Tripoli e Bengasi litigano sul megabilancio da 35 miliardi

Pubblicato da – Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia – 12/07/2024

Ennesimo, brusco avvitamento della crisi politica in Libia, l’ex Jamahiriya di Muammar Gheddafi divisa tra due amministrazioni rivali. Da una parte il Governo di unità nazionale (Gun) con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, appoggiato soprattutto dalla Turchia e giunto al potere tramite un dialogo libico patrocinato dall’Onu. Dall’altra il Governo di stabilità nazionale (Gsn) del premier designato dal Parlamento dell’est, Osama Hammad, di fatto un governo parallelo con sede a Bengasi manovrato dal generale Khalifa Haftar, signore della guerra con forti legami con la Russia.

L’altro ieri, il portavoce della Camera dei rappresentanti, Abdullah Bliheg, ha annunciato l’approvazione “all’unanimità” di un mega bilancio di 179 miliardi di dinari, pari a oltre 35 miliardi di euro, per l’intero 2024. Il governo Hammad ha accolto con favore l’approvazione del “bilancio unificato per l’intero territorio libico”. Il presidente dell’Alto consiglio di Stato della Libia con sede a Tripoli, Mohamed Takala, ha invece respinto il progetto di legge che sembrava precludere all’unificazione delle amministrazioni rivali parallele dell’est e dell’ovest del Paese.

In una lettera indirizzata al presidente del Parlamento Aguila Saleh, il capo del “Senato” libico con sede a Tripoli ha accusato la Camera dei rappresentanti di essersi “spinta troppo in là con le sue trasgressioni e di aver scelto di agire da sola”, circostanza che “porterà a ulteriori divisioni” nel Paese nordafricano. “Chiediamo di contestare le leggi emanate dal Parlamento davanti alla magistratura competente”, ha denunciato Takala. Il sito web d’informazione libico “Al Wasat” riferisce che il budget è stato aumentato di circa 98 miliardi di dinari (18,6 miliardi di euro) nell’intento di coprire la spesa pubblica, nei restanti mesi dell’anno, dei due governi che si contendono il potere. Invece di semplificare la crisi, però, lo “strappo” del Parlamento sembrerebbe aver complicato ulteriormente una situazione già molto complessa.

Le ingenti quantità di denaro che la Libia ottiene dalla vendita degli idrocarburi (petrolio, gas, condensati) finiscono nei conti della Libya Foreign Bank, posseduta al 100 per cento dalla Banca centrale. Questi fondi vengono poi spesi attraverso quattro capitoli di bilancio – stipendi, sovvenzioni, spese operative e progetti di sviluppo – che teoricamente dovrebbero includere tutte le regioni del Paese. Ma la Camera dei rappresentanti che si riunisce a Bengasi non ha mai approvato il bilancio per il governo con sede a Tripoli. Per ovviare a questo dilemma è in vigore un esercizio provvisorio mensile, che consente, cioè, di spendere ogni mese fino a un dodicesimo di quanto previsto nel bilancio dell’anno precedente. Alcuni membri del comitato misto incaricato di redigere il bilancio unificato hanno preso le distanze dall’annuncio di Bliheg, spiegando che la proposta presentata violerebbe gli accordi pregressi.

A questo si aggiunge il monito di Mohamed al Menfi, capo del Consiglio presidenziale della Libia, l’organismo tripartito che svolge le funzioni di presidente della Repubblica e di comandante supremo delle Forze armate. Quest’ultimo ha elencato tre requisiti costituzionali per l’approvazione della legge di bilancio generale: primo, la presentazione di un progetto di legge da parte dell’autorità esecutiva; secondo, una consultazione vincolante con l’Alto consiglio di Stato, organo consultivo con sede a Tripoli che svolge le funzioni di “Senato”; terzo, l’approvazione di almeno 120 membri della Camera dei rappresentanti.

Menfi ha sottolineato l’importanza del consenso per determinare le priorità di spesa pubblica e ha richiesto un maggiore dialogo tra i principali soggetti istituzionali libici. Fonti di Agenzia Nova riferiscono di un recente incontro in Tunisia incentrato proprio sul tema del bilancio unificato tra le principali parti interessate: il governatore della Banca centrale della Libia, Al Saddiq al Kabir; il presidente della National Oil Corporation (Noc), Farhat Bengdara; il presidente dell’Audit Bureau della Libia, Khaled Shakshak; e membri del comitato congiunto per il bilancio della Camera dei rappresentanti e dell’Alto consiglio di Stato. Erano presenti anche funzionari statunitensi e l’inviata Onu “ad interim” in Libia, Stephanie Khoury.

La riunione, riferiscono le fonti, è però fallita. La principale questione che ha determinato la rottura è stata l’assegnazione dei fondi per il capitolo 3 del bilancio, che copre la spesa per lo sviluppo. Gli stanziamenti per altri capitoli del bilancio, come gli stipendi (capitolo 1), le spese operative (capitolo 2) e i sussidi (capitolo 4), non sono stati oggetto di controversie, perché sono gestiti dalla Banca centrale e da altre istituzioni considerate “neutrali”. Il Gun di Tripoli vorrebbe che gli stanziamenti per il capitolo sullo sviluppo provengano dal suo ministero delle Finanze, basandosi sulle raccomandazioni del suo ministero della Pianificazione, sostenendo di essere l’unico governo legittimo riconosciuto a livello internazionale. Tuttavia, le autorità orientali ritengono che il bilancio dovrebbe essere suddiviso tra i due governi fino alla creazione di un governo unificato.