentando di raggiungere un accordo per la liberazione degli ostaggi prima dell’inizio del Ramadan, tra meno di tre settimane, intorno al 10 marzo.

Al momento, il governo federale statunitense sta spingendo su una proposta che garantirebbe un cessate il fuoco di almeno sei settimane, anche se non è stato ancora possibile trovare un accordo sul rapporto tra gli ostaggi e i prigionieri palestinesi che verrebbero scarcerati da Israele nel quadro di una eventuale intesa. Il direttore della Cia, William Burns, arriverà venerdì nella capitale francese per partecipare ai colloqui. Secondo le fonti, McGurk avrebbe detto a Israele che ci sarebbero progressi nel dialogo con Hamas, e che il movimento islamista avrebbe mostrato “disponibilità in merito ad alcune delle richieste”. L’indiscrezione conferma il veto posto dagli Stati Uniti alla risoluzione proposta dall’Alge – ria per un cessate il fuoco a Gaza martedì 20 febbraio, quando l’ambasciatrice Usa all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, ha motivato la decisione spiegando che erano in corso contatti diplomatici per cessare le ostilità temporaneamente e liberare gli ostaggi.

Giovedì il membro del gabinetto di guerra israeliano Benny Gantz ha parlato della possibilità di andare avanti con le trattative per raggiungere un nuovo accordo sulla liberazione degli ostaggi detenuti dal movimento islamista palestinese Hamas nella Striscia di Gaza. “Non perderemo nessuna occasione per riportare a casa gli ostaggi”, ha affermato Gantz, assicurando che “nulla rimarrà intentato” nello sforzo per liberare le persone rapite. L’attacco del movimento islamista palestinese contro lo Stato ebraico dello scorso 7 ottobre, che ha dato il via all’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza, aveva visto circa 3.000 terroristi irrompere attraverso il confine via terra, aria e mare, uccidendo circa 1.200 persone e sequestrando 253 ostaggi di tutte le età – per lo più civili – sotto la copertura di migliaia di razzi lanciati contro città israeliane. Nel mese di novembre, a seguito di una tregua durata una settimana, Hamas aveva liberato oltre 100 ostaggi, in cambio del rilascio da parte di Israele di circa 240 palestinesi detenuti.

Ad oggi, secondo quanto reso noto dallo Stato ebraico, risultano nelle mani del movimento islamista palestinese ancora 134 ostaggi. Un alto esponente dell’ufficio politico di Hamas, Musa Abu Marzouk, ha dichiarato oggi che potrebbe esserci presto “una svolta” nei negoziati per il cessate il fuoco tra Israele e il movimento islamista palestinese nella Striscia di Gaza. In un’intervista al quotidiano giordano “Al Ghad”, Abu Marzouk ha sottolineato che Hamas ha posto come condizione il rilascio di 500 prigionieri palestinesi per ogni ostaggio israeliano liberato, aggiungendo che il ritiro delle forze di Israele, soprattutto dall’asse Salah al Din “Filadelfia” (che collega l’Egitto e l’exclave palestinese) e dalla strada Al Rashid (a sud-ovest di Gaza City), è il “principale ostacolo” ai negoziati. Inoltre, il membro dell’ufficio politico di Hamas ha detto che, al momento, Hamas ha come obiettivo la liberazione del popolo palestinese dall'”afflizione”, aggiungendo: “Nelle prossime fasi verrà affrontata la questione della ricostruzione e della costruzione di ospedali, ma la priorità ora è il cessate il fuoco”. Resta in campo l’ipotesi di un rafforzamento delle operazioni militari a Gaza.

Oggi il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha detto che Israele si sta preparando a “intense operazioni di terra”. Il ministro ha inoltre affermato che il governo israeliano “amplierà l’autorità data ai negoziatori sugli ostaggi”, che sono ancora detenuti nella Striscia di Gaza dal movimento islamista Hamas. Nello stesso tempo, Gallant ha sottolineato l’importanza di smantellare i battaglioni del gruppo palestinese rimasti nella zona centrale e meridionale di Gaza”. Recentemente, Israele ha annunciato di voler procedere a un’operazione di terra sulla città di Rafah, nell’estremo sud della Striscia, dove 1,5 milioni di palestinesi si sono ammassati negli scorsi mesi per sfuggire ai bombardamenti. Secondo il quotidiano “Haaretz”, la visita di Mc Gurk si inserisce nel contesto di una costante pressione degli Stati Uniti per scon- giurare un’invasione della città, che potrebbe causare un altissimo numero di vittime civili. Intanto, secondo l’ultimo bollettino diffuso dal ministero della Salute di Gaza, è salito a 29.410 morti e 69.465 feriti il bilancio delle vittime delle operazioni militari delle forze di Israele.

Queste cifre, tuttavia, non possono essere verificate e non viene fatta distinzione tra civili e combattenti. Il perdurare del conflitto fra Israele e Hamas fa da sfondo alla tensione nel Mar Rosso, dove i ribelli sciiti yemeniti filo-iraniani Houthi hanno colpito un mercantile. Oggi gli Houthi hanno fatto sapere che impediranno alle navi israeliane, statunitensi e britanniche di attraversare il Mar Rosso, il Golfo di Aden e il Mar Arabico e che utilizzeranno anche “armi sottomarine” per attaccare le navi in transito nel Mar Rosso e nel Mar Arabico. Resta, infine, alta la tensione tra il movimento sciita libanese Hezbollah e le Idf. Almeno tre persone sono morte in un attacco aereo lanciato da Israele nel sud del Libano: un drone israeliano ha colpito un edifico a Kfar Rumman, nel distretto meridionale di Nabatiye che si trova a circa 60 chilometri da Beirut, e secondo le informazioni preliminari il bilancio delle vittime potrebbe aggravarsi ulteriormente. In un attacco analogo compiuto giovedì dalle Forze israeliane a Majdal Zoun, nel distretto di Tiro, nel sud del Libano, erano state uccise una donna e una bambina. Come riferisce il quotidiano libanese “L’Orient Le Jour”, il movimento sciita filo-iraniano libanese Hezbollah, nell’ambito delle ostilità contro Israele, ha rivendicato un attacco lanciato contro un edificio “che fungeva da rifugio per i militari” nella zona israeliana di Menara, situata al confine tra lo Stato ebraico e il Libano. L’attacco, ha fatto sapere Hezbollah, è stato una “risposta agli attacchi sionisti contro case e villaggi”. Dall’8 ottobre scorso, quando sono iniziate le tensioni tra Hezbollah e le Idf, sono stati uccisi 207 miliziani filo-iraniani